Forse gli accoltellatori urlavano "Siamo fascisti,, di Francesco Fornari

Forse gli accoltellatori urlavano "Siamo fascisti,, Il selvaggio "delitto politico a caso,, Forse gli accoltellatori urlavano "Siamo fascisti,, Unica testimone è la fidanzata del giovane, che non si ricorda più bene - Nulla di nuovo nelle indagini (Dal nostro inviato speciale) Milano, 27 maggio. In via Mascagni, nel punto in cui domenica sera lo studente lavoratore Alberto Brasili è stato assassinato da un «commando» omicida, si ammucchiano i mazzi di fiori. Sul marciapiede sono ancora visibili i segni fatti col gesso dagli esperti della scientifica: qui è stramazzato il giovane agonizzante, là è caduta la fidanzata, trafitta anche lei da due coltellate. I passanti rallentano davanti al luogo del delitto, qualcuno si ferma a guardare. Dolore, paura, rabbia: l'atmosfera è carica di tensione, il suono di una sirena che passa lontano (un'ambulanza, una volante, i vigili del fuoco), fa trasalire la gente. Ci si guarda con sospetto: un gesto male interpretato, una parola fuori posto possono scatenare l'ira sorda che cova negli animi, innescare la miccia della paura e dell'odio. Le indagini sono ad un punto morto. In questura, al comando dei carabinieri si riceve sempre la stessa risposta: «Nulla di nuovo, stiamo lavorando, non lasciamo niente d'intentato». Lucia Corna, la fidanzata dello studente ucciso, è tornata a casa stamane. Le ferite provocate dalle due pugnalate che l'hanno trafitta al petto non destano preoccupazioni. Nuovamente interrogata dal magistrato, ha rievocato i drammatici attimi dell'aggressione. Ha aggiunto un particolare o, meglio, ha corretto una dichiarazione rilasciata nei primi momenti do¬ po la tragedia: adesso non è più molto sicura di avere sentito gridare dagli assassini «sporcho fascisti» mentre pugnalavano Alberto. La parola «fascisti» l'ha intesa chiaramente, più volte; ma il resto non l'ha capito. Potrebbero aver detto qualunque cosa: «Siamo fascisti», «All'armi Siam fascisti», forse anche «Sporchi fascisti», ma non è in grado di confermarlo. L'ha ripetuto anche ai giornalisti «Sono sbucati alle nostre spalle: si sono precipitati addosso ad Alberto, hanno incominciato a picchiarlo. Urlavano come ossessi, ho sentito più volte la parola fascisti». Il fidanzato è crollato a terra quasi subito, ma Lucia si è accorta che era ferito soltanto quando ha visto uno degli aggressori avventarsi contro di lei impugnando un coltellaccio. «In quel momento ho capito che Alberto doveva essere ferito. Il mio aggressore era giovane, molto bruno. Ha vibrato un colpo, ho sentito una fitta al petto, mi è mancato il respiro. Credo di essere caduta, non ricordo. Subito dopo è arrivato un poliziotto, mi ha aiutato a mettermi seduta». L'emozione prende il sopravvento, le lacrime sgorgano copiose. «Perché è accaduto questo?». Perché? La domanda di Lucia Corna è la stessa che si pone tutta l'opinione pubblica. Questo delitto, barbaro e crudele, non ha un movente valido. Alberto Brasili è la vittima casuale di un teppismo politico che non arretra di fronte a nulla pur di rag¬ giungere lo scopo prefisso: seminare il panico, alimentare quel clima di tensione che risale al '69, con la strage di piazza Fontana, ed è passato attraverso tappe sanguinose: la strage davanti alla questura di Milano, quella di piazza della Loggia a Brescia, l'attentato al treno Italicus, le bombe di Savona, .gli altri attentati (alcuni sventati, altri non riusciti per mero caso) ai treni, nei locali pubblici, alle sedi dei partiti. Alberto Brasili è una nuova tessera che si aggiunge a quel mosaico di violenza e di sangue che sta per completarsi: la volontà omicida che l'ha creato perfeziona la sua opera infernale. Adesso le vittime vengono scelte per strada, chiunque può cadere sotto i suoi colpi. Il terrore raggiunge l'apice, la strategia della tensione miete nuove vittime innocenti. La libertà rischia di consumarsi in un bagno di sangue. Francesco Fornari

Persone citate: Alberto Brasili, Lucia Corna

Luoghi citati: Brescia, Milano, Savona