Hitler si uccide nel Bunker di Vittorio Gorresio

Hitler si uccide nel Bunker 29 APRILE 1945: CROLLA IL NAZISMO SENZA GRANDEZZA NIBELUNGICA Hitler si uccide nel Bunker Aveva trascorso le ultime settimane alternando l'abulia a crisi di furore isterico - Giunse a sperare negli oroscopi di Goebbels - Le nozze con Eva Braun e poi i due suicidi nella camera nuziale: nel sotterraneo si danzava, due sergenti sovietici issavano la bandiera rossa sul vicino Reichstag Le ultime settimane di guerra, trent'anni fa, Hitler le trascorse nel sotterraneo corazzato della Cancelleria del Reich, a Berlino. Era una casamatta a prova di bomba, sufficientemente spazio sa, a due piani, dodici stanze in quello superiore detto Vorbunker, venti nell'inferiore, Fiihrerbunker. C'erano ziffici, cucine, sale di riunione e appartamenti residenziali, bene arredati e quasi confortevoli. L'alloggio di Hitler, per esempio, era di sei camere con un soggiorno con bei tappeti dominato da un ritratto di Federico il Grande di Prussia. Ve lo aveva appiccato Goebbels che intendeva stimolare Hitler all'emulazione del suo vittorioso predecessore. Ma Hitler in quei giorni era un uomo estenuato, le spalle curve, il volto grigio, la voce fioca: « Si trascinava a fatica e con lentezza — scrive Joachim Fest nel suo Hitler, Rizzoli, 1974 — spostando avanti il tronco e quindi tirandosi dietro le gambe ». Gli faceva difetto l'equilìbrio, e si era ridotto a trascorrere ore disteso sul divano. Pare che fosse posseduto da una golosità immensa: « La sua avidità di dolciumi aveva proporzioni morbose. E se prima si accontentava di ire fette di torta, adesso si faceva riempire tre volte di seguito il piatto ». Ma era maldestro nel portare il cibo alla bocca perché le mani gli tremavano, e con panna e crema si sbrodola va la giubba che aveva sem- I pre impataccata. Agli angoli \ delle labbra cascanti, da vec chio — sebbene non avesse che cinquantasei anni — gli si addensava la saliva, una bava giallastra in cui si raggrumavano briciole di pastafrolla. Non ne era conscio, tanto da neppure nettarsene con la lingua. Nei rari momenti di buon umore — ne aveva pochi, giustamente — si lasciava andare a scherzi pesanti, compiacendosi di grossolanità. Alla presenza di signore disse una volta che « il rossetto per le labbra è fatto con le acque di scolo delle fogne di Parigi », e qui giù una risata volgarmente sinistra. Racconta Albert Speer — j Memorie del Terzo Reich, Mondadori, 1971 — che il vecchio magnetismo era esaurito: «Tra quelli che lo attorniavano, la disciplina formale era scomparsa. Quando, in altri tempi, Hitler entrava in una stanza tutti ì presenti si alzavano in piedi e vi rimanevano finché lui non si sedeva. Ora, invece, in sua presenza tutti continuavano a parlare, i camerieri a intrattenersi tranquillamente con gli ospiti, e non pochi dei presenti si ad- | dormentavano ubriachi nelle loro poltrone o discorrevano a voce alta con la più grande disinvoltura ». C'era anche disordine, nella casamatta della Cancelleria, con arredi ammucchiati, tappeti arrotolati e affastellati: « Sì j aveva l'impressione — è ancora Speer che parla — di trovarsi in un trasloco, dove è il segno lasciato dai mobili e dai tappeti, i giornali sparsi qua e là, bicchieri vuoti e piatti sporchi ». Era l'indizio di una disgregazione che tutto sommato si può anche considerare normale in quelle circostanze, ma in ogni modo altri testimoni affermano che la atmosfera nonostante tutto continuava ad essere quella propria delle società di corte, pure accentuata dall'irrealtà dello scenario sotterraneo. Era una fluida composizione di servilismo, nervosismo e menzogna: « Ci si sentiva non soltanto schiacciati, o poco meno, sul piano psichico — si legge nel Kriegstagebuch des Ober| kommandos der Wehrmacht, Francoforte, 1961 — ma si avvertiva addirittura un malessere fisico. Nulla là dentro era genuino, fatta eccezione per la paura ». Se si crede a Hugh R. Trevor Roper — The Last Eays of Hitler, New York. 1947 — era proprio quella paura che conduceva a manifestazioni alquanto allucinanti: egli racconta che il giorno, anzi nell'ora stessa del suicidio di Hitler, nella taverna della Cancelleria « ebbe inizio un trattenimento danzante, nel quale parve trovare sfogo la tensione di tante settimane. Neppure l'assillante consapevolezza, confermata e ripetuta, che il Fiihrer stava morendo, valse a interromperlo ». Solo squallore Sulla base di simili registrazioni di cronaca è difficile raffigurare la morte di Hitler in un quadro che ab bia la tragica grandiosità ioacjneriana del Crepuscolo degli Dei, la Gòtterdàmmerung. Si deve parlare piuttosto di un sanguinoso squallore, ma non si troverebbe né un Sigfrido né un Hagen, una Crimilde o un Attila tra i protagonisti della fine dei nuovi tardi Nibelunghi. Quando Hitler difatti si trasformava da abulico in un invasato, non altro producevo se non scoppi di un furore isterico. Uno ce ne descrive il suo capo di Stato Maggiore, generale Heinz Guderian CErinnerungen eines Soldaten, Heidelberg, 1951) il quale ricorda la reazione di Hitler ad una modesta quanto ovvia sua obbiezione strategica: « Con il volto in fiamme, i pugni levati, si drizzava davanti a me, tremando in tutto il corpo, fuori di sé dall'ira, del tutto incapace di controllarsi. Era non uno, ma una serie di scoppi di collera, dopo ognuno dei quali Hitler camminava su e giù lungo il bordo del tappeto, per poi tornare a piazzarmisi di fronte e lanciarmi in faccia la rampogna successiva. Urlava da soffocarsi, gli occhi sembravano dovergli uscire dalle orbite, le vene sulle tempie erano gonfie e pulsanti». Un'altra volta, durante il rapporto quotidiano ai generali — Lagebesprechung — fu anche più clamoroso, pronunciando una prolissa requisitoria contro la viltà, la bassezza e l'infedeltà del mondo. Inveiva contro l'universo, e la sua voce «che nei mesi passati si era ridotta quasi a un sussurro, ricuperò almeno in parte l'an tica veemenza. E mentre fuori, richiamati dal baccano, gli occupanti del Bunker facevano ressa nel corridoio e sulle scale, Hitler prese a gridare che era stato piantato in asso da tutti, maledisse la Wehrmacht, parlò di corruzione, debolezze, menzogne. Chi cercava di dargli conforto per restituirgli un'impossibile fiducia nella sorte, era il ministro della propaganda Joseph Goebbels, ospite anch'egli del Bunker con la moglie e sei figli (che poi uccise tutti di sua mano). Gli rammentava la crisi sofferta da Federico il Grande durante la guerra dei Sette Anni, quando in inverno 1761-'62 tutto sembrò perduto. Goebbels gli lesse da un famoso libro di Carlyle CHistory of Frederick II of Prussia called Frederick the Great, Londra, 28581865): «Il grande sovrano non vede più lui stesso alcuna via d'uscita, non sa più a quale partito appigliarsi, si rende conto che i suoi generali e uomini di Stato sono ormai convinti della sua sconfitta ». Federico, nonostante che fosse « every inch a king » — re dalla testa ai piedi, noi diremmo — era sul punto di darsi per vinto e di bere un veleno, ma qui nel libro interviene Carlyle immaginando una propria personale esortazione retorica al re: e Valoroso sovrano, attendi ancora un poco, perché tra breve i giorni del tuo dolore saranno finiti. già da dietro le nuvole si leva il sole della tua fortuna e da un momento all'altro si mostrerà ». Goebbels, come Carlyle romantico cultore del ruolo degli eroi nella storia, prendeva Hitler per Federico e al pari di Carlyle lo rincuorava ricordandogli che nel momento più difficile di quell'altra guerra l'improvvisa morte della grande Caterina di Russia aveva rovesciato le sorti del conflitto: « Il Fuhrer — egli annotò la sera nel suo diario — aveva le lacrime agli occhi ». In effetti, nell'aprile del 1945, ci fu appunto una grande morte nel campo degli avversari della Germania: il 13 spirava il presidente degli Stati Uniti Franklin D. Roosevelt. « Mein Fuhrer! — gridò Goebbels corso a dargli l'annuncio per telefono — mi congratulo con Lei! Sta scritto nelle stelle che la seconda metà d'aprile è foriera per noi di un grande mutamento. Oggi è venerdì 13 aprile. Il cambiamento è avvenuto! ». Goebbels per precauzione si era fatto fare non uno ma due oroscopi, e Hitler prestò fede. Convocò generali, ministri e funzionari per metterli al corrente della buona notizia, e con l'affannosa eccitazione di un vecchio si