Il primo calcolatore del 1642] accanto all'ultimo computer

Il primo calcolatore del 1642] accanto all'ultimo computer Milano: museo europeo dell'«informatica» Il primo calcolatore del 1642] accanto all'ultimo computer . Tutti gli strumenti e i loro campi d'applicazione (medicina, industria, scuola, ricerca scientifica) di cui oggi non possiamo fare a meno - Audiovisivi che spiegano, in modo accessibile a tutti, come funziona il più sofisticato degli elaboratori moderni (Dal nostro inviato speciale) Milano, 30 aprile. Milano ha, da ieri, il primo museo europeo della «informatica». Questa strana parola, che vuole dire semplicemente automatica, è ora di uso corrente nel nostro linguaggio e, ciò che più conta, nella nostra vita. Senza di essa, vale a dire senza i calcolatori elettronici e gli altri mezzi per il trattamento autono mo delle informazioni, non sarebbe stato possibile né andare sulla Luna, né costruire gli odierni aerei a reazione, capaci di attraversare l'oceano in poche ore, né realizzare gli esperimenti di fisica subnucleare tipo Frascati o Ginevra o Brookhaven, miranti a scoprire l'intima struttura della materia e dell'energia. In una parola, non sarebbe stato possibile conseguire tutti i progressi che sono stati ottenuti negli ultimi due decenni nella automatizzazione industriale, nella tecnologia del radar e del laser, nella lotta agli inquinamenti o alle difficoltà ecologiche mediante modelli matematici nell'analisi scientifica, nella prospezione geologica, nella navigazione spaziale. Si dica quel che si vuole dei «limiti allo sviluppo» che il mondo dovrebbe imporsi, secondo alcuni, per sopravvivere a lunga scadenza; per il momento, almeno, è certo che la vita della società culturale attuale dipende, in larghissima e sempre crescente misura, da cotesti strumenti fatti di fili elettrici, lampadine e strani bagliori guizzanti che in un milionesimo o in miliardesimo di secondo rispondono alle nostre domande. Qui, nella nuova sezione del museo nazionale della scienza e della tecnica di via San Vittore a Milano, sezione dedicata all'informatica e inaugurata appunto oggi, viene offerta al pubblico una visione complessiva e ravvicinata di una delle più grandi avventure dello spirito umano. Dalla prima addizionatrice meccanica, ideata nel 1642 da Blaise Pascal, al prosaico scopo di facilitare i calcoli del padre esattore delle tasse, ai modelli di Leibniz, al telaio di Falcon (che ebbe la geniale idea della scheda perforata, ancor oggi valida), alla macchina analitica di Babbage, alla «millionaire»' di Otto Steiger, alla tabulatrice di Herman Hollerith, è un continuo sviluppo teso ad un solo scopo, non già affidare alla macchina i compiti dell'uomo (lo elaboratore elettronico non è mai in grado di «pensare»), ma costruire una macchina che, su indicazioni dell'uomo, esegua con la maggior rapidità possibile e con il massimo di affidamento, ogni sorta di calcolo e — cosa ancora più importante — possa analizzare, selezionare e comporre insieme i dati ricevuti. Tutto ciò è documentato ed esposto nella nuova sezione del mvseo (dovuta, oltre che alla passione del presidente Ogliari, al generoso contributo di fondi ed opere della Ibm) attraverso modelli, fotografie, esemplari autentici, disegni, diagrammi. Ma non è I che la parte introduttiva. E' dal 1945 che i moderni elaboratori hanno preso lo sviluppo travolgente che ancora li caratterizza: tre generazioni, come le qualificano gli studiosi; la prima con le valvole termoioniche, ancora ingombranti e rumorosi, la seconda già più compatti, con i «transistors», la terza con i circuiti integrati. Per arrivare infine alla quarta generazione, quella attuale in cui il «softivaro (vale a dire, i programmi o istruzioni di lavoro) è ormai più importante della stessa «hardware», vale a dire il congegno meccanico e nella quale larga parte è fatta di terminali, all'uso pratico, cioè dallo strumento, che può essere adoperato contemporaneamente in tempo reale da decine e decine di utilizzatori. Questa sezione modernissima della scienza dell'informatica — dove le novità tecnologiche si susseguono a distanza di mesi, non di anni — è trattata a fondo, nel nuovo reparto del museo milanese, e vorremmo dire in maniera esemplare. Qualsiasi ragazzo delle medie che si avvalga, supponiamo, del curioso espe¬ diente audiovisivo ideato dagli espositori, può rendersi conto attraverso un esempio semplicissimo, ma non per tanto meno valido, (quanto fa due più uno?) di come funzioni, esattamente, il più sofisticato degli elaboratori. E poi modelli di tastiere, di terminali, di memorie a nastro e a disco, nuclei di ferrite, tutto ciò che occorre perché l'osservatore possa apprendere, con la facilità indotta da un'immagine persuasiva, la reale natura dei fenomeni studiati. Conclude l'esposizione un'ampia rassegna, visivamente molto efficace, degli innumerevoli campi nei quali l'informatica viene oggi applicata: dagli ospedali all'industria, dalle scuole alla ricerca scientifica, dalla vita amministrativa alle rilevazioni statistiche. La materia più arida diventa cosa viva: è questo, forse, il maggior merito del museo; un museo che si prefigge di essere non soltanto un archivio del nostro passato ma anche, e forse soprattutto, una pedana di lancio per il domani. Umberto Oddone

Persone citate: Babbage, Blaise Pascal, Falcon, Herman Hollerith, Ogliari, Steiger, Umberto Oddone

Luoghi citati: Frascati, Ginevra, Milano