Il "flash" all'asta

Il "flash" all'asta INVESTIMENTI: LE FOTOGRAFIE Il "flash" all'asta Raymonde Moulin Le Monde La fotografia è un'arte o un'industria? Questo falso problema, ereditato dal XIX secolo, dissimula alcune strategie economiche meno contraddittorie che complementari. Dalla fine degli Anni Sessanta, si svilupparlo due nuovi mercati, quello delle prove fotografiche e quello degli album di foto. Nel secondo, il fotografo commercializza le sue opere come il romanziere i suoi romanzi e nel primo — che c'interessa qui — come il pittore i suoi quadri. Nel momento in cui il progresso tecnico autorizza tirature vertiginose, dove l'immagine fotografica è onnipresente e dove la pratica fotografica è diffusa in tutti gli strati sociali c tra gente di tutte le età, le nostre società industriali avanzate tentano di resuscitare, in uno dei settori del mercato della fotografia, la rarità degl'inizi. Le piastre d'argento di Daguerre erano uniche e si vendevano a 25 franchi-oro il pezzo. Oggi una prova a tiratura limitata d'un fotografo vivente si vende tra i 75 e i 750 dollari. Non si tratta tuttavia, in alcun modo, dello stesso processo. La fotografia degl'inizi soffriva d'essere prigioniera d'una tecnica incerta. La fotografia del presente si rivolta contro una tecnologia trionfante. « Quale uomo degno del nome d'artista, scriveva Baudelaire, e quale vero amatore ha mai con/uso l'arte con l'industria? ». Ci son voluti più di cent'anni perche fosse raccolta la sfida e che la fotografia fosse socialmente riconosciuta come arte, nel senso pieno della parola. La fotografia ha diritto alle istanze culturali di grandi mostre, musei e biblioteche. Essa ha fatto il suo ingresso, più di quarant'anni fa, al Museo d'arte moderna di New York ed è presente nel settore delle stampe della Biblioteca nazionale di Parigi. Le grandi esposizioni seguono gli stessi circuiti museologici internazionali di quelle della pittura. La fotografia ha le sue fondazioni, che si moltiplicano, e le sue fiere-esposizioni, la più importante delle quali è la Fotokina di Colonia, esposizione biennale organizzata per la prima volta nel 1950. Come le arti sapienti, ha i suoi storici, i suoi conservatori, i suoi cri tici, i suoi cronisti. Ha i suoi collezionisti, eruditi o scopritori, esteti o voyeurs. Ha i suoi generi, i suoi stili, le sue scuole. Ha i suoi geni, eletti o maledetti. I fotografi percorrono un itinerario degli onori segnato, come quello dei pittori, da un gran numero di premi annuali: citiamo, tra i molti altri, i premi Pulitzer negli Stati Uniti, i premi Nihon Shashin Kyokai in Giappone, i premi Niepce in Francia, il premio David Octavius Hill in Germania. Queste ricompense figurano in evidenza nella biografia del fotografo professionale e valorizzano la sua quotazione nel mercato delle prove. Dal 1972 in particolare, il mercato delle prove ha conosciuto un grande sviluppo. Le stampe effettuate dai fotografi sono molto ricercate e la prova è un oggetto di collezione commercializzata, come ogni altra opera d'arte, nelle vendite all'asta, nelle gallerie specializzate o nelle grandi fiere-esposizioni artistiche. A Londra, a Roma, a Parigi, nelle grandi città tedesche, come negli Stati Uniti, in Giappone e in America del Sud, si son viste moltiplicarsi le gallerie fotografiche e si son viste anche le gallerie d'arte aprire un settore fotografico. Dal momento che si arriva alla commercializzazione della fotografia come arte, si pone il problema della rarità che, in ultima analisi e come sottolinea Marcel Duchamp. conferisce il « certificalo artistico ». Le prove fotografiche appartengono alla categoria dei beni riproducibili. Multiple per vocazione tecnica, esse non sono paragonabili, come merce, né alle opere d'arte uniche fabbricate artigianalmente, né alle forme preindustriali di riproduzione come l'incisione. Dal momento che il mercato delle prove fotografiche tende a organizzarsi sul modello del mercato delle opere d'arte, nel senso stretto del termine, esplode la contraddizione Ira unicità e molteplicità, rarità e abbondanza, arte e industria. Per far considerare la prova fotografica, per quanto riguarda il mercato, nella categoria delle opc- re d'arte, occorre lavarla dal peccalo originale di riproducibilità. Ecco, per esempio, un caso limite. A partire dal negativo, il fotografo e il suo mercante decidono di stampare un numero limitato di prove datale, numerale e firmate dall'autore, o meglio ancora la stampa d'una prova unica. Il negativo, di cui giuridicamente è proprietario il fotografo viene allora, e in principio, distrutto. La prova stampata dal negativo ha diritto al bel titolo di « originale » mentre il « controtipo », fotografia moltiplicabile dell'originale, non è altro che una « riproduzione ». Le prove stampate dai maestri del passato si acquistano a prezzi che, secondo l'attuale tendenza, sono in rapida ascesa. Nel 1971, Sotheby organizzò a Londra una prima vendita all'asta esclusivamente dedicata alla fotografia. Nel 1972, sempre da Sotheby, un album contenente trentadue immagini scattate da David Octavius Hill c Robert Adamson fra il 1843 e il 1848 raggiungeva la quotazione di circa 12 mila dollari. Alcune prove realizzate da Alfred Sticglitz che, con Edward Steichen, fondò a New York nel 1905 la « Little Gallery of the Photo-Scecssion », si sono vendute a mille dollari. Tra il 1969 e il 1972 una prova firmata dallo stesso Steichen