Così fu perduta Saigon di Ennio Caretto

Così fu perduta Saigon I RETROSCENA DELL'ULTIMO ASSALTO NORDVIETNAMITA Così fu perduta Saigon Sembrava possibile una soluzione politica del conflitto, ma lo spettacolo di un regime diviso anche nel pericolo indusse Hanoi, il 26 aprile, alla conquista della città - Dalla sanguinosa ritirata del marzo alle lacrime del dimissionario Thieu ] 1 j 1 (Dal nostro inviato speciale) Saigon. 2 maggio. Sulla Città di Ho Chi Minh sventola la bandiera rossa e blu con la stella gialla del Vietnam del Nord. Carri armati « T. 54 » di fabbricazione sovietica presidiano Palazzo Indipendenza, il ministero della Difesa e l'ex ambasciata americana. Lungo Tu Do, popolata fino a tre giorni fa da prostitute, borsaioli e mendicanti, sfilano i soldati di Hanoi in divisa e casco verdi. Nei cinematografi, documentari politici sostituiscono a poco a poco le pellicole pornografiche e i western all'italiana. Saigon « la douce » sta mutando volto: sul mondo coloniale descritto da Graham Greene, s'innesta l'imperiosa ideologia comunista. Al posto delle scritte in lingua inglese appaiono i ritratti dei leaders rivoluzionari; la veranda del « Continental Hotel » non ospita più la ricca borghesia ma i propagandisti del partilo, perfino le donne abbandonano lo splendido ao dai, la tunica e i calzoni, per il rigido vestito nero dei vietcong. Chi pensava che il Sud Vietnam sarebbe caduto cosi facilmente e così presto? Le dimissioni di Van Thieu e l'avvento al potere di «Big» Minh avevano riacceso le speranze di un accordo, e non si prevedevano offensive, prima del 19 maggio, anniversario della nascita di Ho Chi Minh. La via della pace e del « neutralismo a sinistra » sembrava ancora aperta: alla vittoria militare, si diceva, il Nord Vietnam preferirà senz'altro quella politica, attraverso l'applicazione del Trattato di Parigi. E' stata Hanoi medesima a spiegare che la conquista di Saigon fu decisa soltanto sabato 26 aprile. Alle sue truppe motocorazzate, che avevano giocato col nemico come il gatto con il topo, bastò lo attacco all'aeroporto, a Tori Son Nhut, per far crollare ogni difesa. Senza dubbio, penserà la storia a stabilire le ragioni ì della disfatta del Sud Viet| nani. Ma la cronaca e i retroI scena dei due mesi che hanno sconvolto l'Indocina offrono già utili elementi di giudizio. Nel confronto decisivo, Saigon ha denunciato uno spaventoso vuoto militare, politico e morale. Si è visto che quindici anni e 250 miliardi di dollari in aiuti americani (dieci volte tanto il costo dello sbarco sulla Luna) non erano vai- si a nulla. Incapace di espri- I mere valori propri o una I classe dirigente, sordo alle \ istanze popolari, il regime si \ è dissolto. I Forse, l'inefficienza bellica \ è stata il motivo primo del disasti-o. Il Sud Vietnam aveva ereditato dall'America un terribile arsenale, ma non i mezzi per rimodernarlo. Mentre l'Urss quadruplicava le forniture ad Hanoi, gli venivano a mancare i tecnici, le munizioni e le armi nuove. Israele si troverebbe in una situazione simile nei confronti dell'Egitto, se il Congresso di Washington se ne disamorasse. Una leadership corrotta alimentava inoltre le proprie fortune personali rubando sulle spese di guerra e sulle paghe dei soldati (il giorno dello sgombero, un generale è fuggito con una valigia di lingotti d'oro). Infine, nel timore di un golpe, Van Thieu aveva diviso l'aviazione, affldando- la a quattro diversi coman- di regionali e privandola di collegamenti. Le forze armate erano così rimaste senza fiducia e disciplina, degenerando in organi di polizia interna o in strumenti di saccheggio. Dal