E New York divora se stessa di Vittorio Zucconi

E New York divora se stessa La prima metropoli d'America vittima della sua grandezza E New York divora se stessa Il Comune ha debiti per 14 miliardi di dollari (novemila miliardi di lire) - Se a luglio non pagherà almeno 1 miliardo e mezzo di interessi le banche bloccheranno i crediti - Rifiuto di Ford per un intervento del Tesoro - Il ricambio della popolazione crea due "ghetti" (per i molto ricchi e per i molto poveri) (Dal nostro corrispondente; Washington, 24 maggio. Ha resistito all'inquinamento c all'immigrazione, alla criminalità e all'urlo razziale, nutrendosene — anzi — e crescendone, come un animale mostruoso. Oggi New York — paradigma di tutte le metro poli — è di fronte ad un altro nemico, c questo è il solo clic potrebbe ucciderla: i debiti. The Big Apple, la grande mela, come il resto dell'America chiama, fra odio e amore, questa città, è corrosa da un disavanzo pubblico che non ha precedenti nella sua storia e ha spinto il sindaco Bearne ad umiliarsi fino a chiedere aiuto a Ford. «Non è vero dunque che i sindaci di New York escono dalla loro residenza solo per finire qualche volta in carcere» ha scritto la Washington Post. Ma Ford, repubblicano, ha risposto a Bearne, democratico un cortese e gelido «no». L'essere la più grande città d'America non autorizza New York a sfuggire alla legge vigente dell'austerità. Anche The Big Apple deve tirare la cinghia. Il problema è — di fronte all'ampiezza delle cifre in questione — che la cinghia potrebbe stringersi al punto di divenire un cappio. Per arrivare alla fine dell'anno fiscale 1975 (luglio prossimo) il sindaco deve trovare 1 miliardo e mezzo di dollari, circa mille miliardi di lire, soltanto per pagare gli interessi sui debiti contratti, che ammontano a 14 miliardi di dollari, circa nove mila miliardi di lire. Le banche hanno chiuso il credito, se il sindaco non pagherà almeno gli interessi sui vecchi debiti e la Casa Bianca, ipocritamente agitando l'argomento delle autonomie locali che pure ignora in molte altre istanze, ha rifiutato categoricamente finora di far intervenire il tesoro di stato in soccorso di New York: già il ministro del Tesoro deve provvedere a finanziare i 90 miliardi di disavanzo nazionale (60.000 miliardi di lire) previsti nel '76. Al sindaco non rimangono che due possibili scelte: ridurre drasticamente il livello dell'impiego e dei servizi pubblici, aumentare ancora una pressione fiscale diretta e indiretta che già è la più pesante di tutta l'America. Ma entrambe le strade possono portare, dopo un sollievo a breve termine, alla rovina della città. Negli ultimi 5 anni, due milioni di nuovayorkesi «classe media» sono fuggiti dalla città, dal crimine e dall'inuqinamcnto, dalle tasse e dalla meravigliosa disumanità della «metropols» verso i sobborghi, sottraendo dunque denaro al fisco cittadino. Al loro posto, due milioni di sottoproletari, negri, latino americani, asiatici sono giunti, senza portare alcun contributo alle casse di New York, al contrario attingendo ai programmi assistenziali. Dunque se le lasse crescono per aumentare le entrate erariali, di fatlo costringono altri contribuenti a fuggire e diminuiscono il gettilo. Se si licenziano impiegali pubblici si riducono le spese immediate, ma si ingrossano le file dei bisognosi, dunque in ultima analisi si incrementano le uscite. Il cerchio è chiuso. Ma non si dimentichi, prima di trarre paragoni «confortanti», fra la crisi di New York e il dissesto delle amministrazioni locali italiane, che The Big Apple è, fra tulle le città americane, quella che più generosamente si prende cura dei suoi abitanti indigenti. La ciltà ha il più alto numero di ospedali pubblici (19) selle università che offrono istruzione gratuita, servizi di trasporto efficcnti a tariffe «politiche» dunque sottocosto. Sui circa 8 milioni di persone che costituiscono l'intera popolazione di New York City, un milione c 250 mila vivono esclusiva- mcnlc di assistenza pubblica . p(Welfare) e il totale aumenterà il prossimo anno, di altre s250.000 persone. j cDunque la città si piega non i esollanto sono il peso eli un'atti- j ministrazionc spesso balcanica,. se non apertamente corrotta, ma j sopattutto peir l'oppressione in- [ sopportabile di una struttura so- ; cio-economica assurda Non clis- simile dal dramma delle altre