In vino chimica

In vino chimica CONSUMI: LE SOFISTICAZIONI In vino chimica Livio Burato La Stampa « La chimica è dalla nostra parte, la legge ci permette di stare tranquilli. Il giudice faccia tutte le indagini, non troverà le prove. Avrebbe soltanto un sistema: coglierci nel momento in cui stiamo lavorando ». Questa la sfrontata e spavalda dichiarazione fatta da un sofisticalore siciliano di vini ad un giornalista che lo interrogava sullo scandalo dei « vini industriali ». Spiegò anche che cosa adoperava per fabbricare il vino sofisticato: zucchero ed acqua; un po' di vinacce (cioè il residuo solido che rimane dopo la spremitura dell'uva) che possono essere anche sostituite da alcune cartine coloranti; l'invertasi, un enzima ricavato dal malto dell'orzo; un serbatoio, e qualche ora di lavoro. Le vinacce servono a dare il colore e una parvenza di sapore a quello che dovrà sembrare vino; lo zucchero, con l'aiuto dell'invertasi, si trasforma prima in saccarosio, poi in glucosio e infine in alcool. Qualcun altro, un po' meno disonesto, adopera vinello supertorchiato, sidro di fichi, zucchero, acido tannico, sale, acido tartarico. In entrambi i casi il guadagno è molto elevato, così come in entrambi i casi la base di partenza per fare del vino industriale è lo zucchero. Scoprire lo zucchero significa avere la prova che il vino è sofisticato. Ma le analisi danno risultali positivi soltanto se vengono compiute immediatamente: altrimenti lo zucchero in pochi giorni si trasforma in alcool. Ecco la prima, grossa difficoltà che incontrano in tutti i Paesi gli addetti alla repressione delle frodi nel settore vinicolo. Naturalmente, il vino di cui abbiamo parlato finora viene venduto come vino comune, sfuso, a basso prezzo, tanto che lo stesso consumatore dovrebbe dubitare di poter bere vino genuino se un litro lo paga solo 150 lire. Ma a molti basta pensare che si tratti di prodotto ricavato dall'uva; si accontentano. Con i vini V.Q.P.R.D. (vini di qualità prodotti in regioni determinale), che in Italia si chiamano Doc e in Francia Aoc. la frode che prima abbiamo descritto è impossibile, perché ci sono rigorosi controlli e perché essi vengono fabbricati da produt¬ tori che hanno tutto l'inleresse a mantenere il loro buon nome lontano dagli scandali. Con i vini V.Q.P.R.D., tuttavia, avvengono altri tipi di truffe, come quella escogitala in Francia, a Bordeaux, dai titolari di una delle più celebri Case del commercio vinicolo girondino. Lo scandalo esplose l'anno scorso quando alcuni ispettori della tributaria scoprirono qualcosa di poco chiaro nel commercio dei grandi vini bordolesi. I prezzi erano altissimi e tutti assistevano stupefatti al fenomeno del vino considerato come « bene rifugio ». Quotazioni altissime, ma imperterrita corsa agli acquisti: in queste condizioni le scorte dei « cru » rischiavano di esaurirsi. A questo punto qualcuno trovò un sistema burocratico per ripetere il miracolo delle nozze di Cana. Non si trattava di moltiplicare il vino, ma d'intervenire sulla denominazione, promuovendo di rango il prodotto di minor pregio. I prezzi medi erano questi: 825 franchi la barrique (una botte da circa 250 litri) per il rosso Aoc, cioè l'aristocrazia dei vini più pregiati, e 270 franchi la barrique di rosso Vcc (vino di consumo corrente). Per i bordolesi bianchi, 350 franchi la botte di Aoc, 294 franchi quella di vino corrente. Ecco che cosa capitava. Ogni partita di vino — come in Italia del resto — è accompagnata da una bolletta, che specifica se si tratta di Aoc o di vino comune. Due negozianti bordolesi scopriranno che, vendendo il bianco Aoc come vino normale, perdevano 56 franchi per ogni botte, ma in compenso avevano a disposizione le preziose bollette che certificavano la denominazione d'origine controllata. Bastava applicarle al vino rosso corrente, venderlo come fosse Aoc e si realizzava un maggior guadagno di 555 franchi la botte. E' dunque così difficile, per il consumatore, essere certo di bere un vino genuino? Malgrado le truffe e le frodi, diremmo di no. Infatti, sia la sofisticazione del vino siciliano, sia la truffa dei commercianti bordolesi riguardavano percentuali minime di vino, per i francesi non più dello 0,4 per cento dell'intera produzione di Bordeaux. Inoltre, entrambe le frodi sono state scoperte, malgrado la scarsità di personale addetto alla repressione di questi reali. In Italia se ne occupa l'« Ufficio repressione frodi » del ministero della Sanità. Naturalmente, se ci sono frodi fiscali, interviene anche la tributaria (come in Francia), che dipende dal ministero delle Finanze. Si tratta di gruppi di funzionari, pieni di buona volontà, ma alle prese con decine e decine di prodotti da controllare (oltre che sul