Gusto e idee in Eliot di Carlo Carena

Gusto e idee in Eliot Una vera guida ai poeti d'Inghilterra Gusto e idee in Eliot Th. S. Eliot: «L'uso della poesia e l'uso della critica », Ed. Bompiani, pagine 393, L. 6000. Si può leggere questo libro di conferenze e di saggi di Eliot seguendo il filo del suo titolo, che è L'uso della poesia e l'uso della critica: cercando le idee del grande scrittore inglese sul suo mestiere di poeta e di critico. O si può andare alla scoperta del suo gusto attraverso le pagine dedicate a momenti e a figure della letteratura inglese, vedere in atto le reazioni del poeta e le indagini del critico. Perché Eliot ebbe questo di singolare: di poter accoppiare agevolmente l'intensità emotiva di un artista del nostro tempo ai rigore intellettuale di un antico abitante della Nuova Inghilterra. La scoperta di certe aree della letteratura inglese del Seicento e la loro introduzione nel circolo della poesia novecentesca sono un'acquisizione fondamentale, che anticipa di venti, trent'anni la riscoperta simpatetica del barocco e dà un'indicazione formale primaria alla stessa vocazione del poeta puritano e cattolico. « L'età di Dryden », fra questi saggi, è del '32; quello, celebre, sui metafisici, del '21; la difesa appassionata dello stesso Dryden, ancora del '21. Si noti: nel '22 esce The Waste Land, il momento negativo della poesia di Eliot, la pura constatazione dell'abbandono disordinato della poesia romantica al sentimento indistinto, alle féeries malamente mescolate alle idee. E qui, questo volume è sparso di giustificazioni molto personali ma assai precise per la maturata avversione dell'autore a poeti come Shelley, che stanno fra gli idoli della gioventù britannica ma rivelano una forte confusione mentale: « Shelley — scrive Eliot nel '33 — poteva essere insieme e con lo stesso entusiasmo un razionalista del XVIII secolo e un oscuro platonico ». La grossa tentazione di Eliot come critico è in realtà quella, su cui si diffondono principalmente i saggi teorici della raccolta, di distingue- re i contenuti — essenzial- j mente, per lui, le idee — | dalla forma poetica, e di accarezzare, della forma, essenzialmente i ritmi, con obbligata predilezione per i poemetti, per le composizioni estese e costruite, come è il caso di In memoriam di Tennyson, argomento di bellissime pagine. Le sue riflessioni hanno un'ostinazione e una circospezione da vero esame di coscienza, da sforzo scrupoloso di superare un possibile pregiudizio ideologico, che porti alla negazione di un possibile valore poetico. Questo diventa un tema ricorrente, nell'Introduzione o in «Spirito moderno» come nei momenti dell'applicazione sul campo, in « Shelley e Keats » appunto, o nei frequenti passaggi su Matthew Arnold. La risposta di Eliot è pur sempre alla fine razionalistica nei suoi distinguo, aperta ma insieme guardinga. Lo scrittore cerca una dottrina o teoria o credenza o « visione della vita » ammissibile comunque in quanto «coerente, matura e fondata su fatti dell'esperienza », non « puerile o confusa ». C'è, alla base dell'accettabilità del lettore e del critico, un problema, come dice anche Richards, di « credere o non credere », di credenze « sostenibili, se non accettabili ». Se l'esigenza potrebbe anche risultare esosa o pericolosa, certo ha il merito, soprattutto oggi, di richiamare il poeta al valore creativo di un'idea e di un'esperienza: poeta è chi percepisce il pensiero « con la stessa immediatezza del profumo di una rosa »; colui per il quale una idea è « un'esperienza che modifica la sensibilità ». L'equilibrio fra intelligenza e sensibilità, una fusione delle due sia pure in proporzioni diverse, stanno ai vertici dell'arte poetica più ammirata da Eliot. Come si vede, non è poi nemmeno facile separare, in pratica, i contributi critici dalle riflessioni teoriche contenute in questo libro, tanto denso che ad ogni pagina si sentirebbe il bisogno di un discorso a parte, per illustrarla o discuterla. Tutta la serie di saggi sulla poesia metafisica inglese, su Donne e Herbert, gli accenni a Cow ley, a Crashaw, a Marvell, sono di estremo interesse per la loro novità e il loro acume, per le annotazioni a cui danno origine. Un'affermazione come quella che l'effetto della grande poesia barocca « è molto meno artificioso di quello di un'ode di Gray » è meritevole di riflessione in sede di storia e di giudizio letterario; come, in sede cri- tica, il richiamo di Eliot a considerare con maggiore attenzione nel nostro tempo la « buona o cattiva educazione j dei nostri poeti », perduta in I larga misura da quando la I decadenza della religione e I il logorio delle istituzioni politiche lasciarono libero il l campo alle loro usurpazioni. Per conto suo, poi, la ricchezza delle citazioni e dei confronti poetici costituisce una vera guida, datata ma vigorosa e salda, alla lettura della poesia, soprattutto della poesia inglese, tanto particolare nelle sue struttu- j | : re, nelle sue figurazioni e neisuoi sentimenti, negli ambien- sce e da cui è felicemente condizionata e franca. Difficilmente si potrebbero capire a fondo i successivi Four Quartets, con la loro acuta oggettività, la loro tipica immaginazione e il loro freno formale, senza percorrere queste pagine. Che solo ancora nella cauta e un po' svogliata valutazione di Milton (ben diversa dal secondo saggio posto poi in Sulla poesia e sui poeti) non ci lasciano prevedere le qualità tutte svolte di quel capolavoro. Carlo Carena Th. S. Eliot, di Levine (Copyright N.Y. Rcvlcw of lìooks. Opc. a Mundi e per l'Italia Lu Stampa)

Persone citate: Donne, Eliot Th, Gray, Keats, Land, Levine, Matthew Arnold, Richards, Waste

Luoghi citati: Inghilterra, Italia, Nuova Inghilterra