metropoli americane, ma ampi- ficaia qui a dismisura. Da sola New York ha più abitanti di 8 \stali insieme (North Dakota- South Dakota. Nebraska, Mon-|lana, Wyoming. Colorado, Idaho e Utah), gli impiegati conni nali sono 590.000. più dell'intera popolazione dello stato del Wyoming. In un chilometro quadrato vive una media di 20.000 persone, vere cittadine in scatola e la popolazione ha un lasso di incremento dell 1,5 per cento l'anno, nella rotazióne fra i nuovi arrivati (immigrati poveri) e i fuggiaschi delle classi medie. Di fronte a questa detonante reallà demografica, sia una situazione economica che non è esageralo definire tragica. Tra il big business, le grandi imprese e banche arroccale nei loro grattacieli, e la massa umana che vive di assistenza o di espedienti, il lessino delle attività produttive di medio calibro, la piccola imprenditoria, del commmei'cio si va strappando, negli ultimi cinque anni, la città ha perduto 420.000 posti di lavoro e il numero complessivo degli occupali è oggi inferiore a quello del 1950, mentre nel resto del paese è cresciuto dell'ottanta per cento. Nel solo mese di maggio il totale dei senza lavoro è salilo di 40.000 unità e la percentuale complessiva è dell'I 1.5 per celilo, ben più alla quindi della media nazionale (8,9 per cenlo). Si dice che tra pochi anni vivranno a New York soltanto mollo poveri o i mollo ricchi, se- ! parati da un esortilo di polìziol- i li c di burocrati, la cui incilicenza il New York Times definisce «neppure italiana, ma laotiana». La previsione è estrema, perché la città è tutta ili estremi, ma non fantascientifica, poiché questa è da anni la tendenza visibile nei eentri urbani che non sono bloccali in torno a precise | attivila economiche. Washington, la capitale, cono-1 set lo stesso fenomeno, il centro lascialo alle genie di colore più povera e ai grandi burocrati bianchi, nei pochi quartieri difesi da prezzi elevatissimi. La classe media, bianca e nera, si espande verso la periferia, anche se la crisi dell'energia e l'au- ì mento del prezzo della benzina i stanno rallentando l'esodo, problema dunque non è. Ncw York jn ^ ma |a crjsi en_ j dcmicil de„ acjUa .llllcrialna, scoppi;lta pcr prima :, Now York perché w/„e/ro„0//s» è la vctrina tli ,UUe ]e gran(iczze e |e i mìserìe< lc spcl-anzc c |c con. traddizioni del paese. E' ben! chiaro in|-.ll(i dlo 5cppu|. ., sjl> | daco Bearne (un israelita eletto nel 74 sconfiggendo un ilalo- , americano) trovasse miracolosa- niente il miliardo e mezzo per calmare le banche e i 14 miliar-1 di per cancellare unii i debili, i problemi di l'ondo che hanno generalo «l'infarto fiscale» di New York rimarrebbero intani, i Esistono soluzioni a breve ter-1 mine? Il New York Times, che si è fallo alfiere della polemica contro l'insensibilità del governo, ha diffusamente spiegalo «perché» la città va salvata, non «come». Da Washington si indica in una aspra riduzione delle spese il primo provvedimento, ma davvero il rimedio sembra peggiore del male, visto che i danari risparmiati come stipendi finirebbero nelle tasche degli slessi licenziati sollo forma di ussidi Nessuno finora ha proposto io d'uscita al vicolo cieco che ombra condurre al naufragio della più grande città america- na. Forse la soluzione non esisle _• New York è condannata, co- me i mosiri preistorici, ad est in- irnersi sotio il suo stesso peso Torse golo. scinlil so iniziative ecònomich imprevedibili, «questo a soluzione è dietro l'an: non la vediamo, una :i che trasformi, altiaverancora lucravi- glioso disastro urbano» (come diceva Le Corbusier) in un organismo economicamente vitale. Certo New York non conoscerà forse mai più lo splenodrc : dei giorni delle grandi immigra-1 /.ioni: la ciltà e cresciuta con i crescere tumultuoso della nazione, finita la giovinezza d'America è finita anche la sua giovinezza. Se oggi il governo rifiuta di tenderle una mano non è solo per punirla della sua arroganza di «città stalo», che pure è stata ghinde: lo scontro fra New York e Washington ha in seme 11110 dei fenomeni più appassio «ànti e ignorati dell'America d'oggi: la spinta ad un crescente interventismo della mano pub Dj'ca ne"? VÌ'a nazionale, la re ISS^fuZt^S^lS^^ iIradizionali che vi leggono, non a torto, l'ombra di un «sistema» ben lontano dal capitalismo dei padri fondatori. Vittorio Zucconi

Persone citate: Le Corbusier