vino, bisogna vigilare sull'olio, sulla pasta, sulle carni, eccetera) e con organici ridottissimi. L'unico, o comunque il principale ostacolo alla repressione delle sofisticazioni del vino è in tutti i Paesi la scarsità di personale. Le leggi in materia, almeno per i vini V.Q.P.R.D. non mancano: il difficile è farle applicare. Esse sono quasi uguali in tutti i Paesi della Cee, che del resto ha emesso vari regolamenti per disciplinare questa materia, regolamenti che in parte sono già applicati, o che entreranno presto in vigore. Ad esempio l'art. 817/70, all'art. 11, stabilisce che i produttori comunitari di vino sono tenuti a sottoporre i futuri vini V.Q. P.R.D. ad un esame analitico e ad un esame organolettico riguardanti il colore, la limpidezza, l'odore e il sapore di ogni prodotto. C'è poi un altro regolamento, che invita ciascun Stato membro a costituire commissioni incaricate di procedere agli esami dei vini con denominazione controllata. La Francia si è già adeguata a queste disposizioni, emanando un decreto per gli esami analitici e organolettici dei vini. Tale decreto stabilisce, tra l'altro, che non possono essere messi in circolazione vini per i quali sia richiesta una denominazione di origine controllata, senza un certificato di autorizzazione rilasciato ci all'Inno, dopo un esame compiuto in conformità delle disposizioni comunitarie. L'esame in questione, fatto dal sindacato viticolo, comprende una analisi e una degustazione. La prima viene effettuata dal servizio repressione frodi, e precede la degustazione, che è fatta da una commissione, designata dall'Inao su proposta del sindacato viticolo. Il ministro dell'Agricoltura francese ha anche fissato le complesse modalità di procedura applicabili agli esami analitici e organolettici ed al rilascio del conseguente certificato. Si attende che anche il governo italiano emani analoghe disposizioni, che consentano al nostro Paese di adempiere in pieno agli obblighi che derivano dall'osservanza dei regolamenti comunitari. Salvo che per alcuni casi, per i quali è prevista l'immediata applicazione delle norme, tutti i vini a denominazioni d'origine controllata saranno sottoposti alle disposizioni citate nel termine di cinque anni. Un'importante innovazione prevista da norme Cee che entreranno in vigore entro il '75 riguarda l'etichetta che è l'unico documento dal quale il consumatore non troppo esperto in vini può ricevere informazioni sul prodotto che vuole acquistare. Le innovazioni riguarderanno soprattutto l'Italia perché la normativa comunitaria si è ispirata a criteri già in vigore in Francia e in Germania. Le nuove etichette, dal primo settembre 1975, dovranno avere queste indicazioni principali: definizione del prodotto (cioè « vino da pasto », « vino V.Q.P.R.D. ») ; nome e sede dell'imbottigliatore; nome dello Stato d'origine; capacità nominale del recipiente; gradazione alcoolica; regione di provenienza (solo per i vini V.Q.P.R.D.); annata di raccolta (facoltativo). A parte queste norme particolari per i vini di qualità prodotti in regioni determinate,-ci sono delle disposizioni generali, che riguardano tutti i vini e che sono all'incirca identiche per tutti i Paesi comunitari. Una delle principali è la denuncia delle giacenze di vino e dell'ultima produzione conseguita, denuncia che in Italia va fatta entro il 30 novembre. Gli stessi controlli esistono anche in Francia, Germania e in Inghilterra, per quanto in quest'ultimo Paese si vinifichi solo un quarto di tutto il vino consumato, ed una minima parte di questo quarto venga prodotto con uve locali. Le leggi nazionali stabiliscono poi la gradazione minima di alcool, i metodi di vinificazione, le caratteristiche che debbono avere i vini speciali, come i liquorosi, gli aromatizzati e gli spumanti. Un particolare che potrà stupire il consumatore è il lungo elenco di sostanze chimiche consentite durante le pratiche enologiche. Secondo la legge italiana, si possono aggiungere ai vini, naturalmente in percentuali limitate e indicate dalla legge, anidride solforosa, metabisolfito potassico, bisolfito di calcio, lieviti selezionati, bicarbonato, fosfato ammonico, tiamina (vitamina B), acido ascorbico (vitamina C), bicarbonato potassico, tartrato neutro di potassio, acido tartarico, enocianina, tannino, acido mctatartarico, gelatina, caseina, albumine animali, ferrocianuro di potassio, carboni attivi. Questi prodotti devono essere venduti in confezioni particolari, sulle quali è indicata la natura della sostanza e la scritta « prodotto per uso enologico ». (Hanno collaborato Patricia Tisdall, The Times, Hans Stollhans, Die Welt, Marcel Lugan, Le Monde).

Persone citate: Cana, Hans Stollhans, Livio Burato, Marcel Lugan, Patricia Tisdall, The Times