Repressione più dura in Spagna dopo i quattro morti di Guernica di Sandro Viola

Repressione più dura in Spagna dopo i quattro morti di Guernica Sempre più evidente l'instabilità del regime franchista Repressione più dura in Spagna dopo i quattro morti di Guernica (Dal nostro inviato speciale) Madrid, 15 maggio. L'aggravarsi della tensione nelle province basche sta rendendo sempre più palesi i caratteri di incertezza, di instabilità, di questa fase finale del franchismo. Con i quattro morti della sparatoria di ieri mattina a Guernica (un tenente della Guardia Civil, un membro dell'Età — l'ala rivoluzionaria del separatismo basco —, e to coppia di coniugi che lo ospitavano), la Spagna ha avuto in otto giorni più vittime della violenza politica dì quante ne abbia fatte in Portogallo, in un anno, la rivoluzione. Il quadro basco ricorda ormai quello irlandese. Il gruppo di guerriglia conosciuto come «Età militare» o «Età V Assemblea» sembra deciso allo scontro aperto con la polizia, «lo strumento di oppressione — dicono ì documenti politici del nazionalismo basco — del governo centralista e fascista di Madrid». Dall'inizio dell'anno i commandos dell'Età hanno abbattuto a raffiche di mitra sette tra poliziotti e gendarmi della Guar- dia Civil, e in un loro comunicato di oggi affermano di voler intensificare il ritmo degli attentati. A loro volta le forze dell'ordine hanno ucciso sei persone, tre aderenti dell'Età, la coppia di ieri mattina, e un manifestante la mattina del primo maggio. Ma i tredici morti non sono chj uno degli aspetti, seppure il più tragico, di quel che sta avvenendo nelle province basche. In due di esse, Biscaglia e Guipuzcoa, sono state sospese le garanzie costituzionali, ed è in corso un massiccio rastrellamento con posti di blocco sulle strade, perquisizioni e decine di arresti. A tutto ciò si deve aggiungere la reazione dell'estrema destra. Forse in proprio, forse (come affermano fonti attendibili a Madrid) col sostegno della polizia, gli attivisti delle frange fasciste del regime scorrazzano da giorni, in assoluta libertà, nel paese basco, compiendo una serie di attentati e di aggressioni. Raffiche di mitragliatore contro negozi appartenenti a persone sospette di aver contatti con le organizzazioni nazionaliste (il partito nazionalista basco in esilio — di tendenza moderata —, oppure l'Età), lettere minatorie, l'aggressione in casa dell'avvocato Ibarra, incendi, un paio di bombe, e il feroce pestaggio di tre preti: il giovane don Eustasio Erquizia (che giace gravissimo nel reparto di rianimazione dell'ospedale di Basurto), don Felix Iraurgi (lesioni interne) e il settantaduenne don Enrique Dominguez, assalito mentre si apprestava a dir messa. Su nessuna di queste gesta dei «Guerilleros de Cristo Rey» (come si chiama il più noto dei gruppi di tendenza fascista) o delle altre squadre d'azione che sì muovono in questo momento nel paese basco, esiste un'inchiesta in corso: né sono stati effettuati arresti, benché le autorità (coi mezzi che fornisce loro lo Stato di polizia) dovrebbero essere in condizioni di sapere chi sono gli autori degli attentati. «Todo es atado — aveva ripetuto più volte Franco agli spagnoli —, y muy bien atado»; tutto è pronto, cioè, sistemato. Con questa frase, il vecchio Caudillo voleva rassicurare il Paese circa la sticcessióne, le incertezze d'un trapasso di poteri dopo trentasei anni di autocrazia. Ma l'impressione, a questo punto, è che non tutto sia davvero «pronto» e «sistemato», e che il regime si avvicini alla sua ora della verità (la morte o il ritiro di Franco) più debole e insicuro di quanto non sembrasse sino all'estate scorsa. La guerriglia busca è infatti la causa più grave e vistosa — ma non l'unica — dell'affanno con cui si sta concludendo la lunga vicenda del franchismo. Per tanto tempo compatto, il «sistema» si presenta ormai frantumato in molteplici tendenze, ognuna con un suo calcolo, o progetto, per la suc¬ cessione. «Un disordine — ci diceva stamane il socialista Enrique Tierno Galvan — da nave che affonda». Dopo dieci anni di sviluppo economico (gli anni della penultima incarnazione franchista, la «dittatura consumistica»), la crisi sta riacutizzando i problemi di classe, e ripropone un panorama sociale più aspro di quanto si fosse creduto. Come per forza d'inerzia, la polizia continua a colpire duro: soltanto nell'Università, fra professori e studenti, sono stati compiuti negli ultimi tre mesi 275 arresti. La conferenza che Maurice Duverger, noto costituzionalista e sociologo francese, doveva tenere l'altra sera su un tema tutto sommato innocuo («l problemi politici del Mediterraneo»; è stata proibita, e lo stesso è accaduto a una conferenza: di Tierno Galvan. Il problema del Sahara spagnolo (il territorio coloniale rivendicato dal Marocco soprattutto, ma anche da Algeria e Mauritania) si sta facendo scottante. In questo momento, dieci militar; spagnoli (tra cui quattro ufficiali) sono prigionieri di quelle che i giornali di qui definiscono «bande ribelli», quasi sicuramente degli irregolari marocchini. In un Paese dove l'esercito liti rappresentato le fondamenta della costruzione del regime, e ancora conserva un rilevante ruolo extra-militare, la cattura di quattro ufficiali non è un episodio secondario. Le negoziazioni per il rinnovo degli accordi sulle basi americane in Spagna (il motivo principale della visita che Gerald Ford farà qui il 31 prossimo), si svolgono in un'atmosfera irritata e diffidente. Gli spagnoli chiedevano questa volta che gli accordi fossero sostituiti da un vero trattato (uno strumento che legittimasse la loro presenza, sia pure fuori della Nato, nella difesa occidentale), ma un trattato ha bisogno dell'approvazione del Senato di Washington, che è a maggioranza democratica e perciò sicuramente contrario a concedere un ulteriore sostegno all'edificio franchista. La trattativa si svolgerà co sì su un terreno diverso: incremento degli investimenti americani, forniture militari (un forte malumore circola nell'esercito spagnolo a causa degli armamenti che il Maroc co ha ricevuto ultimamente dagli Usa), tecnologia. Ma sia l'opposizione sia i settori «aperturisti» del regime vedono di malocchio la visita del presidente Ford: il timore è che essa rinforzi il gruppo che non vuole un ritiro di Franco, ritardando cosi quel trapasso che rischia di essere, col passare del tempo, sempre più difficile e pericoloso. Quanto a Ford e Kissinger, la loro venuta qui ha un significtito evidente: è più facile convincere Franco a firmare nuovi accordi di quanto non sarebbe trovare domani, nel quadro post-franchista, un interlocutore e una firma sicuri. Sandro Viola

Persone citate: Enrique Dominguez, Enrique Tierno Galvan, Eustasio Erquizia, Felix Iraurgi, Gerald Ford, Ibarra, Kissinger, Maurice Duverger, Tierno Galvan