La marcia di Majakovskij di Lia Wainstein

La marcia di Majakovskij LA MOSTRA SU "AVANGUARDIA E RIVOLUZIONE La marcia di Majakovskij Roma, 20 maggio. Si è aperta in questi giorni a Roma, prima di trasferirsi in Francia, e già reduce da Milano, Genova, Firenze, Reggio Emilia e Livorno, la mostra « Majakovskij e il suo tempo », promossa dal ministero della Cultura dell'Urss e patrocinata dall'assessorato antichità, belle arti e problemi delia cultura, dall'assessore RE. Filippi e dall'associazione Italia - Urss. Nel neoclassico palazzo delle Esposizioni M. Di Fuolo ha trasformato ii salone in due viali, divisi da un congeniale traliccio di abete grezzo, lungo cento metri, in cui sono sistemate le bacheche. Nel viale di sinisrra sono esposti i materiali scelti dallo stesso Majakovskij per la mostra realizzata nella casa dell'Unione degli scrittori a Mosca nel 1930, e custoditi in seguito dal Museo statale della letteratura. In questi « vent'anni dì lavoro » che, pochi mesi prima del suicidio, rappresentavano l'intero periodo creativo, Majakovskij volle illustrare soprattutto il proprio impegno nell'edifìcrzione del socialismo. Oltr-i ad alcune fotografìe (il casale di Bagdadi in cui nacque, composti gruppi di famiglia o la cella di isolamento in cui il poeta fu rinchiuso nel 1909) lungo il viale si susseguono grandi pannelli, disegni, cartelloni pubblicitari, libri, didascalie. Rivivono qui — e sembra non abbiano perso nulla della loro carica dinamica — i principali temi affrontati in quegli anni a livello di massa. Tra il 101P e il 1922 Majakovskij, insieme con il pittore M. M. Ceremnych compose, in mezzo a infinite difficoltà pratiche, 4200 finestre della Rosta, (l'agenzia tele grafica russa) per lo più esposte nel', vetrine vuote dei negozi a parziale sostituzione dei quotidiani dall'insufficiente tiratura. Nessuna di esse venne inclusa nell'edizione italiana in otto volumi di Majakovókij (1972). Sulle 14 finestre della mostra, fumetti politici dai disegni di una rozzezza intenzionale e nient'affatto inge¬ nua, rivolti come sono ad un pubblico in maggioranza analfabeta, i brevi versi predicano, ammoniscono, incitano. Usando il gergo popolare del tempo parlano di razrukha (crollo), di fame, di privazioni, di bustarelle, mettono in guardia contro i septuny che diffondono notizie provocatorie, i nepaci (profittatori del Nep), i fannulloni, i menscevichi, socialisti-rivoluzionari, duo categorie che Stalin doveva annientare. «Facciamo la fame / bisogna picchiare sul cappello i septuny I ristabilire col lavoro i trasporti e portare il pane ». Opere quali il Sillabario sovietico, destinato ai soldati, e le Canzoni dei contadini, entrambe nell'ambito della campagna cortro l'analfabetismo, si alternano con locandine in cui, come alla prima di Mistero buffo il 7-8 novembre 1918, si affiancano i nomi prestigiosi di Majakovskij, del pittore Malevic, del regista Mejerchcù'd, o con manifesti di film. Majakovskij ne scrisse ed interpretò tre. Non nato per il denaro (un adattamento del Mm Un Eden di J. London), Incatenata dal film (con Lili Brik) o La signorina e il teppista, ispirato da La maestrina degli operai di De Amicis. Quest'ultimo, l'unico pervenutoci, verrà proiettato alla mostra, come anche pellicole di Dzige. Vertov e Pudovkin. Nell'altro viale, che illustra la vita del teatro russo tra la fine dell'Ottocento e il 1935, i protagonisti Stanislavskij e Mejercholcì si presentano in mezzo a bozzetti, schizzi, modellini, programmi, fotografie (di Saljapin, del volto bellissimo dell'attrice Vera Komissarzevskaja) provenienti dal museo Bachrusin di Mosca. E' questa «L'edizione portatile » come la definisce F. Malcovati nel catalogo (ed. Electa) della grande mostra organizzata a Mosca per il centenario della nascita nel 1974, dopo gli anni di silenzio in cui il nome di Mejerchol'd, perito nelle purghe di Stalin, era diventato tabù. Contrastanti e complementari, la parte majakovskiana, dove or:ni oggetto rievoca gli stenti superati con mezzi di fortuna, forza di volontà ed impegno politico e il contemporaneo mondo del teatro nella sua fantastica realtà, esprimono il carattere di quell'epoca, in cui un'arte giovane, applicata all'ideologia, si fuse con ia sopravvivenza di valori classici, in fase di rinnovamento e di adeguazione. Il Mejerchol'd disteso, nel quadretto di Koncalovskij, su di un canapè a fiorami degni di Matisse, ma soprattutto i | bozzetti di Golovin — sfarzo- so quello per il Ballo in ma- sellerà di Lermontov, messo in scena da Mejerchol'd nel | 1917, di un'aristocratica opu-1 lenza l'altro, per la camera da I letto dei'.e Nozze di Figaro 1 (teatro d'arte, 1927) — attestano tradizioni ancora vive del passato. « L'immaginazione in quegli anni fu ce) amente al potere», scrive in L'avanguardia della I rivoluzione L. Zorzi, che nell'arte del periodo tra il 1917 e il 1927 vede « una delle sta- \ gioni più alte della cultura, europea.. limolata e testìmo- '. niata da una schiera di inso- : te figure di critici-letterati... compartecipi dell'attività ere- j ativa degli artisti... e dalla \ lucida competenza che anima 1 gli scritti intorno all'arte di \ Lenin, di Lunacarskij e di j Trockij >>. | Lia Wainstein |