Nato: la crisi che viene dal Mar Mediterraneo di Renato Proni

Nato: la crisi che viene dal Mar Mediterraneo Nato: la crisi che viene dal Mar Mediterraneo (Dal nostro corrispondente) Bruxelles, 5 maggio. 11 problema della slabilità nell'area del Mediterraneo appare il più urgente se — come si prevede — il presidente Ford, al vertice della Nato di Bruxelles a fine maggio, rialTermcrà solennemente il suo impegno in Europa e se l'America del dopo-Vietnam concentrerà i suoi sforzi nelle zone del mondo per essa vitali. Non sappiamo se csistano motivi storico-sociali per questo fenomeno, ma la crisi dell'Alleanza Atlantica, che ha molte ragioni e non tutte di origine europea, si manifesta più acutamente nelle nazioni che si affacciano sul Mediterraneo, mentre Germania, Gran Bretagna, Olanda, Danimarca, Belgio, Norvegia ecc. costituiscono — al Nord — la catena più salda della Nato. Sono Portogallo, Turchia, Grecia e anche Italia (trascuriamo volutamente la Francia) che offrono motivi di incertezza, per cause diverse ma tutte suscettibili di provocare un grave cedimento. Alcuni di questi Paesi atlantici, inoltre, sono geograficamente vicini alla polveriera mediorientale, il che influisce negativamente sulla stabilità della zona pur non riguardando direttamente, come Cipro, l'Alleanza. Nato. Stati Uniti e Gran Bretagna hanno tentato senza successo di risolvere il conflitto turcogreco, che ha aperto una falla nello schieramento sud-orientale della Nato. Il Portogallo è retto da un regime di militari che potrebbe condurre all'aggiramento delle posizioni centrali dell'Alleanza. L'impegno italiano nell'Alleanza potrà essere influenza¬ to in futuro da uno sbocco politico non particolarmente gradito a Bruxelles, perche potrebbe indebolire il lato meridionale della Nato. L'Alleanza non ha ancora messo a punto per l'area mediterranea una politica globale che vada al di là della presenza della Sesta Flotta americana. La Nato crede che la Unione Sovietica sarà indotta a non sfruttare a fondo certe eventuali opportunità d'accrescere la sua influenza nel Mediterraneo per non compromettere la distensione con gli Stati Uniti. Questa tesi si basa, però, su due « variabili »: che gli Usa facciano veramente dell'Europa il banco di prova della distensione, che il Cremlino continui a condurre una politica di ragionata cautela. Il caso più attuale è quello del Portogallo. Come reagirebbe la Nato se il regime di Lisbona attuasse un capovolgimento delle alleanze, arrivando al punto di affittare basi militari all'Unione Sovietica nelle Azzorre? Qui si sostiene che una simile mossa sarebbe un grave sintomo del fallimento della distensione internazionale. In questo caso, infatti, gli interessati avvertimenti della Cina sulle intenzioni sovietiche in Europa — oggi fuori della realtà — comincerebbero a prendere un minimo di sostanza. Si sarebbe tentati di riflettere che oggi lo scudo dell'Europa contro presunte — e mai provate — tentazioni di espansione sovietica è rappresentato più dalla distensione che dai missili nucleari, anche se la Nato ha reso possibile, e porta avanti, il programma di délente delle superpotenze. Ma è vero che la distensione in Europa è an¬ che confronto, e per questo si conta sull'intesa non esplicita che consente alle superpotenze di « trarre vantaggi compatibili con il mantenimento della distensione». Questo è il punto. Questa formula, forse ambigua ma per ora non facilmente sostituibile, sarà sufficiente per mantenere la stabilità e gli equilibri politici e strategici in Europa? Troppe sono le incognite per tentare una previsione a lunga scadenza, ma nel futuro prossimo è probabile che lo sia. In questo delicato complesso di equilibri non immutabili, ma neppure totalmente o repentinamente sovvertibili, gli europei potranno trovare, per quanto riguarda la Nato, le loro soluzioni nazionali. I marmes non sbarcheranno su nessuna spiaggia europea, se un Paese sceglierà una strada che contrasta con gli interessi generali dell'Alleanza. L'Unione Sovietica, però, deve menager certe situazioni o rischiare un ritorno alle tensioni e ai rischi della guerra fredda. La Nato, in ogni caso non dà per « perso » nessun Paese, neppure il Portogallo, ove si spera nel rafforzamento dell'ala moderata del Movimento delle forze armate e nel peso di una opinione pubblica che nelle recenti elezioni ha fatto una scelta socialista ma tendenzialmente occidentale. Per ora, gli alleati europei chiedono a Ford di mantenere gli impegni sul continente, ma il Presidente americano farà altrettanto: il burden sharing (o divisione dei costi) non si applica soltanto agli armamenti ma alla responsabilità collettiva in sede politica e militare. Renato Proni