vantò: « Eccola! e voi che non volevate credermi... », racconta Speer. Poi si lasciò cadere nella poltrona, come liberato ed insieme stordito, « e tuttavia aveva l'aria di chi non nutre più speranza ». La morte di Roosevelt non ebbe difatti influenza alcuna sugli eventi bellici, diversamente da quanto era avvenuto con quella della grande Caterina: tre giorni dopo i sovietici sferravano l'offensiva contro Berlino impiegandovi due milioni e mezzo di uomini, 41.600 cannoni, 6250 carri armati e 7560 velivoli. Fu raccomandato a Hitler di lasciare il Bunker e di rifugiarsi in Baviera nella fortezza alpina dell'Obersalzberg, ma egli rifiutò decorosamente: « Come potrei indurre le truppe alla lotta decisiva per Berlino se mi mettessi in salvo? ». Gli altri insistevano, ma invano: Hitler comunicò la propria decisione di suicidarsi nel Bunker, sua Wolfschanze, tana del lupo: « Qui non c'è più molto da lottare ». Disse peraltro che per cause fisiche non sarebbe stato in grado di combattere, e che dei resto non avrebbe combattuto personalmente, nemmeno potendolo, perché non voleva correre il rischio di cadere ferito nelle mani del nemico. "Allo zoo?" Manifestò il timore di finire « quale bestia rara allo zoo di Mosca » o di dover comparire in veste di protagonista « in uno spettacolo inscenato da ebrei ». A chi gli diceva che il suo dovere era di continuare a dirigere la lotta rispondeva: « Inutile che mi vengano a dire: Lei, in quanto Fuhrer... Io sono il Fuhrer soltanto nella I misura in cui posso effettivamente esplicare la mia autorità, ma non potrei più j farlo standomene chissà do- ] ve su una montagna. Non I sono certo venuto al mondo ! solo per difendere la mia \ Berghof sull'Obersalzberg ». I Pago della decisione, ag- \ giunse con l'accento di quelli che gli psichiatri definiscono pazzi tranquilli: « Questa sera mi metterò a letto un po' più sereno, e mi piacerebbe essere svegliato soltanto quando un carro armato sovietico fosse davanti al mio giaciglio ». Il giorno dopo fece fucilare nel giardino della Cancelleria un certo Fegelein, cfpgi ! : l I j ] I ! \ I \ che era un SS Gruppenfùhrer del quartier generale, perché sorpreso in abiti borghesi, traditore anche lui. Ordinò la cattura di Himmler che pareva avesse aperto trattative per la resa, e dichiarò Goering decaduto da tutte le sue cariche, diritti e dignità: « Ormai non mi resta più niente, nulla mi è stato risparmiato. Non c'è più fedeltà né onore. Nessuna delusione, nessun tradimento mi sono stati risparmiati. Tutto è finito. Non c'è torto che non mi sia stato fatto ». Gli faceva eco la fedelissima amante, da tredici anni, Eva Braun racchiusa anch'essa nella Wolfschanze: « Povero, povero Adolf, tutti ti hanno abbandonato, tutti ti hanno tradito!». Eva Braun, d'altra parte, ci è favorevolmente descritta da Speer che la vide uno degli ultimi giorni: « Fra tutte le personalità di rilievo del Bunker, come lei votate a una sicura morte, era l'unica a mostrare una calma imperturbabile. Appariva distesa, quasi allegra ». Quando una sera ella mandò a chiamare Speer, saputo del suo arrivo nella Wolfschanze dopo un viaggio faticoso, gli disse gentilmente: « Che ne penserebbe se ci dicessimo addio con una bottiglia di spumante e qualche pasticcino? Lei deve essere a digiuno da molto tempo ». Speer ne fu commosso, e soddisfatto racconta che un domestico portò una bottiglia di champagne Moét et Chandon, e dolci e torte. Donna forte Socialmente impeccabile, Eva gli disse: « Ha fatto bene a venire ancora una volta qui a vedere il Fuhrer. Ha deciso di rimanere, ed io rimango con lui. Il resto già lo sa... Voleva farmi ritornare a Monaco, ma non ho assolutamente voluto lasciarlo. Sono venuta qui con l'intenzione di farla finita ». E poi ancora, sempre disinvolta: « Ha fatto proprio bene a venire. Per poco non ci trovava più. Ieri la situazione sembrava disperata, tanto che ci preparavamo a un'improvvisa occupazione di Berlino da parte dei russi. Il Fuhrer pensava di sospendere ogni azione. Poi Goebbels lo ha convinto e... eccoci qua ». Parlava come una signora di mondo che discorra di villeggiature, e secondo Speer era l'unica persona nel Bunker ad avcire pensieri