Alessandria: 1 anno fa la "strage del carcere" di Franco Marchiaro

Alessandria: 1 anno fa la "strage del carcere"Furono uccisi 5 ostaggi e 2 detenuti Alessandria: 1 anno fa la "strage del carcere" La mattina del 9 maggio 1974, tre reclusi bloccarono 15 persone (insegnanti e guardie) nell'infermeria della casa penale (Dal nostro corrispondente) Alessandria, 8 maggio. Un anno fa, esattamente dalla mattina del 9 maggio al tardo pomeriggio del 10, Alessandria visse ore di terrore, di angoscia e di lutto. Tre detenuti della casa penale di piazza Don Soria — l'uxoricida Cesare Concu, l'omicida per rapina Domenico Di Bona e il rapinatore Ève- rardo Levrero — prelevati I numerosi ostaggi nella scuo- ! la e nell'infermeria del peni- tenziario, tentarono una ri- volta che si concluse nel san- gue: cinque ostaggi trucidati dai rivoltosi due dei quali a | loro volta uccisi dalle forze dell'ordine. Numerosi i feriti, due in modo grave. Una rivolta che fu possibile perché i tre detenuti avevano ricevuto in carcere due rivoltelle, parecchie munizioni e alcuni coltelli. Oggi, ad un anno da quei fatti, non solo l'istruttoria non è ancora conclusa e quindi non si è giunti al processo contro l'unico dei ribelli superstiti — Everardo Levrero — ma quello che è più grave, non è stato possibile accertare come Concu, Di Bona e Levrero abbiano ricevuto in carcere quelle armi che servirono alla rivolta. Si avanzarono diverse ipotesi per spiegare la presenza delle rivoltelle, si indicarono responsabilità in gruppi politici estremisti, si parlò di armi provenienti dal paese di Di Bona. Parole, ipotesi, ma nulla di concreto, Evidentemente ci sono state delle responsabilità, ma nessuno ha potuto, o voluto accertarle. Ad un anno di distanza non sono ancora sopite le polemiche su come la rivolta venne domata, sulle I decisioni prese in quei drammatici momenti. Un « comitato 10 maggio » sorto ad Alessandria, ha stilato recentemente, a questo proposito, un ampio documento. Senza dubbio vi sono stati degli errori, forse alcune vittime potevano essere evitate. L'aspetto più grave è comunque la mancata identificazione dei complici esterni. Anche Perché sembra che Concu, Levrero e Di Bona, non fos sero intenzionati soltanto a fuggire, ma a provocare, al l'interno del carcere, una ri v?]ta di ben maggiori propor zioni. Cosa accadrebbe oggi se qualcuno ripetesse il gesto di Concu e compagni? Esternamente il carcere è più controllato: chiuso il portone che s'affaccia sulla piazza don Soria, rinforzati i camminamenti sul muro di cinta, auto della polizia o dei carabinieri che pattugliano la zona, periodiche perquisizioni nel- le celle (due in questi ultimi giorni). Ma, a parte il mag-; gior controllo per impedire ; l'introduzione di armi, le strutture sono le stesse; la i popolazione carceraria sfol- tita allora, è nuovamente al- ! ta. Rimane poi il problema | di fondo: la casa penale, che sorge in pieno centro storico, tra l'ospedale civile, il manicomio e decine di abitazioni, è un pericolo continuo, ma la proposta di costruirne una nuova alla periferia della città, sembra non trovare buona accoglienza a Roma. Tutto ebbe inizio la mattina di giovedì 9 maggio alle 9,50, quando Concu, Di Bona e Levrero, i primi due armati di rivoltelle, il terzo di coltelli, presero come ostaggi il medico del carcere dott. Roberto Gandolfi, gli insegnanti della scuola del reclusorio Vincenzo Rossi, Pier Luigi Campi, Clemente Gay, Francesco Ferraris, Felice Demanuelli e Don Mario Martinengo, cinque detenuti e sette sottufficiali e agenti di custodia. Ad essi si aggiunse l'assistente sociale signora Graziella Vassallo Giarola che, giunta in carcere dopo l'allarme, si era offerta di trattare con i ribelli e venne da questi bloccata. Trasferiti gli ostaggi nell'infermeria, i rivoltosi dettarono le loro condizioni: un pulmino per fuggire con i prigionieri che sarebbero stati poi liberati. In caso contrario, dalla mattina del 10 maggio, con scadenza di mezz'ora avrebbero iniziato ad uccidere gli ostaggi. La richiesta non venne accolta, il procuratore generale Reviglio della Veneria, nel tardo pomeriggio del 9 maggio decise di far attaccare. Fu un insuccesso, i rivoltosi si riti rarono in uno stanzino al fondo dell'infermeria dopo aver ucciso il dott. Gandolfi e ferito gravemente il prof, Campi che morì una settima na dopo, La mattina successiva il procuiaiore Buzio e il sostituto Parola, con tre giornalisti ripresero a trattare, altrettanto venne fatto nel pomeriggio poi, improvviso, alle 17,10 il nuovo ordine di attacco. All'irruzione dei carabinieri e dei poliziotti i ribelli uccisero la signora Giarola, il brigadiere Camitiello e l'appuntato Gaeta delle guardie carcerarie. Di Bona si uccise, Concu, falciato da una raffica, mori nella serata, illeso Levrero. Franco Marchiaro

Luoghi citati: Alessandria, Gaeta, Roma