Nuova musica dalla Spagna

Nuova musica dalla Spagna Halffter all'Auditorium Nuova musica dalla Spagna Nel concerto mondiale delle avanguardie musicali quella spagnola è arrivata per ultima. La giovane musica spagnola ha dovuto lottare contro la pesante ipoteca del folklore che un Manuel de Falla aveva già saputo avviare sulle vie della modernità, ma che nelle mani di altri musicisti meno geniali restava un fatto provinciale, reso opprimente da equivoci di natura politica. Una situazione che, ancora una quindicina d'anni or sono, pareva senza via d'uscita. Tra le forze animose che sono riuscite a sbloccarla, riportando la musica spagnola nella circolazione del gusto contemporaneo, si mise in luce Cristobal Halffter, nato a Madrid nel 1930 da famiglia di origine prussiana che aveva già dato alla Spagna due importanti musicisti, Rodolfo e Ernesto, entrambi emigrati dopo il 1939. Divenuto, per concorso, direttore del Conservatorio di Madrid a 32 anni, a 36 Cristobal se ne dimette, per attendere unicamente alla composizione e, da qualche anno, alla direzione d'orchestra. Nel frattempo ha fatto molto per accreditare la musica moderna presso autorità che la consideravano quasi come un tradimento della patria. L'accostamento di Halffter all'avanguardia è stato infatti graduale e spontaneo. Colpisce subito, nella sua evoluzione artistica, il tono di sincerità e di buona fede. E' uno che fa l'avanguardia perché non può farne a meno, non per partito preso di rompere i piatti e dissacrare tutto. Nuove e audaci sono le sue concezioni musicali; solidissimi e ben fondati i mezzi. Il suo «estro» — autentico ed ingegnoso —, è «armonico», cioè ha tutte le carte in regola perfino da un punto di vista conservatoriale e scolastico. Procesional, per due pianoforti e orchestra di strumenti a fiato e percussione, è uno dei suoi lavori più recenti (1974) e mette a frutto ancora una volta le inesauribili risorse della forma ad arco ternaria. Da una nota isolata e reiterata d'uno dei pianoforti si sviluppa lentamente un gioco d'atmosfere orchestrali, trascoloranti fasce sonore dei fiati su cui i pianoforti sovrappongono arabeschi dall'apparenza casuale, distaccata. Questa prima sezione, di lenta autointegrazione, un po' alla maniera di Ligeti, è protratta molto a lungo in abile dissimmetria rispetto alle due che seguono. Quando l'ascoltatore è ormai quasi rassegnato a non aspettarsi altro dal pezzo che questo statico caleidoscopio sonoro, a poco a poco tutto l'apparato comincia a fremere interiormente, ad agitarsi, come il latte che sta per bollire e fa la schiuma e infine trabocca irrefrenabile. Un tremendo colpo di piatti scatena il finimondo. Le mani dei pianisti tempestano impazzite sulle tastiere, ora perfettamente integrate nel parossismo orchestrale. La «processione» è al suo punto culminante. La percussione evoca scariche di fucileria nelle strade d'una città insorta, come ci era avvenuto di pensare per il Diario polacco di Nono. Questo cataclisma è parzialmente aleatorio: ogni tanto il direttore-autore si volta indietro a prendere l'imbeccata dai pianisti (uno dei quali è sua moglie), per sape re se può scatenare la prossima mazzata dell'orchestra Poi a poco a poco la «processione» si allontana, e si ha il regresso alle fasce orchestrali che trascolorano, molto più brevi che nella prolungata tensione dell'inizio; i pianoforti diradano le loro punteggiature, i timbri del corno, del corno inglese, del clarinetto basso e del flauto in sol introducono di soppiatto queruli e quasi tristaniani abbozzi di melodie, e alla fine la nota iniziale del pianoforte riassorbe nel silenzio l'evento sonoro che si è dispiegato con l'ineluttabilità di un fenomeno naturale. Un bel pezzo, che i bravi solisti Maria Manuela Caro e Manuel Carra hanno eseguito strenuamente, quasi selvaggiamente, infilandosi le mani entro mezzi guanti, per difenderle dall'impatto tremendo sulle tastiere. Poco spagnolo, questo Procesional? Mah! Se sono spagnoli Goya e Velazquez, una cert'aria di casa si sente in questo scatenamento di violenza drammatica. I fiati o le percussioni della Rai ci si sono impegnati a fondo con successo. Col suo fisico da discesista (lo è realmente) Halffter sta diventando un direttore elegantissimo ed efficace. Senza nessuno dei traumi che hanno contrassegnato recentemente il passaggio d'un altro illustre contemporaneo, ha saputo fare assorbire all'orchestra anche le difficilissime combinazioni di Anillos, uno dei suoi pezzi più polemicamente avanzati. Inoltre, gli Homenajes di Manuel de Falla, che meriterebbero un lungo discorso, e una curiosa Sinfonia per il Barbiere di Siviglia, scritta dal musicista-impresario Ramon Carnicer, ad uso dei suoi teatri di Barcellona e di Madrid. Cordialità di applausi da parte dello scarso pubblico. m. m.

Luoghi citati: Barcellona, Madrid, Siviglia, Spagna