Nel colera di Odessa di Lia Wainstein

Nel colera di Odessa Nel colera di Odessa Arriva "La quarantena" del dissidente russo Maksimov Vladimir Maksimov quarantena », Ed. Rusconi pag. 272, lire 3800. « La Fino a pochi anni addietro il nome di Vladimir Maksimov era scarsamente noto in Occidente, e alcuni suoi testi, usciti in Lìttérature russe clandestine (Albin Michel, Parigi 1971) non sembrano aver suscitato particolare interesse. Inaspritesi quindi le repressioni in Urss, Maksimov nel 1974 ottenne finalmente il permesso di emigrare, si stabilì a Parigi e nello scorso autunno diventò celebre di colpo come direttore di Kontinent (è uscito da poco il primo numero italiano, Garzanti, lire 2500). Maksimov ha contribuito finora alla rivista solo con una nota redazionale concisa ma polemica, in cui contrappone alla repressione zarista, a suo parere più blanda, le condizioni attuali degli scrittori in Urss. Nel 1971 però terminava / sette giorni della creazione, un romanzo vietato in patria, uscito all'estero in russo e in italiano (1973) e scriveva poi La quarantena. La sua biografia, al solito incompleta nella Breve enciclopedia letteraria sovietica (l'inclusione attesta comunque una posizione regolare fino al 1967), serpeggia in real tà tra fatti e svolte dramma- M^kstmov^riuscì "tuttavia"!! pubblicare a Krasnodar un volume di versi, Pervoe slovo (Prima parola, 1954) che ven ne distrutto per ordine del Partlto. Ebbero maggior fortuna le tici, dal padre operaio, perseguitato come trockista e morto volontario nella seconda guerra mondiale, all'internamento del diciassettenne futuro scrittore in un campo speciale di rieducazione minorile nel 1949. Muratore qualificato, costretto a vagabondaggi e mestieri svariati (fu cercatore di diamanti sull'isola di Tajmyr nell'estremo Nord, contadino, giornalista) opere successive (una raccolta di liriche, dei racconti, dei drammi, il romanzo L'uomo è vivo, ridotto per la scena e recitato al teatro Puskin nel 1965) che uscirono in parte sulla rivista Oktjabr', della cui redazione lo scrittore fu membro per alcuni anni. Tra ! il 1955 e il 1960 Maksimov su- ! bì tre internamenti coatti in I manicomio, un'esperienza che | ispirò probabilmente un ca- pitolo de / sette giorni della creazione. Nel panorama ormai abba stanza ampio e differenziato della letteratura dissidente sovietica Maksimov, almeno in quanto autore dei due ultimi romanzi, occupa una posizione isolata, quella di un individuo emarginato egli stesso come quasi tutti i suoi personaggi. E' uno stato in ogni accezione periferico, lontano dai grandi centri come dai centri del potere, fuori dalle rotte comuni, quello in cui si dibattono queste figure sperdute, in preda ai vizi o ai rimorsi, predestinate a perire o a redimersi ritrovando la fede. Tale assunto ne / sette giorni della creazione veniva illustrato dipanando le peripezie dei membri della famiglia Laskov, tra cui il solo rappresentante integrato nel sistema, il commissario dell'armata rossa Pjotr Laskov, finisce per accettare l'unica soluzione proposta dall'autore: « Il mattino illuminava davanti a Pjotr Vasiljevic la strada che sboccava nell'orizzonte, ed egli vi camminava con il nipotino sulle braccia. Camminava e sapeva. Sapeva e credeva ». Imperniata sul medesimo tema, La quarantena ha però la curiosa particolarità di costituire un fatto a sé stante, privo di rapporti con la letteratura sovietica e insolito, ma ciò malgrado nient'affatto nuovo. Dall'angusta struttura — quel treno fermo per il colera scoppiato a Odessa — che già evoca un Huis clos brulicante e cristiano, alla fortuita di incontri, sfoghi, reminiscenze (qui si può citare per esempio Leskov, e Bulgakov, e il T. Déry di Reportage immaginario da un festival pop americano) dappertutto la tesi trapela più insistente, e più aroitrarie appaiono le conversioni dei protagonisti, la ninfomane Maria e il suo amante Boris Chramov. Di scarso impatto nell'insieme — quel viavai di figure frettolosamente accennate, ricondotte nell'ovile dall'onnipresente e soave Ivan Ivanovie Ivanov — il libro non limita il suo messaggio dissidente all'impostazione generale ma, sempre sotto il pretesto degli improvvisi racconti, sferra qualche attacco. Tra questi vi è la parabola del religiosissimo seminarista georgiano, ingannato nel suo eccezionale fervore da un falso eremita. La carriera di Stalin viene quindi attribuita alla sua pia ambizione: « L'atto eroico di Giuda che si è votato all'ignominia e alla maledizione pur di affermare la gloria di Cristo non gli sembra il culmine dell'abnegazione ». Accortosi troppo tardi dell'imbroglio, Stalin in punto di morte apprende che a nulla sono valsi i suoi delitti, commessi per superbia e non per fede, e che non gli spetta ricompensa alcuna, ma solo il perdono divino. Lia Wainstein

Persone citate: Albin Michel, Boris Chramov, Bulgakov, Garzanti, Ivanov, Maksimov Vladimir Maksimov, Stalin, Vladimir Maksimov

Luoghi citati: Odessa, Parigi, Pjotr Vasiljevic, Urss