umani: « Perché tanti uomini devono ancora morire? — gli doi mandò —. Tutto è ormai ! così vano ». Ma anche Hitler, a suo : modo, era arrivato a conl cepire pensieri umani, avendo infatti deciso di sistemare le sue faccende private, come un qualunque borghese. Redasse un testamento in cui spiegava innanzitutto la risoluzione di regolarizzare il suo rapporto con Eva Braun: « Poiché negli anni della lotta ho creduto di non potermi assumere la responsabilità di fondare una famiglia, ora, alla fine di questa mia vita terrena, mi sono deciso a prendere in moglie quella donna che, dopo lunghi anni di fedele amicizia, di sita spontanea volontà è giunta nella capitale già stretta d'assedio, per condividere il mio destiiio. Per suo desiderio, essa mi \ seguirà nella morte quale mia sposa ». Poi destinava la sua collezione di quadri ad una galleria della sua città natale di Linz, e lasciava legati ai fratelli e alla suocera, in una misura che fosse loro sufficiente « per condurre una modesta vita borghese». Lo sposalizio fu celebrato Bsf secondo il solo rito civile, e a norma della procedura d'urgenza prevista per i matrimoni di guerra: bastò che i contraenti dichiarassero davanti a due testimoni (Goebbels e Bormann) di essere di pura ascendenza ariana, e l'assessore Walter Wagner della milizia territoriale non ebbe difficoltà a proclamarli congiunti in nozze valide a tutti gli effetti di legge. Quindi si bevve champagne senza allegria, anche perché lo sposo andava teorizzando il macabro concetto wagneriano della riuniflcazione nella morte, e intercalando che la qualità di Fuhrer gli aveva fino ad allora impedito di prender moglie perché non fosse dissolta l'aura mitica della sua condizione semidivina. Erano le tre della notte dal 28 al 29 aprile, e la mattina seguente arrivò la notizia che Mussolini era stato fucilato di sorpresa sopra Dongo. Invece, Hitler fece benissimo i suoi preparativi. In quegli ultimi giorni era solito regalare ai propri collaboratori, uomini e donne, fialette di cianuro come ricordini personali, ma lo colse il sospetto che quel veleno non fosse infallibilmente risolutivo. Lo fece quindi sperimentare sulla sua prediletta cagna Biondi da un sergente SS di nome Tornow, con la soprintendenza di un professore di nome Haase. Biondi morì, e alle due del pomeriggio Hitler sedette a tavola per l'ultimo pasto con la moglie, due segretarie e la cuoca. Si fece poi salutare da Goebbels e Bormann, da due generali e da qualche ordinanza, e finalmente si ritirò nella sua camera «muto e ingobbito». In quel¬ lo stesso momento due sergenti sovietici issavano la loro bandiera rossa sulla cupola del vicino Reichstag. Erano le tre e mezzo pomeridiane del 29 aprile e nella taverna del Bunker si danzava, ma cosa esattamente sia avvenuto nella camera nuziale del Fuhrer non si sa. Da fuori pare che sia stato sentito un colpo di pistola ed al rumore sarebbe accorso il comandante del corpo di guardia delle SS, un tale Rattenhuber. Hitler sedeva sul sofà, il volto insanguinato, accanto ad Eva che aveva in grembo la pistola di cui non si era servita, avendo preferito trangugiare il veleno. Rattenhuber fece trasportare le salme nel cortile con duecento litri di benzina che furono versati sui cadaveri. Non fu però possibile bruciarli subito perché un bombardamento sovietico indusse intanto gli attendenti a cercare rifugio nel Bunker. Essi tornarono a bombardamento terminato e un SS, Otto Gùnsche, gettò uno straccio acceso sulle salme, per subito ritrarsi a salutarle con il braccio levato. Il rogo durò poco: dopo mezz'ora Hitler era già largamente carbonizzato, irriconoscibile, e dopo le otto di sera « le sparse ceneri volavano al vento », secondo il racconto fatto da Gùnsche a Werner Maser (Adolf Hitler. Legende, Mythos, Wirklichkeit, Monaco, 1971). Alle undici di sera tutto quello che ne restava fu raccolto in un telo da tenda, calato in un cratere di granata davanti all'ingresso del Bunker, e coperto di terra che le SS di servizio accuratamente schiacciarono a colpi di mazzapicchio. Vittorio Gorresio Beri ino, 29 aprile 1945. L'ultimo pasto di Hitler con Eva Braun, sposata nella notte: pranzo nuziale e, insieme, funebre