Il «j'accuse» di Capello

Il «j'accuse» di Capello Analisi del calcio italiano dopo i mondiali Il «j'accuse» di Capello Perché non è stata recepita la lezione di Monaco - La Juventus unica eccezione - Bisogna intensificare le cure ai vivai giovanili - Riaprire le frontiere: importante seguire l'esempio dei fuoriclasse - Meglio partecipare alla Coppa dei Campioni che vincere la Coppa Uefa E' trascorso quasi un anno dalla disfatta di Stoccarda. Domenica 23 giugno '74 termina al Neckarstadion l'avventura azzurra al mondiali. La sconfitta contro la Polonia, dopo le deludenti prove offerte con Haiti e con l'Argentina, cancella bruscamente anni di lavoro. Il calcio « all'italiana viene messo sotto accusa, non bastano classe e popolarità per far risultato. Germania Ovest, Olanda, Polonia danno l'esempio. Il football si evolve, ritmo e spirito di sacrificio sono componenti essenziali per portare avanti un chiaro discorso sportivo. Monaco ha senza dubbio insegnato parecchio, ha distrutto un mondo costruito sulle illusioni, su un passato glorioso. Tutti, dai dirigenti, ai tecnici, ai giocatori, si sono impegnati verbalmente per migliorare una situazione fallimentare. Ci sono riusciti? Il campionato che sta per concludersi ha rispettato le promesse di rinnovamento? Lo chiediamo a Fabio Capello. Da lui è giunto l'ultimo gol della Nazionale al mondiali contro la Polonia. Una rete segnata a cinque minuti dal termine della gara, utile soltanto a dimezzare il vantaggio conseguito dagli avversari con Szarmach e Deyna, ma non a sanare i malanni radicati del nostro calcio. « Si è parlato — risponde Capello — di un rinnovamento atletico, si è tentato di esprimere un gioco più veloce, più valido. Non sono mancati gli esperimenti. Il Napoli, ad esempio, ha adottato la tattica del fuorigioco, diverse squadre hanno provato ad attaccare anche con i terzini. Poi tutti hanno pensato bene che era meglio tirare i remi In barca, evitare figure ridicole. I vari club sono dunque tornati a giocare seguendo i vecchi schemi ». — La lezione ■> di Monaco non è servila insomma a nulla. Anche voi non avete tratto dei vantaggi? « Noi sì. Il discorso sulla Juventus è differente. Abbiamo giocato con tre "punte", con due difensori d'attacco, cercando sempre di creare un certo movimento. Le nostre riserve si possono considerare del titoli. Parola ha provveduto, nel corso della stagione, a far ruotare la "rosa", non abbiamo avvertito di conseguenza degli scompensi nel meccanismo. I latti, la classifica, ci hanno dato ragione ». — Secondo lei come mai non è stata possibile una trasformazione tattica su scala nazionale? •» Le parole — replica Capello — rimangono purtroppo parole. Noi italiani siamo troppo limitati sotto il profilo fisico e tecnico, non siamo in grado di poter sviluppare un certo gioco. I giovani non hanno esperienza, il campionato non ha fatto vedere nulla di eccezionale. I migliori rimangono gli "anziani" tipo Altafinì e Ma- raschi, i goleador sono sempre i soliti: Pulici, Savoldi, Prati... ». » Antognoni e Graziani — continua il bianconero — sono casi atipici, sono giovani ormai affermati. Non bastano comunque due nomi per giustificare un tipo di mentalità ». — Ci sono dei rimedi validi, per tentare di mettersi al passo con le nazioni straniere? •■• Ora abbiamo veramente toccato il tondo. Il giovane vive sul dribbling, sullo spunto personale; non esiste il gioco di squadra. C'è un solo modo per uscire da questa crisi: curare I "vivai". Spetta ad un allenatore togliere ai ragazzini quella mentalità professionistica che è tipica della nostra società. Gli uomini adatti per questo lavoro ci sono: Rabitti, a quanto mi risulta, cura scrupolosamente le "minori" del Torino ed allo stesso modo la Grosso alla Juventus insegnando ai giovani gli schemi del calcio olandese ». — Non pensa che il nostre football sia giunto al termine di un ciclo? Ci vuole tempo per un completo rinnovamento. » Può darsi. Esiste comunque un'altra spiegazione. Il calcio, il ciclismo, la boxe sono sport che richiedono sacrificio. Le prospettive sono incerte. Anche se esiste una componente di pericolo, il giovane d'oggi preferisce dedicarsi all'automobilismo ed al motociclismo. Ci sono le stesse possibilità di "sfondare" con meno fatica, senza sudare, e correre sotto il sole per degli anni, su un campo di provincia ». — Ritiene giusta la chiusura delle frontiere? « No. Gli stranieri possono tornare utilissimi al nostro calcio. I serbatoi dei grossi club sono sempre state le società di provincia. In questa, una volta bastava un giocatore straniero di esperienza per insegnare tanti segreti del "mestiere", lo in passato ho sempre cercato di imparare qualcosa da loro. Mi ricordo nella Spai l'argentino Massei, lo spagnolo Peiró alla Roma ». — C'è un segreto nel cammino della Juventus? In che cosa consiste la forza della sua squadra? « La Juve è un collettivo. Ogni giocatore — spiega Capello — non ha ruolo fisso, ma è in grado di "coprire" posizioni diverse. Un calciatore eclettico insomma. Noi giochiamo assieme da diverso tempo. Abbiamo cercato di eliminare qualsiasi difetto e di armonizzare al massimo la manovra. Due scudetti consecutivi, l'esperienza conseguita in campo internazionale con avversarie di club ed in maglia azzurra ci sono serviti parecchio. Abbiamo preso atto del "fenomeno-Lazio" ed abbiamo aspettato che si spegnesse da solo ». « Naturalmente — prosegue Capello — una buona preparazione atletica ha facilitato il nostro compito, ha permesso di acquistare maggior rapidità di esecuzione in ogni azione, in ogni schema. Ciò naturalmente è merito di Parola. Helenio Herrera e Nereo Rocco hanno saputo costruire un modulo su misura per campioni quali Suarez, Mazzola, Jair, Sani. Rivera. Noi esprimiamo un gioco adatto alle nostre caratteristiche. Anche i giovani si sono ben ambientati. L'esempio è dato da Scirea, un libero in chiave moderna in grado di spezzare l'azione avversaria e di partecipare all'iniziativa corale dei compagni, come il compianto Picchi ». — Lo spettacolo ed i gol scarseggiano sempre di più. Come si spiega il fatto? » La tecnica è scarsa e di conseguenza gli spazi in area di rigore si restringono. Gli attaccanti sono costretti a fare dei salti mortali ». — La Juve non riesce ad imporsi in campo internazionale. Avete dei rimpianti per l'esclusione dalla Coppa Uefa? * Spiace certamente — osser! va Capello — abbandonare una ' competizione in semifinale. Noi I comunque ci siamo concentrati sul campionato per poter parteciI pare il prossimo anno alla Coppa dei Campioni. Conta soltanto I quella e la concorrenza è durisi sima ». — Domenica a Firenze festeggerete il 16" scudetto? — Sarà una tappa importante, potrebbe essere l'ultima. La Juve è tranquilla, ha energie fresche. Andiamo in Toscana per fare una bella partita. La sconfitta contro il Torino ed II sofferto successo con il Napoli hanno rappresentato il periodo più delicato. Lo abbiamo superato senza danni ». Ferruccio Cavaliere Il bianconero Capello giudica il campionato dopo i mondiali