Banca Popolare di Novara: utile cinque miliardi, dividendo 350 lire di Renzo Villare

Banca Popolare di Novara: utile cinque miliardi, dividendo 350 lire Si è svolta ieri l'affollata assemblea degli azionisti Banca Popolare di Novara: utile cinque miliardi, dividendo 350 lire L'istituto è al culmine dell'espansione patrimoniale - In diverse banche sono in vista aumenti di capitale - Il successo della formula inventata da Luigi Luzzati (Dal nostro inviato speciale) Novara, 23 marzo. Luigi Luzzati, pioniere delle Banche popolari cooperative, il cui sviluppo in Italia ebbe un forte impulso a cavallo del secolo, avrebbe difficilmente immaginato che la più importante fra tutte, la Banca Popolare di Novara — presente con 324 sportelli in venticinque province di nove regioni italiane e con uffici di rappresentanza a Bruxelles, Francoforte, Londra e Zurigo — richiamasse ad ogni assemblea una vera folla di partecipanti. Questo fatto succede ogni anno e, come il miracolo di San Gennaro, si è ripetuto puntualmente questa mattina al Teatro Faraggiana di Novara dove, da un palco tutto rosso di velluti, il presidente Roberto Di Tieri ha esposto i risultati dell'istituto nel 1974. Dopo un'ampia panoramica sulla situazione economica nazionale, confrontata con quella degli altri principali Paesi, il presidente ha esaminato i risultati finanziari che danno un utile di cinque miliardi di lire e permettono un dividendo di 350 lire per azione in pagamento da domani. Dei venti consiglieri di am¬ ministrazione, sei scadevano per compiuto triennio e sono stati tutti riconfermati. Essi sono: Bussi, Cantoni, Cocito, Due, Gregotti e Guasti. Il cav. del lavorc Mario Pavesi è entrato al posto dell'ingegner Bottacchi deceduto. Nei giorni scorsi era sorta una polemica per una lettera interna inviata dall'amministratore delegato Venini ai direttori delle filiali in cui si sarebbe sostenuta un'eccedenza di personale (s'era anche fatta una cifra: mille impiegati di troppo). Questa affermazione aveva determinato una reazione da parte dei sindacati che rappresentano i 5500 dipendenti della Banca, ma la direzione aveva immediatamente precisato che non vi sarebbero stati licenziamenti. Del resto l'istituto si trova oggi al vertice della sua espansione patrimoniale. Se il fatto aveva determinato nei giorni scorsi una certa «suspense» per l'assemblea, la precisazione della direzione ha riportato la polemica in termini limitati. Sulla questione si è avuto infatti un solo intervento e la riunione, come accade ogni anno, si è I svolta serenamente. I I principali dati di bilancio possono essere così riassunti: impieghi per 1176 miliardi con un aumento sul '73 di 91,6 miliardi (8,45 per cento); massa fiduciaria di 2077 miliardi con un incremento di 275 miliardi sull'anno precedente (15,26 per cento); compagine della banca (che è una cooperativa) accresciuta di altri 2297 soci arrivando a 61 646 iscritti; patrimonio sociale per un importo di 54,4 miliardi, con un aumento di cinque miliardi circa sul 1973. II bilancio è stato approvato con nessun voto contrario e un solo astenuto. Una nota curiosa: in assemblea il socio ha diritto a un solo voto qualunque sia il numero delle azioni possedute o rappresentate. Negli ultimi anni in Italia lo sviluppo delle Banche popolari — «il risparmio per arrivare al credito» era il motto di Luigi Luzzati — è stato vigoroso e i loro depositi sono saliti da 1800 miliardi nel 1962 a novemila nel 1974, l'11.5 per cento della raccolta bancaria nazionale. A conferma di questo progresso sono in vista aumenti di capitale per diverse Banche popolari. Ad un azionista che ha chiesto quando la «Popolare di Novara» proporrà l'operazione, sia il presidente Di Tieri che l'amministratore delegato Venini hanno risposto che non era quella la sede per trattare un argomento del genere aggiungendo però che «un aumento dì capitale potrebbe verificarsi in un futuro non molto lontano». E' proprio sotto il profilo strutturale che le Popolari si distinguono dagli altri istituti di credito. Il valore nominale delle azioni possedute da ciascun socio non può superare i tre milioni di lire (un milione e mezzo per quelle con capitale inferiore a cento milioni) e ogni socio può essere ammesso solo con il «gradimento» del consiglio di amministrazione. Questa clausola, da un lato protegge gli amministratori da eventuali scalate, dall'altro provoca però difficoltà per la circolazione dei titoli che, per statuto, non possono essere quotati in Borsa ma solo al mercato ristretto. Infine i dividendi non sono soggetti ad alcuna trattenuta fiscale poiché si tratta di cooperative. Renzo Villare