Il cinema, una finestra? di Gianni Rondolino
Il cinema, una finestra? Il cinema, una finestra? Raggbianti assegna i film all'arte figurativa, senza limitarli alla visualità I Carlo L. Ragghiane: « Arti della visione», I. « Cine-, ma . Ed. Einaudi, L. 8000. J ' In un :r.omento in cui il ! discorso estetico sul cinema I e, più in generale, sull'arte j ha superato definitivamente ■ i confini della specificità tecnica per allargarsi a comprendere le sollecitazioni e le proposte provenienti dai vari campi della cultura contemporanea, in primo luogo lo strutturalismo e la semiotica, senza trascurare la psicoanalisi e la sociologia, ma anzi integrandosi nel più vasto tessuto delle « scienze dell'uomo », può sembrare anacronistico, o troppo limitato, uno studio come questo del Raggiranti rivolto in primo luogo a « rendere conto del linguaggio proprio in cui si esprime il cinema, che non è un indeterminato o polisenso mezzo riproduttivo per i la comunicazione della paro- j la, ma una soggettivazione ar-1 Ustica in quei suoi termini esclusivi ». In efTetti i saggi raccolti dall'autore in questo primo tomo di un'opera antologica dedicata alle « arti della visione », e già apparsi precedentemente in un libro che ebbe un notevole successo, Cinema arte figurativa (tre edizioni: 1952, 1957, 1964), risalgono a molti anni addietro — il primo, « Cinematografo rigoroso », è del 1933 —, quando la speculazione teorica sul cinema era, almeno in Italia, ai primi passi I e si rifaceva in larga misura all'estetica crociana. Pertanto certe intuizioni e proposizioni, che allora parvero di notevole importanza e contribuirono a raddrizzare certe storture della nascente critica cinematografica italiana, oggi possono sembrare anch'esse, a modo loro, « storture » in quanto devianti rispetto a un discorso approfondito e moderno sulla complessità semantica del linguaggio cinematografico. Invece, proprio perché gli ! studi teorici sul cinema si ! sono sempre più allontanati | dai presupposti idealistici di partenza e hanno consentito di indagare la natura del mezzo espressivo in una dimensione culturale più ampia e problematica, la rilettura di questi saggi fornisce non soltanto una chiave utilissima ! per ripercorrere il cammino j dell'estetica crociana « appli; cata » alle singole arti (il cij nema è per Ragghianti una conferma della sua teoria ! « cinetica » delle arti figura! tive), ma anche uno stimolo i a rivedere certe posizioni che si credevano completamente I acquisite, posizioni che, ad I esempio, gli studi di semiotica cinematografica hanno fori temente scosso. In primo luogo il rapporto spazio-tempo j nelle arti della visione, e il carattere eminentemente «vi: sivo» dell'esperienza filmica, : che non può risolversi sul , piano della narrazione dei : fatti ma nasce dalla loro rapi presentazione spaziale e temporale che sollecita la nostra j percezione sensoriale della i realtà. E poi la concezione del cinema non come una i « finestra aperta sul mondo ", ■ ma frutto di una razionale l organizzazione del materiale i prefilmico. Non si creda che Ragghian; ti, nel definire il cinema arte figurativa, ne voglia limitare ! il campo alla sola « visuali| tà », nel senso che gli altri i elementi dell'opera cinemato! grafica ( movimento, dialogo, musica ecc.) siano superflui j o secondari. Poiché egli com: prende nelle arti della visione tutte quelle tecniche i espressive che fanno appello ì principalmente al senso delI la vista, e cioè le arti figura- I tive tradizionali (pittura, scultura, architettura), ma , anche il teatro, la danza, il J cinema, la televisione e in ' genere lo spettacolo ne con- ! segue che attraverso la vi I sualità si possono trasmette j re concetti e sensazioni che, ■ fatti propri gli altri aspetti dell'esperienza estetica, coin- volgono nella sua totalità la personalità dello spettatore. Da questo punto di vista, le antiche controversie sulla differenza fra cinema e teatro, fra arti del tempo e arti dello spazio, paiono dissolversi in una visione onnicomprensiva dei problemi dell'espressione artistica. Non pare quindi strano in Ragghianti il recupero di teorici come Ricciotto Canudo o Sebastiano Luciani, per molto tempo giudicati come ingenui pionieri d'una estetica del cinema, e oggi giustamente ristudiati alla luce delle nuove esigenze semiologiche. Semmai c'è da dire che l'aver escluso totalmente dall'analisi del linguaggio cinematografico — come degli altri linguaggi artistici — l'aspetto di fruizione dell'opera I da parte del pubblico, ha im¬ pedito a Ragghianti di cogliere le profonde differenze che, sul piano concreto dello « spettacolo », permangono fra arti figurative, cinema, teatro. Ed è questo un discorso — non sociologico, ma propriamente estetico — che le più recenti teorie sull'arte hanno portato avanti, per giungere a una più corretta e completa comprensione del fenomeno artistico. Gianni Rondolino
Persone citate: Carlo L. Ragghiane, Einaudi, Ragghianti, Sebastiano Luciani
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