Seconda età del rotocalco di Stefano Reggiani

 Seconda età del rotocalco I PERSONAGGI DELLA POLITICA AL POSTO DELLE DIVE Seconda età del rotocalco li mutamento della società civile e la crisi economica hanno costruito un nuovo tipo di lettore e di settimanale - Quanto contano i fatti e quanto invece le opinioni? - « Siamo un surrogato del secondo potere, del Parlamento che non controlla » (Dal nostro inviato speciale) Milano, maggio. Il direttore di Oggi sintetizza: « Prima c'era Mina col suo moroso, adesso Ce fis con Giretti. La politica e l'oconomia hanno preso il posto dei romanzi sentimentali, ma il meccanismo dei settimanali è lo stesso. C'è solo un pericolo in più: che si nasconda il pettegolezzo anche dietro i grandi problemi ». La seconda età dei rotocalchi, iniziatasi con il rinnovamento delle formule e la conversione al piccolo formalo, non ha ancora spartito chiaramente i ruoli e lascia spazio a conflitti di generazione, a dubbi di natura deontologica. I periodici illustrati, secondo Vittorio Buttafava (prima di Oggi, direttore di Annabella e Novella) hanno sempre risposto, in maniera dire'.'a e provocante, alle inclinazioni del pubblico. « Quando si sposò Elisabetta di Inghilterra, nel 1947, Oggi tirava settantamila copie. Il numero che pubblicò il servizio fotografico su quelle principesche I nozze ebbe una diffusione di un milione di copie. La settimana successiva la rivista tornò aliti tiratura normale. Che voleva dire? Non era una indicazione precisa da parte dei lettori? ». Il boom delle regine, l'esplosione dei divi, l'alta congiuntura matrimoniale di principesse e cantanti, incominciarono allora e caratte- ci per cento dello spazio. rizzarono la prima età dei rotocalchi fino al centro degli Anni Sessanta: un periodo convulso, e felice per le tiratwe, in cui imparzialmente riviste « popolari » e d'opinione si disputarono le memorie dei Gotha e le confidenze della mondanità internazionale. I matrimoni fra piccole e grandi celebrità allenivano in esclusiva, i bambini nascevano col copyright, i divorzi si delibavano in favore delle testate maggiori. Le regine Ribadisce Buttafava: « Il periodo delle regine non l'abbiamo inventato noi. Quando cambia il gusto e si affacciano nuovi problemi, anche il rotocalco popolare si adegua, si arricchisce ». Oggi tira ottocentomila copie, sei unni fa superava abbondantemente il milione. « Per noi la formula di base non deve cambiare — dice il direttore. — Varia solo il dosaggio dei singoli componenti. Adesso principi e cantanti occupano appena il die- Una indagine sui nostri lettori ha rivelato che le preferenze vanno ai servizi sui grandi problemi del mondo visti dal di dentro: la siccità in Africa, la guerra nel Vietnam ». Oggi non trascura neppure z problemi di casa: alcune testimonianze sull'aborto si sono segnalate per tempestività e sincerità. '< E' vero — riflette But¬ tafava. — La gente è più matura di quanto si creda ». C'è stato un punto in cui è comincialo il riconoscimento della nuova età senza regine? Gaetano Tumiati dice: « Dopo il '68, dopo la rottura del principio di autorità. Neppure a guerra finita ci fu una rivoluzione tanto profenda nel costume ». Tumiati è caporedattore di Fanorama ed ha diretto un tempo L'illustrazione italiana, gloriosa anticipatrice dei rotocalchi. La tiratuia d' Panorama è passata dalle 170 mila copie del 1970 alle oltre 350 mila attuali. Nella crescita della rivista, sotto la direzione di Lamberto Sechi, c'è in parte la storia recente della crisi di trasformazione dei settimanali. Osserva Tumiati: « In una prima fase credo che il sue- cesso sia da cercare nella formula. Cioè nella chiarez- za, nella concisione, nel tentativo di offrire le notizie in modo diretto e semplice. La tradizione accademica del giornalismo italiano, e milanese in particolare, è durata fino al Corriere di Spadolini. Poi, appunto, qualcosa s'è rotto ». Intorno a Panorama s'e avviato dapprima un modo discorsivo e curioso di fare il settimanale, che ha ascendenze americane (Newsweek) e /raccesi, ma che era stato a lungo respinto dal gusto italiano (con la sola e poco nota eccezione di una rivista spel cializzata, Tempo medico) Dopo, s'è formato anche un piccolo