confine Contrariamente a quanto si crede, l'agonia di Saigon ebbe inizio non a marzo, ma a febbraio, quando il regime decretò il ritiro della riserva strategica dall'estremo Nord. Per difendere i confini, esso aveva impegnato tra Quang Tri e Da Nang oltre il 50 per cento degli armamenti e delle truppe, i - , à . a - compresi ì corpi mobili dei Rangers, dei Para e dei Marines. L'offensiva comunista sugli altopiani centrali e nel. Delta del Mekong (la cosiddetta guerra per il raccolto del riso) trovò sguarnito il regime che, in gran segreto, spostò interi reggimenti, per scoprire però con tragico ritardo che il Vietcong aveva tagliato molte vie di comunicazione. L'ultima fase del conflitto scoppiò quando i sistemi logì! stici erano ormai paralizzati. Probabilmente, la storia individuerà nel 10 marzo, ■ cioè nella caduta di Bau Me j Thuot, la città dei piantatori ; di gomma d'origine italiana, I la data cruciale del 1975. Van Thieu sì rese conto che il I nemico stava spaccando il 1 Sud Vietnam in due, e il 14 j successivo, all'insaputa degli I americani, ordinò la ritirata \ verso Da Nang e sulla costa. Fu un massacro. Le forze ■ comuniste falcidiarono i sol- | dati e i profughi in fuga da i Pleiku e da Kontum, semi- | nando il panico. L'aviazione j non potè intervenire. Il 20 crollò anche Quang Tri, l'u- nico centro dov'era stato rea- lizzato in parte il Trattato di Parigi. Le vittorie colsero di sor- j presa lo stesso Politburo nordvietnamita, che il 21 e 22, mentre veniva occupata anche Hué, l'antica capitale dell'Annam, ribadì le sue proposte di negoziati: èva-citazione degli americani, dissolvimento del regime, smembramento della sua « macchina da guerra ». C'è da credere che se Van Thieu l \ sj /osse dimesso immediuta- : - ì n I r - | l. - ' a 1 e . n io e a- : ni, - ì mente, lasciando il governo alla terza forza pacifista e neutralista, il conflitto si sa-rebbe ancora risolto con un compromesso politico. Afebbraio, infatti, sia Mosca, sia Pechino avevano approvato la campagna militare, però con un obiettivo limi-tato, la « liberazione » delle regioni settentrionali del Sud Vietnam: la presa diSaigon era stata rinviata al '76. Ma Van Thieu respinsel'apertura, forse fidando su-gli impegni assunti da Kissinger nel '73, e illudendo-si di poter forzare Washin-gton a intervenire con le armi. L'esercito rosso arrivòcosì a Da Nang. // destino dell'Indocina veti- ne giocato tra il 29 e il 31 marzo. Il Politburo nordviet-munita tenne una riunioneI ininterrotta di tre giorni. Al-o - : o \ cimi proponevano di spinge, sea l o o o i o o l a a ooe a e i l si sino alle regioni intorno a Saigon, altri preterivano fermarsi e consolidare le proprie posizioni. I primi addiicevano il momento favorevole, i secondi denunciavanola mancanza di strutture so cialiste nei territori già occupati. Fu Pham Hung. il numero quattro della gerarchia, diretto responsabile j dell'operazione e « superviI sore » del Vietcong, a dare I corda ai « falchi ». « E' im! minente la presa di Phnom ! Penh — disse — e il suo effetto sarà enorme. Perché 1 perdere tempo? Non corriaI mo nessun rischio ». Al teri mine della settimana stteces-I siva. dopo una fulminea avanzata, le truppe comuni\ I ste assediavano Xuan Loc. In questa fase si delineò - ! la mediazione della Frati- a { eia. Il Sud Vietnam era in t ginocchio. Aveva lasciato all nemico circa 200 elicotteri. 