raddoppiava di prezzo: da cinquecento a mille dollari. I precursori sono molto costosi e costituiscono eccellenti investimenti. La morte violenta del fotografo (come accadde a Robert Capa in Indocina nel 1954 o a Larry Burrows sempre in Indocina e nel 1971) o il suicidio (come quello di Diane Arbus), come anche la perdita del negativo, incidono sulla rarità. Quando l'offerta non è fissata obiettivamente, molti fattori contribuiscono a far salire il prezzo. La retrospettiva di Paul Strand, organizzata negli Stati Uniti nel 1972, ha portato il costo delle prove — secondo quanto ha pubblicato Time-Life — a quaranta dollari. Si è riscoperto Man Ray. principe cosmopolita del surrealismo, mentre Henri Carlier-Bresson (è sua la foto del 1938 pubblicata qui sopra) rappresenta, in Francia, il « monumento » della fotografia come Picasso era quello della pittura. La commenda ufficiale con la quale Giseard d'Estaing ha gratificato |. Henri Lartigue ha valore di simbolo di riparazione e non sarà senza dubbio senza conseguenze finanziarie sul mercato delle prove. Le fotografie di Heinz Hajek-Halke. specialista della ricerca « sperimentale », sono valorizzate come capisaldi nella storia estetica e tecnica della fotografia. Oggi sono di moda le ragazze equivoche di David Hamilton, le enigmatiche dame in nero di |ean-Loup Sìeff. l'erotismo della giovane fotografia americana, i tentativi etno-sociologici che fanno furore in Inghilterra (per esempio i « passatempi inglesi » di Tony Ray Jones morto nel 1972, a ventott'anni). E' di moda anche la ricerca tecnica messa al servizio della stranezza poetica: è il caso di Stanis Nievo. Gli appassionati « up-to-date » e gl'intenditori s'interessano ai grandi fotografi che, come Diane Arbus, Elliot Erwitt e tanti altri, rifiutano ogni rapporto con il piacere. Ma basta esaminare gl'incassi dei fotografi professionisti per constatare il quasi-disordine del mercato delle prove a tiratura limitata quando si tratta di fotografi viventi. Al gioco della rarità, colui che beneficia della qualifica di artista-pittore (da Warhol a Boltanski, passando per Christo) è destinato a trasferirla sul fotografo professionista. E' la grande tiratura a fare (o dovrebbe fare, se i suoi diritti di produzione fossero a un tempo stabiliti e rispettati) il guadagno del fotografo. La notorietà, che valorizza culturalmente un professionista nel mercato, acquisisce il suo significato monetario in tutti i settori della fotografia « applicata » suscettibile di grandi tirature: il ritratto, il reportage, la moda, la pubblicità, l'illustrazione dei rapporti annuali delle società ecc. Un debuttante, negli Stati Uniti, non riceve che 150 dollari per una fotografia pubblicitaria in bianco-nero destinata ad apparire su una rivista di limitata tiratura. Un fotografo professionista di grande celebrità, anche se non è Ernst Haas o Alfred Eisenstaedt, può guadagnare fino a 5000 dollari per una doppia pagina a colori, che può essere riprodotta su più settimanali a grande diffusione. Se la fotografia ha vinto in appello il suo processo davanti al tribunale dell'arte, è a prezzo d'un malthusianesimo tecnologico e d'una regressione feticista. La fotografia non è più quella che « il ciarlatanismo disonora moltiplicando le copie », come diceva Lamartine. La fotografia è il fotografo, e il fotografo è una firma, una firma unica apposta su un'unica prova. Ma quale significato e quale portata può avere una vittoria ottenuta davanti a un tribunale che squalifica la scoperta stessa della fotografia? La manipolazione dell'offerta è davvero sconcertante, e non senza sospetto, nel mondo dei collezionisti, nei confronti d'una rarità così notoriamente artificiale. L'esperienza ha provato, negli Stati Uniti e altrove, che il commercio della fotografia come arte non era senza rischi. Le gallerie fotografiche sopravvivono e prosperano combinando insieme diverse attività: libreria, vendita di materiale fotografico, agenzia fotografica di stampa, corsi di pratica fotografica, ristorante e sala da tè. Le società industriali, in maniera ufficiale o camuffata, finanziano le gallerie fotografiche. La fata Industria, che s'è da poco collocata nella culla della fotografia, non per nulla ha favorito la sua attuale metamorfosi in arte. La valorizzazione culturale della prova unica assicura la promozione delle prove multiple. La qualità artistica della fotografia e la rinomanza del suo autore testimoniano in favore dell'apparecchio utilizzato e le fotografie esposte nelle gallerie sovvenzionate da un'industria non sono evidentemente state scattate con materiale d'una ditta concorrente. Nel 1974, alla Fotokina di Colonia, gli stands di materiale fotografico erano installati sul luogo abituale delle fiere-esposizioni mentre per la prima volta i fotografi erano presenti alla Kunsthalle: il Reno separava, simbolicamente, il mondo dell'industria e quello dell'arte. Infatti. la fotografia come arte, se si guardano i suoi mecenati e i suoi finanziatori, porta ancora le stimmate della riproduzione e il « marchio » dell'industria. Nel momento in cui, negli ambienti artistici d'avanguardia, i profeti dell'anti-arte o della non-arte sono ricorsi alla fotografia per concretare e commerciare le loro « gesta » o le loro «azioni », la fotografia, in ritardo nella rivoluzione ideologica, dà il cambio all'opera d'arte, valore personificato di cui il Rinascimento ci ha lasciato l'eredità e la nostalgia.