Risposta di Berlinguer all'attacco di Fanfani
Risposta di Berlinguer all'attacco di Fanfani Polemica elettorale tra de e pei Risposta di Berlinguer all'attacco di Fanfani Andreotti sulle trame nere: "Se tutti avessero compiuto il loro dovere ai tempi del tentato golpe di Borghese, ci sarebbero stati risparmiati alcuni tra i più gravi episodi successivi" Roma, 28 maggio. Quasi tutte le campagne elettorali riserbano qualche sorpresa. Così, se Fanfani ha attaccato con intransigenza talora sorprendente il pei nella recente intervista a Time, Berlinguer gli ribatte con un editoriale che l'Unità pubblicherà domani e che è rivolto a presentare un pei tornavo» in un contesto internazionale «nuovo» non solo agli italiani, ma soprattutto agli americani, ai quali s'era rivolto il segretario della de. Berlinguer premette di voler rispondere richiamandosi « alla realtà oggettiva, con l'argomentazione pacata alle deformazioni di comodo, ai toni da crociata, all'allarmismo apocalittico di cui sembra divenuto preda l'attuale segretario politico del partito democristiano ». La sua intervista, dice, non è un « colpo basso » inferto al pei, « ma alla dignità nazionale dell'Italia e all'esperienza e intelligenza degli italiani». Secondo il leader comunista, l'anticomunismo di Fanfani è controproducente «perché la maggioranza dei nostri connazionali sa chi siamo noi comunisti e che cosa è, nel nostro paese, il pei ». A giudizio di Berlinguer, però, «la maniera del senatore Fanfani di presentare il pei è un atto sbagliato e risibile anche per l'opinione pubblica internazionale e, crediamo, per gli stessi lettori americani », perché Fanfani « fa una serie di affermazioni che ignorano quanto di nuovo, nei rapporti fra Usa ed Europa occidentale, è accaduto e sta accadendo da cinque anni in qua ». Per il segretario comunista, l'Europa, pur in crisi, sta cercando un rapporto nuovo con gli Stati Uniti, mentre « Fanfani vuol rimettere in piedi una realtà che è crollata ». Per dimostrare che il pei ha una « opposizione combattiva, ma rigorosa e costruttiva, tanto sui problemi di politica interna quanto su quelli internazionali », Berlinguer colloca l'atteggiamento internazionale del pei, anche verso gli Stati Uniti, nel contesto della distensione e della necessità che « il dialogo sovietico-americano possa continuare ad allargarsi », essendo « una delle leve fondamentali di uno sviluppo pacifico mondiale», al quale ogni Paese contribuisca in modo «libero e autonomo» (invito che deve interpretarsi diretto anche alla sfera di dominio dell'Urss?). In sintesi, essendo « sepolta la guerra fredda », l'Italia e l'Europa devono agire per un nuovo quadro, secondo Berlinguer, « nell'amicizia e nella cooperazione tanto verso gli Stati Uniti quanto verso l'Unione Sovietica ». sicché « cessino da ogni atteggiamento subalterno e insieme parassitario ». Il segretario del pei domanda se « la nazione e il popolo americano » non abbiano maggior interesse ad avere un'Europa occidentale e un'Italia solide economicamente e politicamente, anziché rimanere « un'area e un Paese economicamente e industrialmente in continua crisi, elemosinanti aiuti di ogni genere, politicamente instabili». Una risposta indiretta a Berlinguer è venuta da Andreotti il quale, dopo aver esortato a non inasprire i rapporti nel centro-sinistra, conferma al pei che « non è tempo di compromessi, ma di resistenza », sostenendo che « il pei sta convergendo al centro per tattica, non potendo riuscire a Berlinguer ciò in cui ha fallito Dubcek». «L'ombra di Stalin — ha detto Andreotti — pesa anche su una ipotesi dì comunismo italiano al potere ». Interessante un accenno alle trame nere fatto da Andreotti sulla base di « fatti e indizi gravi » da lui conosciuti quando era ministro della Difesa: se ai tempi del tentato golpe di Borghese « velleitario quanto si vuole, ma esistente, tutti avessero fatto il proprio dovere — ha specificato — forse avremmo potuto risparmiare all'Italia almeno alcuni tra i più gravi episodi successivi ». Resta il quesito: chi non fece il proprio dovere? Lamberto Fumo
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