Riusciremo a pagare i debiti con l'estero

Riusciremo a pagare i debiti con l'estero In base ad uno studio (inedito) dell'Ispe Riusciremo a pagare i debiti con l'estero Il pagamento riguarda ta della domanda non gli interessi sui novemila miliardi - La cadusarà compensata da un aumento dell'export Roma, 27 maggio. E' possibile che quest'anno i rapporti economici tra Italia e resto del mondo si chiudano con un attivo sufficiente a pagare l'interesse sui circa 9 mila miliardi di lire che abbiamo preso a prestito dall'estero nel lungo periodo durante il quale ogni mese avevamo un conto negativo col resto del mondo. Il risultato di sostanziale pareggio con l'estero verrà raggiunto per una serie di modiflflche diametrali dei nostri conti interni. Si tratta di indicazioni che ricaviamo dallo « Studio sul- le prospettive di breve periodo della economia italiana » che la scorsa settimana è stato presentato al comitato tecnico-scientifico della programmazione dal prof. Manin Carabba, direttore dell'Ispe (l'Istituto di studi della programmazione). Lo studio è ancora inedito. Per ottenere questi risultati l'Ispe ha utilizzato un modello di misurazione dei fenomeni economici preparato dalla facoltà d'Economia d'Ancona. Il suo scopo non è tanto d'ottenere esatte previsioni, quanto di suggerire un andamento che consenta al governo degli interventi. Si avverte, del resto, che il modello è ricavato sulla base dei comportamenti fissi degli ultimi 20 anni. Le stime Anali sono aggettivate come « ottimistica » e « pessimistica », nel senso che la prima raggruppa i migliori livelli ottenuti e la seconda i peggiori. Il prodotto interno lordo dell'anno potrà risultare (tasse indirette escluse) o cresciuto in termini reali dello 0,5 per cento sull'? o scorso o diminuito dell'I ,2. r'issa è considerata la crescita del prodotto agricolo (+2) e anche quella dell'edilizia (+3). Variabile (da —0,5 a —2,1) la diminuzione del prodotto industriale. Per il prodotto degli altri settori si può avere o un aumento dell'I,1 o una diminuzione dell'1,6. L'andamento del prodotto interno è conseguenza del fatto che « per la prima volta dal dopoguerra » la caduta della domanda interna non sarà compensata da un aumento delle esportazioni. Anche il livello dei consumi privati subirà « per la prima volta una diminuzione »: dello 0,2 o del 2,5. Cadranno anche gli investimenti, ma questi non più che durante l'altra grave crisi, quella del '64-'65. Questa caduta andrà, sempre in termini reali, dal 6 all'8 per cento, cosi divisa: —15 o —20 gli investimenti industriali, —i o —7 quelli in costruzioni, un po' d'espansione nell'investimento agricolo e un poco di più negli altri settori. La caduta della domanda interna avrà un effetto più accentuato sulle importazioni: —10 per cento in termini reali, dopo essere già cadute d'un punto lo scorso anno. Al momento sono del 20 per cento sotto alla media '74. Addirittura del 26 per cento (aveva dunque ragione tre mesi fa il sindacalista Camiti) crescerà il costo orario del lavoro per l'industria manifatturiera, ma per la caduta delle ore lavorate e del livello generale d'occupazione sarà assai meno accentuato l'aumento della massa salariale: per il costo del lavoro si tratta di crescite monetarle. In conseguenza il costo del lavoro per unità di prodotto crescerà d'un po' più del 20 per cento. L'occupazione nell'industria subirà una diminuzione tra l'l,2 e l'I,9 per cento (dato l'aumento della popolazione in età da lavoro, la disoccupazione crescerà quindi fortemente). I meccanismi di « salario garantito » e di « salvaguardia del posto di lavoro » potranno produrre una diminuzione di occupati ancora superiore alla percentuale indicata. La spiegazione della indicazione dell'Ispe sta nel fatto che, terminato l'anno di salarlo garantito, potranno esservi licenziamenti che, in altri Paesi, si sarebbero fatti al momento iniziale del ricorso alla cassa integrazione. La fase recessiva, cioè, avrebbe durata superiore all'anno di salario garantito. Il costo della vita segnerebbe un aumento « non inferiore al 18 per cento », ma per due terzi l'aumento cade in questa parte già trascorsa dell'anno. Infine la distribuzione del reddito farà ancora aumentare la quota attribuita a! lavoro dipendente (sicché si andrebbe a sfiorare il livello percentuale europeo: conquista alla quale non ne corrispondono altre sul lato dell'accumulo di capitali e del buon utilizzo del redditi da lavoro nel settore amministrativo e sociale). Per concludere, quindi, è verosimile ritenere che i profitti lordi delle imprese subiscano una caduta in termini reali, Per quanto concerne 11 rapporto con l'estero si osserva che notevoli furono le scorte petrolifere effettuate lo scorso anno e vi sarà quindi calo di queste importazioni mentre cedono molti prezzi di materie prime. La stima dell'Ispe è che gli scambi reali con l'estero (cosiddette partite correnti: merci, noli, turismo e simili) si chiudano con un deficit tra 1500 e 2000 miliardi, mentre la Banca d'Italia stima il deficit a mille miliardi (ma veniamo informati che anche la Banca ha una Ipotesi « pessimistica » più elevata). Il movimento autonomo dei capitali sarebbe attivo tra mille e duemila miliardi. Le due voci dovrebbero quindi, al peggio, dare un deficit di mille miliardi, al meglio un attivo di mille e il pareggio nel caso intermedio. Nel caso migliore vi è di che pagare il tasso sui vecchi prestiti. g. mazz.

Persone citate: Manin Carabba

Luoghi citati: Ancona, Italia, Roma