Che cosa è cambiato nella Confindustria

Che cosa è cambiato nella Confindustria DOMANI L'ASSEMBLEA ; GIOVANNI AGNELLI RESTERÀ ALLA PRESIDENZA Che cosa è cambiato nella Confindustria Un esponente: "Adesso c'è una linea. Non un appoggio a partiti, ma a fatti concreti" - Il ruolo politico dell'imprenditore Anche se la riserva non è stata sciolta ufficialmente, tutti danno per scontato che Giovanni Agnelli rimarrà ancora per un anno alla guida della Confindustria, fino allo scadere del suo mandato, nel maggio del '76. Questo è quanto certamente verrà annunciato all'Assemblea dell'Associazione, che si terra da domani a mercoledì a Roma. «Ma anche fosse un altro — dice Edy Vitale, 26 anni, presidente dei giovani imprenditori di Alessandria — oggi non cambierebbe nulla. La presidenza di Agnelli ha trasformato radicalmente la Confindustria. Non è più possibile scadere ai livelli pre-Agnelli ». Ha trasformato come, in che senso? Bisogna tornare all'aprilc-maggio dello scorso anno, allo scadere del mandato di Lombardi. Sono di fronte gli imprenditori pubblici, capeggiati da Cefis, e quelli privati, guidati dagli Agnelli e da Pirelli. I primi sono contrari alla candidatura di qualsiasi personaggio di prestigio, che dia voce e peso politico alla Confederazione. Per questo bocciano Visentini (voluto dai secondi) e contropropongono Ernesto Cianci, un funzionario dell'Associazione. «A questo punto — ricorda Edy Vitale — si unirono due fattori concomitanti. Da una parte Agnelli prese coscienza che era suo stesso interesse rappresentare tutti gli imprenditori: dall'altra i piccoli e medi industriali capirono il significato della manovra Cianci. Soprattutto i giovani e alcune associazioni territoriali (come quella piemontese e alcune del Sud) si unirono, fecero sentire la loro voce. E Cianci non passò». Appare chiaro che la base vuole un nome di prestigio: Umberto o Giovanni Agnelli. Pirelli. Il 30 maggio è il secondo che viene proclamato presidente della Confindustria. Che cosa cambia? «Negli anni del boom — dice ancora Vitale — gli imprenditori erano occupati a fare gli imprenditori e basta. Nessuno si occupava di politica. C'erano solo poche eccezioni, ma il credo di quegli anni era: "In fabbrica si lavora e non si fa politica". Agnelli lui ribaltato questa posizione: gli imprenditori non possono più essere assenti, perché il fatto stesso di gestire un potere economico significa fare politica. Lo sviluppo aziendale non può prescindere dalla politica». In secondo luogo Agnelli allarga la partecipazione dei piccoli e medi imprenditori alla gestione della Confindustria. «Ai tempi di Costa, di Lombardi la nostra associazione era poco più di un circolo ricreativo. I grossi gruppi prendevano le loro decisioni autonomamente, e lutti gli altri erano costretti a seguirli. Dall'anno scorso è la Confindustria come tale che elabora una sua linea, che va alle trattative». Quale linea? «Una linea poI litica che non è di appoggio a I questo o quel partito, ma auto| noma, e appoggia questo o quel fatto concreto. Su questa linea la Confindustria ha dato prova di efficienza, come con l'accordo raggiunto con i sindacati sulla contingenza. Hanno detto che questo accordo ha scavalcato il governo. Ma fino a ieri era il governo a scavalcare l'industria, e i risultati erano peggiori». In sintesi, il «nuovo corso» alla Confindustria ha significato soprattutto una cosa: ridare credibilità all'imprenditore, «Siamo arrivati un minuto in ritardo, ma ancora al momento giusto — conclude Edy Vitale —. In ritardo perché aumenta sempre il terreno occupato dall'industria pubblica, ancora in tempo perché d'ora in poi possiamo contenderglielo centimetro per centimetro. E la questione non riguarda soltanto la Confindustria: qui si decide se dobbiamo tornare ad essere il primo Paese sottosviluppato, o se possiamo restare un Paese industriale». Gianni Gambarotta

Luoghi citati: Alessandria, Roma