Processo all'uomo che rapì e fece morire le tre bambine

Processo all'uomo che rapì e fece morire le tre bambine Trapani: in Assise la tragedia di Marsala Processo all'uomo che rapì e fece morire le tre bambine Il delitto nel '71 - Vittime Antonella Valente, 9 anni, e Ninfa e Virginia Marchese, 7 e 5 anni - Vinci ha fornito finora i nomi di due complici, ma le accuse si sono rivelate infondate (Nostro servizio particolare) Trapani, 28 aprile. Michele Vinci ovvero il «mostro di Marsala»: ha rapito tre bambine (Antonella, 9 anni, Ninfa di 7 e Virginia, 5 anni) e le ha lasciate morire nel fondo di un pozzo. Quando venne arrestato, la notte dell'8 novembre 1971 e confessò che era colpevole, sembrava che il processo dovesse costituire soltanto una semplice formalità, tanto tutto sembrava chiaro: dopo tre anni, cinque mesi e venti giorni, invece, si è ancora al punto di partenza o quasi. Infatti, domani, inizia il dibattimento in corte d'assise (per l'esattezza si tratta del secondo, perché il primo venne interrotto quando era giunto al limite della sentenza, nella speranza di trovare chi può avere aiutato Vinci a compiere questo triplice ed agghiacciante delitto e da allora sono trascorsi inutilmente diciassette mesi), ma esistono discrete probabilità che sia nuovamente rinviato. Il mistero degli eventuali complici continua a gravare su una storia che ha, per fortuna, rarissimi precedenti negli annali giudiziari. Il delitto. La mattina del 21 ottobre 1971 tre bambine (Antonella Valente e le due sorelline Ninfa e Virginia Marchese) escono da scuola e non tornano a casa: qualcuno le I ha invitate a salire in auto e da quel momento scompaiono. Cinque giorni dopo viene trovato il cadavere di Antonella nell'interno di una scuola in costruzione; la sera dell'8 novembre il procuratore della Repubblica di Marsala, Cesare Terranova, arresta Michele Vinci (33 anni, fattorino in un'azienda di cartotecnica, zio acquisito della bambina) che ammette d'essere il responsabile e di aver gettato le altre due piccole in una cava di tufo. Il racconto di Michele Vinci è preciso, ma abbastanza inverosimile. L'uomo confessa di avere rapito Antonella perché gli piaceva, e di essere stato costretto a sottrarre anche le due sorelline Ninfa e Virginia Marchese perché erano uscite con lei dalla scuola. La confessione non è convincente: Antonella, tra l'altro, non ha subito violenze. Si ha il sospetto che quello di Marsala possa essere il delitto di un folle: ma gli psichiatri lo escludono perché ritengono che Vinci è sano di mente e non è «affetto da deviazioni sessuali». Il giudice istruttore, pur ammettendo che la realtà non è stata ricostruita in tutti i suoi dettagli, dispone il rinvio a giudizio di Michele Vinci per triplice omicidio, sequestro di persona, vilipendio di cadavere, atti di libidine violenta. Il magistrato si rende conto che esistono numerosi interrogativi ai quali non si è riusciti a dare una risposta (perché l'uomo ha ucciso, come le ha sequestrate, chi ha dato da mangiare a Ninfa e Virginia Marchese che sono morte soltanto pochi giorni prima del loro ritrovamento ) : ma preferisce che per il momento si giudichi e si condanni chi ha ammesso d'essere colpevole. Processo: 19 novembre 1973. Michele Vinci rifiuta di presentarsi ai giudici della corte d'assise: ma quando il dibattimento è avviato alla conclusione, muta opinione e viene in aula. Dice d'essere deciso a dire la verità ed accusa Franco Nania, fratello del proprietario dell'azienda per cui lavora: è stato lui ad ordinargli di rapire, dice, le tre bambine e, aggiunge, per il resto non sa nulla. Il processo viene sospeso (27 no¬ vembre 1973) e Franco Nania è arrestato. Franco Nania ha 46 anni, insegna in una scuola di Pantelleria, è scapolo, ha vissuto per tre anni a Torino. Nega disperatamente: sostiene che Vinci è un folle e lo ha accusato soltanto perché spera in questo modo di ottenere una riduzione della pena. Il nuovo giudice istruttore soltanto dopo quattro mesi si convince che il professore è estraneo alla morte di Antonella, Ninfa e Virginia, e revoca il mandato di cattura per mancanza di indizi. Ma continua ad indagare. Michele Vinci chiama in causa un altro suo amico, Nicolò De Vita, dicendo che è stato lui a ordinargli di rapiì re le tre bambine, la mattina de! 21 ottobre 1973: anche quest'accusa risulta senza fondamento e «il mostro di Marsala» viene incriminato di duplice calunnia. Da allora è trascorso quasi un anno e l'istruttoria non si è ancora conclusa. Sarebbe stato logico celebrare soltanto un processo a Michele Vinci: per il triplice omicidio e per calunnia. Ma la seconda indagine è ancora aperta e domani, quindi, la corte d'assise giudica Vinci esclusivamente per la morte delle tre bambine. Qualcuno vorrebbe un nuovo rinvio: ma i tempi stringono, perché si corre il rischio che scadano i termini della carcerazione preventiva con la conseguenza di restituire la libertà ad un assassino che, comunque, ha ammesso di essere colpe-, vole anche se ha mentito due volte: quando ha detto di avere compiuto il delitto da solo e quando ha sostenuto di avere agito per obbedire ad un ordine di Franco Nania. Rimane, dopo oltre tre anni, lo stesso interrogativo di sempre: chi vuole coprire Michele Vinci con le sue menzogne? Palermo. Michele Vinci