mito aziendale stimolalo da Sechi, dietro un motto sorprendente, perché poco latino: « I fatti separati dalle opinioni. ». Si trattavo di rendere il lavoro meno personale, dando nlievo ai fatti contro la prepotenza o i tic del narratore. Adesso i redattori sono quaranta, di cui dieci donie, in maggioranza gio- \ vani. Ricorda Tumiati: « Com'era diverso il mio modo di lavorare. Quando facevo rinviato passavo tra inenarrabili tormenti per cercare l'attacco di un articolo, per dare carne alle notizie. Questi ragazzi invece possono cominciare da un punto qualunque ed hanno a disposizione degli schemi severamente limitati. Il loro impegno è di raccogliere il più gran numerc di notizie. Per ! n resit?- se. occorre, ci sono i 1 "scrittori ». h o i a i i o o n a e a a . a è d a io en, sui a a ee. oel e. L'aneddotica della rivista è comprensibilmente larga e ripaga con lo spirito di testata V«impersonalità» dei compiti. Si registrano esempi dì promozione sul campo. Una collaboratrice venne assunta subito in redazione dopo una prova di zelo professionale: incaricata di una nota informativa su un manifesto ormai scomparso dai muri milanesi, riuscì a scovarne una copia alla nettezza urbana, cercando impavidamente fra i rifiuti. Oltre il grande pregio della chiarezza e l'assenza programmatica del birignao professionale c'è un interrogativo: la rivista si vende di più per i fatti o per le opinioni? E' una domanda che tocca in maniera diretta la seconda età del rotocalco e i suoi successi. «Per noi vale sempre il principio di riportare tutte le opinioni, ma è evidente che abbiamo compiuto una scelta politica. Tra le varie posizioni mettiamo in rilievo e appoggiamo quelle laiche, anticonformiste. Tra una politica moderata e una di sinistra, stiamo visibilmente per la seconda ». Non è una scelta definitiva. Una parte della redazione (« Non siamo tutti marxisti ») pensa che occorra recuperare una più rigorosa imparzialità per trattenere anche i lettori di centro. L'ambizione culturale di Panorama sembra legata ad una sinistra di tipo americano, liberal. Non gli spiacerebbe provocare in Italia un caso Watergate, se in Italia Watergate fosse concepibile. Del resto, quando il confronto politico si radicalizza e la crisi economica preme, l'imparzialità diventa un mito da interpretare con realismo; il « taglio » ideologico anche nei rotocalchi diventa un carattere insopprimibile, un bene da imporre sul mercato. Le belle foto Si capiscono, in questa prospettiva, i problemi dei grandi rotocalchi di tradizione laica ('L'Europeo, Epoca) rivolti ad un pubblico indifferenziato ed « equilibrato ». Silvio Bertoldi ha dovuto reinventare Epoca, erede della formula di Life. « Non era più possibile fare una rivista solo da guardare. Accanto alle splendide fotografie occorrevano dei testi, accanto all'illustrazione esotica e scientifica s'imponevano i problemi della attualità ». Rinnovando la formula, Bertoldi ha ringiovanito in larga parte il suo pubblico, anche se l'operazione gli costa settimanalmente i rimbrotti dei più conservatori, i dubbi dei più anziani tra gli abbonati (in tutto, sono ottantamila: un record, considerato il pessimo funzionamento delle Poste). « Io spiego, chiarisco, cerco di convincere, discuto nella rubrica delle lettere. C'è stata una evoluzione culturale che nessuno può ignorare, qualunque sia la sua opinione politica. Siamo nell'Italia del divorzio e non è più lecito prendere il lettore per un minorenne e uno stupido ». Siamo anche nell'Italia del terrorismo e della violenza politica. Se il '68, come dicono a Panorama, ha cambiato il gusto e il rapporto di sudditanza dei lettori, il '69 con la strage di piazza Fontana ha aperto un capitolo di misteri pubblici e di sospetti, di accuse e di scandali che hanno sconvolto anche presso il pubblico più tranquillo l'immagine del Paese. Come chi dicesse: se la realtà è un giallo, vogliamo almeno essere informati punto per punto; non vale più cercare il romanzesco in divi e regine se lo abbiamo nei personaggi della cronaca o dei servizi segreti. Ecco l'interesse per le trame nere, per i corpi separati dello Stato, per l'esercito, per la magistratura, che ben si riflette nella nuova formula dei