Dure le richieste dell'accusa per le rapine dei brigatisti di Vincenzo Tessandori

Dure le richieste dell'accusa per le rapine dei brigatisti Il processo in corso a Reggio Emilia Dure le richieste dell'accusa per le rapine dei brigatisti Chiesti 15 anni per Franceschini e 11 anni per Curcio e altri due (Dal nostro inviato speciale) Reggio Emilia, 17 maggio. Dure richieste sono state fatte dal p.m. dott. Tarquini nella requisitoria al processo ai presunti brigatisti rossi, accusati di tre rapine nel 1972. Dure, ma insufficienti secondo il rappresentante della pubblica accusa, il quale ha lamentato che « non sia possibile applicare la legge di rapina, oggi più severa di quella in vigore all'epoca degli assalti ». Per Alberto Franceschini, imputato per due rapine, la pubblica accusa ha chiesto 13 anni di reclusione più 2 di arresto e 700 mila lire di multa. Per gli altri tre, Renato Curcio, Fabrizio Pelli e Franco Troiano, le richieste sono state identiche: 10 anni di reclusione, 1 anno e sei mesi di arresto per il porto d'arma, 500 mila lire di multa. «La crisi accelera sempre dì più ì tempi della fine del vostro dominio di classe e rende ormai matura l'inevitabile rivoluzione comunista. Allora, e sarà molto presto, anche io mi presenterò a voi». E' l'aspra promessa che chiude una lettera di Alberto Franceschini, ritenuto un capo delle «Brigate rosse», inviata stamane al presidente del tribunale di Reggio Emilia dove si tiene il processo per tre rapine avvenute fra il maggio e il luglio del 1972. Con Franceschini sono imputati Renato Curcio, Fabrizio Pelli e Franco Troiano, latitanti. C'è stata una battaglia, e molto aspra, fin da ieri e l'ha aperta la difesa che intendeva fare slittare il dibattimento. Dicevano i difensori che il giudizio doveva essere di competenza del tribunale di Torino o di Milano, dove sono in corso istruttorie sulle attività del gruppo clandestino, e dove, d'altra parte, il giudice istruttore che ha curato l'inchiesta sulle tre rapine ha inviato gli atti relativi ai reati di associazione per delinquere, cioè per la banda armata. Il tribunale ha deciso di continuare lo stesso e i difensori Costa, Rosati, Guiso e Di Giovanni hanno risposto con una grandinata di eccezioni: 19, l'ultima delle quali chiedeva l'annullamento dell'intera istruttoria perché essa si era svolta, per 7 mesi, senza i difensori né di fiducia, né di ufficio. Stamane sono stati ascoltati j testimoni, una trentina, impiegati e clienti delle agenzie del Banco di San Gimignano e San Prospero, dove ci fu irruzione il 29 maggio, e della Cassa di Risparmio di Scandiano e di quella di Bibbiano, tutte in provincia di Reggio, assaltate in contemporanea il 24 luglio 1972. Battaglia anche per il «memoriale Pisetta», dall'accusa considerato pilastro portante perché in esso si parla di rapine fatte per autofinanziamenti proprio da brigatisti rossi. Gli avvocati Costa, Rosati, Guiso e Di Giovanni ne hanno chiesto lo stralcio e l'avvocato Di Giovanni ha anche domandato, in via subordinata, che venisse portato in aula Marco Pisetta «il cui indirizzo, ha detto, non è ignoto ai carabinieri». Il tribunale ha respinto l'istanza perché considerata inopportuna. Vincenzo Tessandori s

Luoghi citati: Bibbiano, Milano, Reggio, Reggio Emilia, San Prospero, Scandiano, Torino