"Auguro una giunta stabile e sani criteri manageriali"

"Auguro una giunta stabile e sani criteri manageriali" Dopo 30 anni il prof. Jona lascia l'attività politica "Auguro una giunta stabile e sani criteri manageriali" Le finanze della Provincia dal '45 al '56 - Ospedali, scuole, strade, trafori e le "famigerate" autostrade - Prosindaco con Peyron e Anselmetti, guidò la città per 5 mesi sino alla nomina di Grosso nel '65 - Dal '66 capeggiava l'opposizione liberale 11 prof. Luciano Jona ha 78 anni, ma non li dimostra. All'amministrazione pubblica ha dato trent'anni, compiuti proprio in questi giorni. Precisa: «Mercoledì ho partecipato per l'ultima volta al consiglio comunale, capo gruppo del pli. Ora ho deciso di ritirarmi dalla vita politica, è anche giusto che mi dedichi a me ». Ha la presidenza dell'Istituto San Paolo, la sua gemma (è ormai lanciato sul piano dei grandi organismi finanziari internazionali); ha il suo studio di professionista, è pensionato con 280 mila lire al mese dopo 47 anni di insegnamento universitario. « Ho anche la pensione di guerra, 80 mila lire: nella difesa del Grappa ero ufficiale degli alpini, là sul campo ebbi la medaglia d'argento al valor militare. E' una delle due cose che la prego di non dimenticare, la seconda è la designazione del Cln nell'aprile '45 a deputato provinciale per il pli nell'amministrazione della Provincia di Torino libera». Potrebbe dire molte altre cose: delle sue lotte contro il fascismo squadrista (militò nel partito liberale dal '19 sino allo scioglimento nel '26); delle persecuzioni razziali (nel '38 fu estromesso dall'insegnamento universitario e sotto falso nome dovette celarsi in località sperdute dell'Astigiano, potrebbe avere le insegne di partigiano garibaldino ad honorem); ma della sua vita ci tiene a quei due episodi. Il terzo lo aggiungo io: la sua attività di amministratore pubblico. « Può tracciare una sintesi di questi ultimi trent'anni? ». Volontà di fare Jona spiana la fronte, volto simpatico, occhi pieni di arguzia. « Distinguerei quattro lasi. La prima è la fase della ricostruzione. Parlo della Provincia: c'era gente con una gran volontà di lare, il meno attaccata possibile alle questioni di partito e tutta protesa alle opere. Avevamo davanti a noi un Paese sconvolto dalle distruzioni, non c'era tempo per le chiacchiere ». Assunse l'assessorato alle finanze, la situazione era disastrosa: le entrate della Provincia non coprivano neppure le spese di gestione degli ospedali psichiatrici. Per gli altri settori, strade, scuole, sanità, non c'erano fondi. Dal '45 al '56 l'assessore Jona assestò in modo solido la finanza della Provincia, pareggio reale, mezzi sufficienti alla copertura di tutte le opere necessarie. Nel '56 la Provincia disponeva di una riserva utilizzabile pari a 6 mesi di introiti fiscali. Nel frattempo si erano sistemati i manicomi (nel '45 i bimbi malati erano ospiti di via Giulio, il tetro edificio del Talucchi, affidati alle cure delle donne ricoverate), l'Istituto per l'infanzia (quello di via Saccarelli era una topaia e i bambini furono accolti in corso Lonza, una delle più signorili cliniche private della città), nuove scuole per gli istituti scientifici, i trafori del S. Bernardo e del Monte Bianco, le autostrade per Aosta e Piacenza. « Le famigerate autostrade — Jona si agita con il vigore polemico di un giovane —, qui siamo alla seconda fase, quella dell'attivazione di Torino. Se non avessimo fatto allora le autostrade, immagina lei la situazione in cui si troverebbe il Piemonte? Bisognava rompere l'isolamento della regione. Le ferrovie ci hanno messo 120 anni per risolvere il problema delle comunicazioni con Milano strozzate dal binario unico sul ponte del Ticino, ricorda i rallentamenti che facevano ridere tutta Italia? Il ponte dei tempi di Cavour, distrutto dalle