Undici anni all'uomo che uccise la moglie infedele per gelosia

Undici anni all'uomo che uccise la moglie infedele per gelosia Il delitto in Val di Susa, sotto gli occhi delle figlie Undici anni all'uomo che uccise la moglie infedele per gelosia Alla fine di un violento alterco la strozzò - L'accusava di avere degli amanti al paese, dove un sensale aveva combinato l'infelice matrimonio - E' stato riconosciuto seminfermo di mente Giuseppe Cataro, 35 anni, l'exoperaio della Fiat che accecato dalla gelosia il 22 novembre '73 strozzò la moglie Teresa Amendolara, è stato condannato dalla corte d'assise a undici anni di reclusione e a tre anni di casa di cura, essendo stato riconosciuto seminfermo di mente e socialmente pericoloso. Il suo difensore, avvocato Gabri, aveva chiesto una condanna più mite, quella prevista dall'articolo 587 del codice, per il cosiddetto «delitto d'onore» (da 3 a 7 anni di carcere), che non ha mai trovato applicazione presso i ma- gistrati torinesi. La corte non ha I accolto questa tesi, anche se ha attentamente valutato la persona | lità del Cafaro, schiacciato da l eventi che l'hanno sempre visto i vittima delle circostanze: l'emi| grazione al Nord dal nativo paese di Colobraro (Matera) all'inizio degli Anni Sessanta, il duro tentativo di inserirsi in una società che fatalmente lo avrebbe emarginato, il matrimonio combinato da un sensale («ci vedemmo due volte — dice il Cafaro, descrivendo l'incontro con la futura moglie — la terza per il contratto»), tre figlie e quasi dieci anni di vita in comune trascorsi con una donna che non lo amava. Il pubblico ministero, dottor Maria Pia Astore, aveva chiesto 12 anni di carcere, «un tempo su/fi- ! cientemente lungo per punire un | uomo che si è macchiato di un delitto ma che deve poter sperare i di tornare nella società per rico- stituire una famiglia assieme alle i tre bambine, dieci, otto e sette anni, affidate alla carità pubblica ■ e attualmente ricoverate all'istilu- to Gonzaga di Susa». i La vittima, Teresa Amendolara aveva 32 anni ed era di un anno P'ù giovane del marito. Dopo il matrimonio nel '64 la donna si trasferì a Susa, nella frazione di Tradueviri, soltanto molto più tardi. Benché dall'unione fossero nate tre bimbe, Giuseppe Cafaro rimproverava alla donna il suo comportamento, a suo giudizio!I troppo libero. Laccusava di avere degli amanti a Colobraro. Al dibattimento sono venuti fuori due nomi. Ma è stata la testimonianza della figlia Maria, dieci anni, a dar corpo ai sospetti. La bambina ha raccontato che udiva spesso la sera prima di addormentarsi rumore in cucina: «£ra Vincenzo ! <un bottegaio di Colobraro) che I veniva a trovare la mamma. Cena- ! vano insieme e poi ballavano. Una ; volta li ho visti entrare in una camera». Una figura di donna completamente diversa emergeva invece ' dalle testimonianze dei vicini di : casa a Tradueviri. «Era trasandai (a, non bella, una come tante, ! spettinata. L'ho vista per un mese | di seguito con la stessa gonna», ha detto una vicina. Ma il rapporto dei carabinieri di Colobraro : parla di relazioni che la donna j sembra abbia avuto mentre il ma| rito lavorava nel Nord. Maria, assieme alle sorelline troppo piccole per capire quello che stava accadendo, fu la muta testimone del delitto, un alterco come tanti, finito tragicamente. La sfida lanciata dalle ultime parole della donna: «Ebbene sì, ho degli amanti e me li tengo», fu raccolta dal Cafaro che da giorni andava ripetendo generiche minacce verso la moglie. L'afferrò per il collo e strinse finché si ritrovò tra le mani un cadavere. Quando Maria, che era fuggita terrorizzata, tornò con i coniugi Bar, la donna era già morta. Come ha detto il suo difensore, Cafaro «aveva ucciso l'unico oggetto dei suoi desideri e dei suoi tormenti. Nella sua vita, segnata dal lavoro (dall'età di 9 anni finoji che si è occupato in fabbrica ha sempre lavorato la terra), senza vizi né distrazioni, l'unico compenso avrebbe potuto essere un matrimonio felice, o quanto meno tranquillo. Ha tentato di cambiare quello che la sorte gli aveva riservato ma non aveva scelta». ■k Tre tifosi iuventini saranno processati venerdì dalla prima sezione del tribunale in base alla nuova normativa, entrata da poco in vigore, per cui aste e bastoni che dovrebbero servire a portare bandiere, possono anche essere usati come corpi contundenti e come tali diventano armi improprie. I tre tifosi furono fermati ed identificati dopo il derby Torino-Juventus, giocato il 30 marzo scorso allo stadio cittadino. Giuseppe Cafaro in assise risponde alle domande dei giudici

Persone citate: Cafaro, Gabri, Giuseppe Cafaro, Gonzaga, Maria Pia Astore

Luoghi citati: Amendolara, Colobraro, Matera, Susa, Torino