Un nuovo processo per l'uomo che assassinò un vigile urbano

Un nuovo processo per l'uomo che assassinò un vigile urbano Condannato all'ergastolo, ricorre in Assise d'appello Un nuovo processo per l'uomo che assassinò un vigile urbano L'omicidio avvenne quattro anni fa: il cadavere, crivellato di colpi d'arma da fuoco, fu trovato nella notte sul lungopò A incucili da alcuni passanti - Stamane la prima udienza Giuseppe Sammartino, 36 anni (già condannato all'ergastolo perché riconosciuto colpevole di avere ucciso con tre colpi di rivoltella, sul lungopò Antonelli, la notte del 30 giugno 1971, il vigile urbano Luciano Ravinale), compare stamane davanti alla corte d'assise di appello, impugnando la sentenza e sperando in una pena più mite. Con lui è presente l'amica Celestina Magro, già condannata a 2 anni e 6 mesi di reclusione per favoreggiamento. I due sono difesi dagli avvocati Geo Dal Fiume, Armando De Marchi, Franco Trebbi e Giovanni Lageard. La famiglia del vigile, rappresentata dall'avvocato Gianvittorio Gabri, si è costituita parte civile. All'apertura del dibattimento lo stesso presidente, dottor Emilio Germano, rievoca i fatti. La notte del 30 giugno 1971, dopo l'una e 30, sul lun¬ gopò Antonelli, nel tratto che da corso Belgio va verso il ponte Regina Margherita, il vigile Ravinale, 32 anni, fu ucciso con tre colpi di arma da fuoco sparati quasi a bruciapelo, uno al torace e due alla schiena. Alcuni passanti lo trovarono a terra agonizzante. Lo soccorsero, ma prima ch'egli potesse raggiungere l'ospedale, spirò. Sul luogo del delitto fu trovata la sua auto, una «DS» con la portiera sinistra spalancata. Sulla sponda del fiume c'era la sua pistola che non aveva sparato. Non furono rinvenuti bossoli, dal che si arguì che l'arma omicida doveva essere una rivoltella a tamburo. Gli inquirenti si chiesero perché il Ravinale, in borghese ma armato, si trovasse a quell'ora in una località così poco frequentata. Il vigile, scapolo, abitava in via Castiglione 2, ma ciò non giustificava la sua presenza i sulla riva del Po, a meno che non fosse stato attirato con | un appuntamento. Le indagini stabilirono che il Ravinale intratteneva da tempo una relazione con la Magro, e che l'amico della donna, Giuseppe Sammartino, il giorno dopo il delitto, aveva precipitosamente abbandonato la città, raggiungendo il suo paese natale, in Sicilia. I due furono rintracciati ed interrogati. Sammartino respinse ogni accusa dicendo di non aver mai conosciuto il Ravinale. Giustificò la sua fuga da Torino: «Avevo contratto pesanti debiti di gioco in una bisca clandestina, nei pressi di corso Giulio Cesare. Volevano farmi la pelle perché non pagavo». La donna invece si lasciò sfuggire dichiarazioni compromettenti: «Conoscevo il Ravinale e gli avevo prestato dei soldi. Quella sera Luciano mi aveva dato appuntamento in un club di corso Svizzera per restituirmi parte del denaro. Di questo fatto era a conoscenza il Sammartino che, poco dopo l'una, andò a cercare il vigile. Alle 2,31 il Sammartino mi raggiunse in una pizzeria di via Sant'Agostino, e mi confessò di avere avuto una discussione con il vigile e di essere stato costretto a sparargli». Questa versione fu rinnegata dal giudice istruttore e poi in udienza. La donna spiegò che aveva agito per gelosia, ma ormai vari elementi dell'inchiesta combaciavano per incriminare il Sammartino. Riusciranno i difensori a strappare l'imputato alla condanna a vita? Si vedrà questa sera. Giuseppe Sammartino e Celestina Magro

Luoghi citati: Sicilia, Torino