Vince Gilda, perdiamo noi

Vince Gilda, perdiamo noi Le polemiche per il Festival di Sanremo Vince Gilda, perdiamo noi Metodi discussi per imporre la canzone "Ragazza del Sud" - Incultura e reazione (Dal nostro inviato speciale) Sanremo, 2 marzo. Lei, Rosangela Scalabrino delta Gilda, ha vinto il Festival della canzone di Sanremo e tutti noi abbiamo perso. Sopraffatti per non essere riusciti ad impedirlo. Sconfitti dal suo modo di pensare, di vivere, di spiegare le cose, di parlarle e di cantarle: sconfitti dai metodi che stanno dentro la sua canzone Ragazza del sud e dietro il suo personaggio, oltre il qurle temiamo gli inquietanti e indefinibili tentacoli di chi soffoca i nuovi fermenti e ha interesse che nulla cambi anche in una miserabile storia di sottocultura come questa. In questi ultimi cinquantanni, alla musica popolare italiana, ha fatto più male la canzone napoletana che la peste nel Trecento. Pochi poeti e irripetibili musicisti hanno tracciato una strada che è diventata simbolo del qualunquismo, e si è deteriorata nel marchio dello «strappacore» con il sentimento lanciato oltre la trincea come la stampella di Enrico Toti, a giustificare atteggiamenti così antiquati da costituire — se osannati come in questo Festival — veri e propri «commandos» della reazione. E' agghiacciante il loro travestimento. Rosangela Scalabrino è nata a Masserano, vicino a Biella, provincia di Vercelli: nel Nord quindi. Ha solo 24 anni, canta da 7, studia da 5 Medicina senza restare indietro negli esami. Un'intellettuale, insomma. Nelle biografie è definita bionda e prosperosa, ma non è questa l'immagine che proietta di sé. E' una tranquilla bellezza rinascimentale, da affresco sul,soffitto, di quelle con le rotondità riscattate dalle vene azzurre che scorrono con simmetria sotto la pelle diafana. La dolcezza è di quelle che avvincevano Leonardo o segnatamente Michelangelo a cui non importava nulla delle donne, ma del tipo che allarmerebbe qualunque uomo di ieri o di oggi. Sembra dolce, affascinante, gentile e scema. E' invece guardinga, velenosa, inattaccabile, presente a se stessa anche in un'intervista alle 4 del mattino, dopo ore di flash a cui non era abituata, ma che si aspettava. Non perde mai l'impostazione della voce, non ha esitazioni, niente accenti piemontesi, nessuna concessione alla verità. Il fatto che già la sapessimo vincitrice alcuni giorni prima delle prove di questo Festival, fa parte delle nostre angosce di sconfitti, non della sua certezza di vincitrice. Questo Festival dedicato ai dilettanti o ai professionisti del «sottobosco» della canzone, ha fatto molte vittime. Edgarda Beiverde, madre di una promettente cantante a nome Daniela — ovviamente scartata — rivela che ha pagato 8 milioni in contanti per un'assicurazione verbale che la figlia sarebbe entrata in finale. Lo grida da sotto una pelliccia di visone e fa quindi meno impressione del padre delle gemelle chiamate le Nuove Erbe. «Io faccio il ciabattino a Arceria di Ancona, risuolo scarpe, ne faccio qualcuna a mano — dice il signor Giampaolo —. Venire qui mi è costato due milioni e mezzo. Ho dovuto chiederli a parenti ed amici». Non aggiunge altro. E poi c'è una lunga fila di scampati, come il manager di Antonella Bella, che non aveva 5 milioni per la sospirata finale. E squali di nome Mister Castle c El Dany, che an¬ che per conto di pittoresche cantatrici appellate Resy Lopez, presentano ai carabinieri denunce contro altri squali detti Mister Rams che assicuravano finali in Eurovisione maneggiando mazzettone da 100 mila (è testuale nella denuncia) e affermando: «Noi a Sanremo determiniamo, senza soldi non si vince». Ma alla domanda «come si vince un Festival?» Gilda, che ha spazzato via anche le poche concorrenti meritevoli, risponde: «Si canta, si crede in quello che si fa e si cerca soprattutto di non pagare S milioni per essere fregate alla fine». Non batte ciglio alle insinuazioni su una pretesa protezione particolare da parte di un assessore sanremese. Lui ci ha già detto: «Mi spiace che ci siano dei pettegolezzi e che le accollino un vecchio scapolo come me». Lei sorride: «Se essere chiacchierate porta a questi risultati, mi va benissimo». No, il suo intrallazzo e più sottile e prescinde da noi, miserabili mortali che ascoltiamo musica anche per la gioia della nostra mente. Lei aspetta il vento giusto, refoli dei cicloni che scuotono le segreterie di partito, e poi agita la bandiera. Non crede in ciò che «le cosiddette femministe di oggi inalberano. Io non ho niente contro di loro, ma se la loro lotta vuol dire antifemminilità, significa mancati- za di pudore, non mi sta bene». Ma ha pronto un ritaglio di «Specchio dei tempi» dell'I 1 febbraio 1965 in cui i cittadini di Masserano chiedono gloria per la misconosciuta cantante così brava. Ecco il titolo: «Anche i figli dei contadini possono diventare celebri» ed eccola con 10 anni di ritardo eppure al momento giusto, con la sua Ragazza del Sud. Il ritratto è deteriore. Io, Gilda Rosangela Scalabrino, figlia di contadini, adesso che ho il vestito scollato con le paillettes e posso anche prendere in giro mezza Italia vincendo il Festival di Sanremo, io ti dico questo: ti invidio perche non puoi parlare con l'uomo che ti piace ma solo spiarlo attraverso le persiane, perche non hai nemmeno una Rinascente dove comprarti uno straccio di vestito e, Te Dcum, perche hai quello sguardo così pulito. Gilda dice: «Io difendo le tradizioni». E così osanna per i poveri che devono essere ignoranti, frustrati, gabellali, ammantati d'onore come prescrive quel certo articolo del codice fascista. La morale è: chi non ha le pezze sul sedere, è corrotto. 11 Festival della canzone è morto e sopravvive solo perche questi imbalsamatori rivieraschi gli forniscono l'illusione di una impossibile vita. Ieri Gilda Rosangela Scalabrino non era nessuno, oggi ha vinto, domani torna nell'anonimato. Ma non è da sottovalutare. Il suo anonimato e fatto di balere e piazze di paese strapiene di gente felice di sentirsi ripetere: tu sei un poveretto, io guadagno un milione a sera ma non invidiarmi perché tua 6 la purezza della vita. Circola qui una storia terribile che dice quale sia il nostro stato d'animo. C'è una maestra che chiede al bambino il mestiere del padre e lui risponde: «Strappa i denti d'oro ai cadaveri». Il padre, convocato il giorno dopo, chiarisce: «Non è vero, io I ho fatto il cronista a Sanremo, ma sapesse quanto mi vergo-1 gno». E mio Dona;; «io

Persone citate: Enrico Toti, Gilda Rosangela Scalabrino, Lopez, Scalabrino