Odissea d'un paese di Francesco ForteMario Deaglio

Odissea d'un paese Saggi economici di Francesco Forte Odissea d'un paese A partire dagli Anni Sessanta, gli economisti italiani, nella loro grande maggioranza, hanno messo in disparte vecchie dottrine e vecchi melodi di insegnamento: sul modello dei loro colleghi americani c inglesi han preso a misurarsi con i problemi reali, uscendo sempre più spesso dal mondo dell'università e contribuendo così al suo rinnovamento. E' difficile, oggi, in Italia, trovare un professore universitario di materie economiche che non l'accia parte, o non abbia l'atto parte in un passato abbastanza recente, di qualche organismo di consultazione pubblico, oppure che non partecipi, con libri c con articoli, al dibattito sui grandi problemi del Paese. In questo dibattito gli economisti hanno decisamente affermato il loro predominio, quasi accantonando i suoi tradizionali protagonisti, e cioè giuristi c filosofi. Sono riusciti ad imporre ai politici e all'opinione pubblica un certo linguaggio ed un certo modo di inquadrare i problemi nazionali, tanto che l'impostazione delle scelte del Paese si la soprattutto in termini economici. Non sono però riusciti a imporre un modo di agire. Sono stali bloccati nell'anticamera della stanza dei bottoni. Uno dei casi più lampanti del successo-insuccesso degli economisti è senz'altro quello di Francesco Forte. Francesco Forte è da circa quindici anni uno dei protagonisti del dibattito economico-politico, in cui rappresenta autorevolmente posizioni socialiste. Ha spesso partecipato all'elaborazione concreta di programmi e di progetti di legge. Per di più. i suoi articoli su quotidiani e periodici contribuiscono in maniera notevole a orientare l'opinione pubblica. Neanche Forte però riesce a incidere sulla reale conduzione degli affari economici e sono note le sue vicissitudini quale vice-presidente dell'Eni. In questa prospettiva il suo libro Odissea dell'economìa ilaliana (Ed. Buffetti) presenta ' spunti di grande interesse. Racchiude una serie di articoli e saggi scritti tra il 1964 ed il 1974, un periodo cruciale per lo sviluppo economico italiano, per l'influenza che gli economisti hanno cercato di esercitare su questo sviluppo. La maggior parte di questi saggi rivela la vocazione di Forte quale combattente di prima linea sul fronte della congiuntura; egli è sempre presente, con commenti, analisi e proposte, talora anche solo abbozzate, mediante le quali si sforza di incidere sulla realtà. Riviviamo così le tappe della nostra storia recente, descritte in una prosa che alterna momenti d'impeto, e anche di irruenza, ad approfondite analisi tecniche, ma che rimane sempre eminentemente scorrevole e leggibile: l'incerta uscita dalla crisi del 1964-65. il rilancio, tardivo e parziale, mediante il «decrelone» del 1968, l'esplosione dei problemi insoluti nelI'«autunno caldo» del 1969. che Forte sdrammatizza vedendovi «un chiaro significalo riformistico, ben lontano da una radicale opposizione al sistema». In maggior dettaglio ci vengono presentate, poi, le sequenze, sempre più affannose, degli Anni Settanta: il calmiere, la crisi monetaria, l'introduzione dell'iva, sino all'attuale grande inflazione ed alle misure per frenarla. Da questa panoramica il socialismo di Forte emerge denso di caratteri non ortodossi, specie per un ambiente culturale, come quello italiano, che predilige le posizioni teoricamente ben definite. Vi sono scarsi riferimenti al marxismo, c a qualunque altro apparato di dottrina. Semmai, Forte è più prossimo al Marx giovane della «Critica dell'Economia Politica», per la sua percezione dell'insufficienza delle dottrine correnti, e non certo al Marx del « Capitale » che ha un preciso modello da proporre. Per altri aspetti Forte può forse essere avvicinalo ai socialisti fabiani inglesi: come loro guarda più alle cose buone che si possono lare che non alle cose cattive che sono state fatte, come loro è portato ad insistere in un'azione riformistica anche di fronte all'insuccesso, e non a trarne conseguenze rivoluzionarie. In più, però, vi è in Forte un certo radicalismo, forse collegabile a posizioni della sinistra americana, per cui bisogna incidere, oltre che sulla superficie dell'economia, anche e soprattutto sui meccanismi sociali che ne sono alla base. Vi è poi un saggio, a nostro parere estremamente prezioso, scritto, per così dire, nelle pause del combattimento. Esso rappresenta il momento della ri¬ flessione, dell'inquadramento. I della puntualizzazione, Si intitola «Il non-sistema capitalistico» e vi si sostiene la tesi che il neocapitalismo sia caratterizzato da valori negativi, da forze centrifughe, da frantuma- \ zione di posizioni, da mancanza di obiettivi generali. D'altronde le alternative, e cioè i modelli sovietico, cinese e cubano, appaiono «singolarmente cupe, contraddittorie, nebulose, divise»; contengono «barlumi di verità il cui assieme ci sfugge». 11 «sistema» sarebbe dunque un «non sistema», una sorta, ci sembra, di vuoto esistenziale in cui ci dibattiamo: proprio per questo Forte ne trae la conclusione che ci si apre un fascio di possibilità e di alternative, in una situazione che bisogna «vivere giorno per giorito. cercando i suoi punti di tensione dinamica ». Come si colloca, in questo «non sistema», lo svolgimento. l'«odissca». appunto, della vicenda economica iialiana? Dal complesso dei saggi di Forte (e in particolare da quello intito- iate «Perché la piena occupa- zione è una scelta di civiltà») emerge una critica di fondo: non ci stiamo muovendo verso alcun sistema di valori. Possediamo una tecnica, un certo modo, collaudalo da vent'anni di esperienza, con cui gestire la congiuntura: si tratta, però, di un modo molto timido e paura so, portato a ingigantire ì pericoli, a dare la preferenza ad effimeri obiettivi di stabilità in un mondo che comunque stabile non e, ed in cui stabilità effettiva potrà essere conquistala solo in futuro. Così in Italia si frena lo sviluppo, si penalizzano le classi più povere mediante una politica esageratamente deflazionistica pur di non correre il rischio di mutare equilibri ereditali dal passato, di per se sempre più precari, mentre | solo con un immenso sforzo di sviluppo l'economia italiana potrebbe uscire dalle sue storture e dalle sue contraddizioni. Questo sforzo di sviluppo, realizzabile attraverso una politica di riforme e di pieno impiego, è. per Forte, senz'altro possibile. In un mondo in cui, anche I a sinistra, abbondano i pessimi I sti e i profeti di sventura. Fran j cesco Forte rimane così uno | dei pochi ottimisti, | Mario Deaglio

Persone citate: Francesco Forte, Marx

Luoghi citati: Italia