rotocalchi. Poi la crisi economica completa la galleria, proponendo in primo piano i personaggi dell'industria e della « razza padrona ». E' vero. Cefis vale più di Mina, Girotti più di Brigitte Bardot. L'economia soprattutto ha acquistato rilievo, un peso perfino superiore alle capacità di comprensione del pubblico. Tanta gente legge le sezioni economiche per esorcìzzare il « mistero » e per partecipare allo sdegno comune. Non è necessario capire esattamente quel che ha fatto Sindona, per trova re motivo di inquietudini e di offesa in tutto l'tt affare ». Su questa via si può andare verso l'evasione e il pettegolezzo, come teme Buttafava? Dipende dalla maturità del pubblico e dalla costanza dell'informazione. L'Espresso, dopo il cambiamento di formato, ha raggiunto una diffusione di quattrocentomila copie (prima era dì centosessantamila). Non è dipeso solo dall'aggiornamento della formula, ma dalla congiuntura politica. Dice il direttore, Livio Zanetti: « In un Paese dove il Parlamento non funziona e non svolge i suoi compiti di controllo sul governo, il ruolo di controllori passa ai giornali. Non siamo il quarto potere, siamo solo il surrogato del secondo ». Il motto di Panorama per Zanetti si completa necessariamente così: « La facciata dei fatti ed il retroscena dei fatti ». Anche i rischi Se il legislatore non si muove, è logico che si muova l'opinione pubblica. L'E- spresso ha organizzato la raccolta di firme per un referendum che abolisca il reato d'aborto, accollandosi le incognite e le difficoltà di una diretta azione politica. « L'informazione si prolunga nell'azione —■ dice Zanetti, con un poco di ironica filosofia —. Non lo affermiamo noi, lo ripeteva già Socrate». Come dire che gli intellettuali non possono fare eternamente i testimoni, ma debbono correre i rischi di salire in palcoscenico. L'Espresso per i suoi contenuti radicali era giudicato una volta lettura aristocratica, rotocalco per pochi. Adesso punta al mezzo milione di copie, come del resto Panorama. Se vi aggiungiamo i lettori del Mondo nel nuovo formato (l'editore ha come obbiettivo una diffu- sione di 150 mila copie settimanali) otteniamo un arco di pubblico molto ampio per i soli periodici di punta. C'è un tetto oltre il quale non si va? C'è un limite oltre il quale il settimanale popolare interviene con i suoi sapienti dosaggi? Le discriminazioni e le divisioni nette non sono più possibili. « Il fatto è che ci si specializza — dice Buttafava —. Ogni periodico copre un pubblico diverso». Anche l'opinione, come abbiamo detto, diviene un segnale per il pubblico all'edicola. Diventa stretto lo spazio per gli indecisi e i generici. In realtà la rivoluzione dei rotocalchi non è stata semplicemente un rinnovamento di formule e di linguaggio; ma u la dichiarazione di fede, come sottintende Zanetti. Il vero rapporto tra settimanale e lettore non è fondato solo sui miti, pure indispensabili, della notizia e dell'oggettività, ma sulla reazione contro la « facciata » dei fatti. I lettori giovani cercano un vincolo di complicità e di affezione ideologica con i rotocalchi. Per esempio, le eventuali smentite non tolgono credibilità alZ'Espr. -so tra il suo pubblico: esso vi cerca un atteggiamento e una polemica nei quali la realtà deve essere opportunamente « tendenziosa ». E i lettori di Panorama chiedono e apprezzano un modo irriverente di trattare il potere e le sue collusioni. La nuova formula dei roto- j calchi è divenuta il veicolo adatto a una civile connivenza contro il potere, che assume, volta per volta, nomi e volti diversi. I lettori sembrano disposti a transigere piuttosto sull'assoluta veridicità che sulla carica ideologica, sulla funzione alternativa della stampa d'opinione. E' un momento vivo e contraddittorio, in cui la polemica con i potenti e i prevaricatori, in cui la fame dell'« altra realtà » possono divenire un effettivo strumento democratico, una stabile garanzia oppure condurre a una nuova e più sottile frustrazione. Non dipenderà solo dai rotocalchi, certamente; ma anche dalla loro capacità di restare indipendenti e di sfuggire alle tutele economiche e politiche. Stefano Reggiani

Luoghi citati: Africa, Inghilterra, Italia, Milano, Vietnam