Riesumato il cadavere di don Fedele Vinci non l'avrebbe mai conosciuto di Guido Guidi

Riesumato il cadavere di don Fedele Vinci non l'avrebbe mai conosciuto II processo a Trapani per la morte delle tre bimbe Riesumato il cadavere di don Fedele Vinci non l'avrebbe mai conosciuto (Dal nostro inviato speciale) Trapani, 16 maggio. Il mistero della fine di padre Fedele è stato chiarito. Sembra che debba essere attribuita a cause naturali (emorragia cerebrale) la morte del sacerdote al quale Michele Vinci sostiene di avere affidato la sua « verità » indicando il nome di chi (Franco Nania) lo avrebbe costretto a rapire Antonella, Ninfa e Virginia. Queste conclusioni non sono ancora ufficiali perché i medici legali (prof. Marco Stassi e dott. Paolo Procacciante) ai quali si è rivolto il procuratore della Repubblica di Marsala, dott. Paino, disponendo la riesumazione del cadavere, si sono presi venti giorni di tempo per rispondere ai quesiti. Ma tutto lascia supporre che i periti d'uno è direttore dell'istituto di medicina legale di Palermo, l'altro è il suo assistente), dopo i primi sommari accertamenti abbiano trovato nulla che possa giustificare qualche sospetto. Naturalmente si deve procedere all'esame tossicologico (in questo caso il più importante di tutti) per stabilire se padre Fedele non sia stato avvele- i nato bevendo il vino, mentre j celebrava la Messa nella sua I parrocchia dell'Addolorata. I Il prof. Stassi e il dott. Procacciante hanno constatato che padre Fedele, morto la mattina dei 29 aprile scorso, era un uomo obeso, iperteso, diabetico ed arteriosclerotico; hanno trovato una forte emorragia endocrinica, in corrispondenza dei centri nervosi senza individuare tracce di lesioni in altri organi. Come dire, cioè, che la diagnosi di emorragia cerebrale, con la quale è stata giustificata la morte del sacerdote, non appare del tutto infondata. Se poi si trattasse del veleno nei resti di padre Fedele, è un altro discorso: ma i medici legali sembrano indotti ad escluderlo. Che Michele Vinci abbia mentito, sostenendo di avere affidato in tempo un sospetto (giugno-ottobre 1971) a padre Fedele la verità sotto forma di ima lettera per la moglie, Anna Impicciché, è stato un maresciallo dei carabinieri a dirlo chiaramente ai giudici della corte d'assise. « Durante le indagini — ha riferito il ì sottufficiale — io ho parlato ' ■ | ; \ i I I i con padre Fedele, il quale mi j escluse categoricamente di j I avere mai visto o conosciuto I I Michele Vinci». La conseguen- ! ì ' za di questa affermazione è semplice: se il sacerdote non conosceva Vinci, come costui può avergli consegnato una lettera che, tra l'altro, non è mai arrivata alla destinataria? Michele Vinci, rispetto a quello che era quando nel novembre 1973 si presentò per la prima volta in corte d'assise, è tutt'altro personaggio: alora era squallido, timido ed intimorito; ora invece è atten- to, pronto e deciso. Oggi alla nipote, Giuseppina Valente sorella di Antonella, che ve■ niva interrogata come testi| mone, ha detto: « Piuttosto ; chiedi a tuo padre perché non \ si decide a giocare a carte i scoperte ». La ragazza ( 17 anI ni) ha replicato violenta: I « Stai zitto e pensa a tua madre ». Che cosa abbia voluto dire con quell'accenno al padre di Antonella, Michele Vinci, non l'ha spiegato. E' la seconda volta che chiama in causa Paolo Valente. Guido Guidi

Luoghi citati: Marsala, Trapani, Virginia