Le Olimpiadi "slittano» dal Canada al Messico?

Le Olimpiadi "slittano» dal Canada al Messico? Per ora è una battuta di Lord Killanin Le Olimpiadi "slittano» dal Canada al Messico? (Dal nostro inviato speciale) Losanna, 20 maggio. C'era una volta Pierre Fred), barone de Coubertin: ginnasta e cavallerizzo, dotato di più che discreta fortuna famigliare, occupava il suo tempo a far propaganda allo sport, riuscì a far rinascere le Olimpiadi, a far nascere un comitato internazionale che nel 1894 cominciò a lavorare per trasformare in una missione civica quello che si considerava un passatempo: in quel comitato De Coubertin era segretario, sua fu la scelta del motto « Citius-fortius-altius » che auspicando di procedere «più velocemente-più forte-più in alto » avrebbe potuto propagandare benissimo pure una fabbrica di dirigibili o aeroplani. Dopo molte vittorie, grandi soddisfazioni, enormi delusioni, il barone mori a Losanna il 3 settembre 1937, quasi dimenticato eppure tanto legato alla sua « creatura » olimpica e alle intonazioni romantiche del proprio personaggio da chiedere nel testamento che il suo cuore fosse portato ad Olimpia e racchiuso in un monumento dedicato ai giochi. Di lui oggi ci si ricorda quando si cita una frase che probabilmente lui non disse mai (« l'importante è partecipare, non vincere »), quando si parla di Olimpiadi e quando si riunisce il Ciò, il comitato olimpico internazionale diventato una specie di Onu dello sport, con dimensioni e problemi che il barone non avrebbe mai potuto immaginare. Il nome di De Coubertin è entrato — logicamente e scontatamele — In tutti i discorsi della cerimonia inaugurale che oggi ha dato inizio alla 760° ses sione del Ciò qui a Losanna: in mattinata un gruppo di delegati si è recato a visitare la tomba del barone, situata in un piccolo cimitero confinante con la sede del Ciò, nel pomeriggio si è avuta l'<« ouverture » dell'assemblea nei maxi-saloni del palazzo Beaulieu con tanto di musiche ed inni. Da stasera a venerdì si terranno i « giochi dialettici » del Ciò sotto la di¬ rezione di Lord Killanin, grande capo dello sport mondiale che con i suoi 61 anni pare al di sotto della media età di questo consesso di sempre vecchi e spesso nobili signori. I membri ufficiali all'ultima conta risultano 78, più 12 membri onorari, in rappresentanza di 64 nazioni: ma le liste sono — come dire? — fluidificanti per via di eventi naturali (scomparse) e no (dimissioni, rimozioni, ridimensionamenti politici connessi alla situazione del proprio Paese). Per esempio c'era re Costantino di Grecia, risultante domiciliato in via di Porta Latina 13 a Roma, ma il sovrano-velista degli elioni ha dato le dimissioni ed è stato «promosso » membro onorario: per esempio non si hanno notizie recenti del generale portoghese Raoul Pereira De Castro che a Lisbona forse ha da sbrigare situazioni più elaborate di quelle sportive. Anche se non c'è più il Costantino, la « classe dominante » è ben rappresentata in questo gruppone di gentiluomini in abito scuro (magari gessato) e cravatta blu (magari leggermente allentata perché oggi a Losanna la temperatura tocca i 30 gradi): dal principe regnante del Liechtenstein si passa al sultano Hamenghu Buwono d'Indonesia, dal gran duca di Lussemburgo al principe Gholam Reza Palliavi fratello dello scià di Persia né mancano gli sceicchi, I « grandi » più «à la page» di questi tempi petroliferi: non a caso uno di loro, lo sceicco libanese Gabriel Uemayel, dovrebbe essere eletto nell'esecutivo del Ciò dopodomani. L'Italia è rappresentata da Giulio Onesti, presidente del Coni, e Giorgio De Stefani: Onesti risultava un potenziale candidato ad uno dei due posti lasciati liberi nell'esecutivo dalla « decadenza » dell'olandese Karnebee e del principe giapponese Takeda. Ma la settimana scorsa a Roma il presidente del Coni ha fatto sapere che la cosa « non gli interessa », in evidente contrasto con la candidatura da lui avanzata in passato. I « favoriti » per l'elezione risultano il già citato Gemayel ed il brasiliano Palilha. Dopo questa giornata inaugurale, rigorosamente legata a riti formali non che divagatoti (non è mancata la gita In battello sul lago Lemano) si comincerà domani a parlare di cose molto serie e molto laboriose: i giochi olimpici di Montreal sempre un po' traballanti, la questione della Cina (che ha fatto domanda di ammissione al Ciò e « gradirebbe » l'esclusione di Formosa rivendicando il riconoscimento di una sola nazione cinese, quella « popolare ■>) e la questione della Rhodesia (che dovrebbe essere espulsa per la sua politica razzionale su richiesta dei Paesi africani). Se la Cina tiene sempre la parte maggiore del banco degli argomenti — oggi ha portato la sua goccia al pozzo delle discussioni pure l'Iran, con un documento nel quale si elencano otto ragioni per riconoscere un solo comitato olimpico cinese — sta facendo progressi il tema di Montreal: l'Olimpiade canadese è in pericolo, adesso si dice addirittura che Lord Killanin avrebbe chiesto ai messicani una « disponibilità » per sostituire la sede canadese nel 1976. Invitato a precisare questa ennesima >• voce » sui giochi del prossimo anno, Killanin ha curiosamente risposto che il discorso è nato quasi per scherzo a Roma, la settimana scorsa: i dirigenti di Città del Messico gli magnificavano i propri impianti, pronti ad ospitare in ottobre i giochi panamericani e lui, sorridendo, avrebbe definito la situazione « una buona garanzia per sostituire eventualmente Montreal » così da galvanizzare gli orgogliosi delegati del Messico. Perciò, come se non bastassero i tanti discorsi seri — scioperi in testa — a mettere in crisi gli organizzatori di Montreal, adesso contribuiscono al polverone dialettico pure le battute di Lord Killanin Antonio Tavarozzi