Cominciato (lui, però, il processo Bozano non si è fatto vivo) di Filiberto Dani

Cominciato (lui, però, il processo Bozano non si è fatto vivo) L'appello a Genova e delusione del pubblico Cominciato (lui, però, il processo Bozano non si è fatto vivo) Per la parte civile "l'imputato non si mostra in aula perché ha paura della giustizia e cerca di guadagnare tempo" - Lunedì rievocata tutta la tragica vicenda (Dal nostro inviato speciale) Genova, 2 maggio. Il secondo processo a Lorenzo Bozano si è finalmente messo in moto, ha superato lo scoglio delle questioni pregiudiziali, è entrato nel vivo dei- fatti con la relazione del giudice a latere. Un deciso colpo di acceleratore, insomma, che ha disincagliato il dibattimento dalle secche in cui era andato ad arenarsi a causa della nuova istanza di ricusazione presentata dall'imputato contro il presidente Beniamino De Vita, del ricovero in ospedale dello stesso imputato alla vigilia della prima udienza e, per finire, del rifiuto di Lorenzo Bozano di essere giudicato a Genova. La scienza giuridica, si sa, è piuttosto noiosa e siccome ha dominato l'intera udienza del mattino, il taccuino del cronista si è riempito di aride annotazioni. Oltretutto l'imputato, come aveva annunciato, si è tenuto lontano dall'aula per cui, mancando l'attrazione principale del processo, il folto pubblico ha assistito senza entusiasmo alle grandi manovre degli avvocati. Questa volta non ci sono neppure stati i fragorosi applausi «colpevolisti» della prima udienza. Il presidente ha avvertito di non essere disposto a tollerare «manifestazioni clamorose, siano esse di assenso o di dissenso», ammonendo che se fossero avvenute, l'udienza sarebbe proseguita a porte chiuse. Il processo, dunque, va avanti, le questioni pregiudiziali poste dalla difesa di Lorenzo Bozano non intaccano la legittimità del suo svolgimento, l'imputato deve essere tuttora considerato contumace, cioè assente ingiustificato. L'istanza di ricusazione. Sosteneva, per la seconda volta, che il presidente della corte d'assise d'appello di Genova Beniamino De Vita aveva espresso pubblicamente un «convincimento di colpevolezza», ma la corte di cassazione l'ha dichiarata inammissibile. La contumacia dell'imputato. Lorenzo Bozano si è fatto ricoverare al «San Martino» di Genova per una colica renale la sera del 17 aprile, vigilia del processo d'appello, ma i giudici non hanno creduto alla sua malattia. Attacca il primo difensore, l'avvocato Giovanni Consoli: «Lorenzo Bozano non si è inventato la colica renale: la cartella clinica lo dice a chiare lettere e dice anche che la sua degenza è durata sette giorni. La colica renale ha quindi impedito all'imputato di essere presente, come è suo diritto, al dibattimento. Il processo, pertanto, deve essere rinviato a nuovo ruolo». La legittima suspicione. Interviene il secondo difensore, l'avvocato Giovanni Gramatica: «Vi sono Ultre questioni che suggeriscono l'opportunità di un rinvio: prima fra tutte, l'istanza di legittima suspicione che dovrà essere esaminata dalla corte di cassazione. Il processo non può proseguire con questa spina nel fianco. E' vero che l'imputato è stato assolto dalla corte d'assise, ma è altrettanto vero che è già stato condannato dall'opinione pubblica a causa del clima di astio che si è creato attorno a lui. Il rinvio è imposto miche dalla necessità di dar modo ai suoi nuovi patroni di predisporre un'adeguata difesa». La parte civile, ovviamente. non è d'accordo, come non lo è il procuratore generale. Per l'avvocato Alfredo Biondi, le manovre che l'imputato fa per allontanare nel tempo il processo, altro non sono che «tentativi di eludere il giudizio», «scappatoie», «uscite di sicurezza». E' così anche per l'avvocato Luca Ciurlo, il quale esprime tutto il suo stupore «per l'originale condotta di Lorenzo Bozano che manda allo sbaraglio i propri difensori». «Lorenzo Bozano — dice ancora — sta perfettamen¬ te bene, non si mostra in arda perché ha paura della giustizia, cerca soltanto di guadagnare tempo». Sono le dieci e quarantacinque. I giudici si ritirano in camera di consiglio e ne escono dopo due ore e un quarto con un'ordinanza che dà torto all'imputato: l'impedimento dovuto all'asserita colica renale non è stato provato, comunque non gli ha procurato al| cun danno perché nel corso della prima udienza «non è stata svolta nessuna attività processuale». A ogni buon conto, argomentano i giudici, quell'impedimento, se c'è stato, adesso è venuto a cessare, per cui «non si ravvisa alcun apprezzabile interesse per l'imputato a far revocare la dichiarazione dì contumacia». L'ordinanza spende poche parole per le altre due questioni: l'istanza di legittima suspicione non sospende il giudizio, i difensori hanno già avuto tempo più che sufficiente per lo studio degli atti processuali. Si è fatto tardi, il dibattimento viene sospeso, si torna in aula alle tre e mezzo del pomeriggio. Adesso si tratta di riepilogare tutta la tragica vicenda, la relazione, centottantasette pagine dattiloscritte, è affidata al giudice a latere Romolo Scala. Tre ore abbondanti di lettura (ci sarà un seguito aìla prossima udienza, lunedì), un'esposizione asciutta, densa, precisa: il film della tragica vicenda di Milena Sutter. Dal rapimento della ragazza (6 maggio 1971) al ritrovamento del suo corpo sfigurato da quattordici giorni d'immersione in mare, dall'arresto di Lorenzo Bozano il «biondino dalla spider rossa». alla sentenza di rinvio a giudizio, dall'istruttoria dibattimentale alla sentenza di assoluzione per insufficienza di prove emessa dai giudici di primo grado e ai motivi di appello. Filiberto Dani | Genova. Il padre di Milena Sutter, in aula (tel. Nazzaro)

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