bombe, era stato ricostruito tale e quale, metà per il binario dei treni e metà per il traffico, con la differenza che al posto dei cavalli passavano i camion. E i treni per Roma? E gli aerei? Da Caselle ne partiva uno al mattino e tornava alla sera. Che speranze di sviluppo poteva avere il Piemonte? Allora ci siamo battuti su tutti i fronti, anche per i trafori e le autostrade ». L'immigrazione Adesso si può dire che viviamo di rendita sullo slancio di quegli anni. Certo Jona compì operazioni finanziarle provvidenziali, qualcuno le definì « speculazioni a vantaggio dell'ente pubblico ». E' questione di fiuto, capacità e saggezza. Terza fase: l'immigrazione. Jona fu eletto nel '60 in Provincia e in Comune, optò per la città. La giunta Peyron lo ebbe prò sindaco e assessore ai servizi finanziari per la sanità. La cronaca ricorda le realizzazioni nel campo ospedaliero; cito la più indicativa: l'acquisizione del convalescenziario dell'Eremo al S. Giovanni, 300 letti, dietro un modico onere d'affìtto alla Curia. Ma il problema più grave fu l'immigrazione. Jona dice: « Ogni anno erano 60 mila persone in più, nessuna città in Italia ebbe un fenomeno di simili proporzioni. Bisogna riconoscere che gli uomini e le istituzioni furono colti impreparati. Si fecero errori, come quello di ritenere che bastasse dare un lavoro per risolvere tutti i problemi, invece se ne risolveva uno solo. La classe politica mancò di capacità e di fantasia. I tecnici erano pochi e spesso ve¬ nivano allontanati da visioni estrame alla realtà del momento». Nel '64 prò sindaco con Anselmetti (« un uomo di polso, vero capitano d'impresa»), Jona viene incaricato di trattare con un gruppo di banche inglesi un prestito al Comune. Slamo nella prima crisi economica dopo il boom, occorrono fondi per opere pubbliche e per l'occupazione. Torino ottiene un credito a condizioni di eccezionale vantaggio. Nell'ottobre '64 muore d'Improvviso Anselmetti e Jona guida la città fino al febbraio '65, elezione della | giunta Grosso, nella quale rimane ' prò sindaco. Si stacca nell'ottobre '66, quando si forma il centro-sinistra. Da quel momento Jona capeggerà l'opposizione liberale. « La mia non poteva essere una politica del tanto peggio tanto meglio. Molto più spesso di quanto la cittadinanza potesse avvertirlo, provvedimenti utili per Torino che si trascinavano per le diatribe interne del centrosinistra sono andati in porto grazie al voto determinante dato dai liberali, senza contropartite sotto banco ». Niente vitalizi E la quarta fase? « E' questa, dal '66 in poi, quando la crisi è esplosa ed è stata via via aggravata da uomini espressi dai partiti e mandati a fare esperienza nell'amministrazione del Comune e delle sue aziende. Questo è un primo errore; il secondo è di aver politicizzato organi puramente amministrativi. I criteri di sana amministrazione sono identici tanto nel sistema capitalistico quanto in quello collettivista. La cura medica non varia secondo la tessera politica ». Indicazioni per il futuro? « Soltanto auguri. Oggi l'ente pubblico deve avere più spazio dì 50 anni fa: certi servizi devono essere assunti dalla collettività, , ma nell'interesse di tutti, non per I costituire gruppi di potere. Io • auguro: 1 ) maggioranza stabile ! in Consiglio comunale con u.ia giunta che faccia un programma e possa applicarlo; 2) si affrontino con criteri manageriali l problemi del Comune e delle sue aziende; 3) si diano a queste aziende uomini capaci e muniti di poteri con responsabilità personali, troppo spesso gli errori dei singoli sono pagati dalla collettività. E finiamola con il sistema di affidare a gente incapace un j potere a cui non è preparata sol■ tanto per distribuire vitalizi ». f. b. | ' Il prof. Luciano Jona, presidente dell'Istituto San Paolo

Persone citate: Anselmetti, Cavour, Luciano Jona, Peyron