150 aerei, 300 cannoni e carri armati. Su 5 divisioni e 10 reggimenti autonomi, aveva salvato appena 23 mila uomini, peraltro in stato dì semiammutinamento. Lo soffocavano uno. forse due milioni di profughi, orde sofferenti che scuotevano l'opinione pubblica mondiale. Parigi mandò ad Hanoi Raymond Aubrac. un funzionaI rio della Fao, e a Pechino i l'ex ambasciatore Etienne '■ Manach. amici, rispettivamente, di Ho Chi Minh e Ciu En-lai. Vi sono indizi che a mela aprile Washington non aveva ancora escluso un intervento armato. I piani per l'evacuazione dei cittadini americani a Saigon erano tali da consentire un incidente da Golfo del Tonchino icon cui Johnson, nel '64, ; ottenne il permesso per lo j sbarco dei G. Li. L'ambascia' tore Graham Martin rifiuta- ■ va inoltre di esercitare pres: sioni su Van Thieu per un : avvicendamento democrati; co del potere. Toccò alla I Francia richiamare gli alleaj ti alla realtà. La leggenda I vuole che il despota sudviet- namita si sia dimesso dopo aver visto ì propri soldati profanare, in un gesto di disperata vendetta, la tomba di famiglia alla periferia di \ Phan Rang. la sua città nai tale. Ma le cose andarono al| trimenti. Il 19 aprile, Hanoi e il Vietcong presentarono | a Parigi un ultimatum di j 48 ore per la partenza di Van Thieu. Illustrarono an- ■ che su una mappa militare l'accerchiamento di Saigon. Domenica 20. tre generali. I il capo di stato maggiore Cao Van Vien. il comandan! te della regione della capitale Nguyen Van Toan e quello dei marìnes Dang Van Quang giunsero in eli: cottero a Palazzo Indipen- ■ denza. Van Thieu si era chiuso nel suo bunker sotterra- \ neo. L'indusse a uscire l'ambasciatore americano Martin. « Monsieur le Président — dissero i tre altissimi uffì; ciali — la guerre est finie ». Martin abbassò la testa e parlò dell'ultimatum. LuneI dì 21, Van Thieu si dimetteva in lacrime. Non prende¬ va il suo posto « Big » Minh. ma il vicepresidente Huong, un anziano studioso di Confucio, semicieco. Contemporaneamente, il generale Cao Van Vien formava, insieme col maresciallo dell'aria Cao Ky, emerso dall'opposizione, una specie di direttorio militare. Protervi e ottusi C'è nei 'regimi votati alla distruzione una proterva ottusità. In quel momento, Hanoi e il Vietcong non avevano ancora concordato la conquista di Saigon. Ma nell'assistere allo spettacolo di una classe politica divisa anche nel pericolo, abbandonarono ogni moderazione. L'ordine di conquista della capitale parti il 26 aprile, il giorno prima dell'ingresso di « Big » Minh a Palazzo Indipendenza, e poche ore dopo il fiasco di un estremo tentativo di pace di Huong. Quella notte stessa, Saigon fu colpita dai mìssili, e il 27 incominciò il cannoneggiamento dell'aeroporto. La vicenda era conclusa. Il bilancio politico di questa campagna folgorante si potrà avere presto. Entro un lasso ragionevole di tempo, si creerà forse una confederazione tra il Nord e il Sud I Vietnam. Con le risaie del ■ Mekong. ì pozzi del petrolio I di Vung Tati, la tecnologia strappata agli americani, il Paese diventerà una potenza anche economica. Non si sa! pra invece mai l'esatto bij lancio delle vite umane sa! crificate, delle atrocità commesse da entrambe le parti, dei tormenti patiti dalla popolazione. Vale la pena di ricordare che negli ultimi 15 | anni, sino a gennaio, il coni flitto di Indocina aveva fatj to 2 milioni e 120 mila mor! ti, più di tre milioni e 650 mila feriti o mutilati, 12 mi| lioni di profughi o senzaI tetto. E' una responsabilità | che pesa non solo sulle spaii le degli americani, ma an! che dei conquistatori venuti \ dal Nord, che ieri hanno celebrato in tripudio la festa del Primo Maggio a Saigon, ribattezzata col nome di Ho Chi Minh. Ennio Caretto I i '■ ; j ' ■ : : ; I j I \ i | | j ■ I Saigon, 29 aprile. Gli ultimi fuggiaschi, all'imbarco sulla « Blue Ridge » (Tel. Ap)