Rivincita dell'artigianato

Rivincita dell'artigianato Inaugurata a Firenze la Mostra internazionale Rivincita dell'artigianato I prodotti tradizionali della cultura di ogni popolo hanno saputo resistere all'attac co della tecnologia - Occorre però fare atte nzione a distinguere il "vero" dal "falso" (Dal nostro inviato speciale) Firenze, 25 aprile. Ottimismo e pessimismo nelle previsioni dei 2800 espositori alla Mostra internazionale dell'Artigianato, inaugurata ieri a Firenze. C'è chi sostiene che le vendite « saranno un successo, come lo scorso anno » e chi accenna, con più prudenza, a « un leggero calo, inevitabile in questo difficile momento economico ». Gli scarsi affari dei primi due giorni non sono per ora significativi. « Ma già il '74 è stato un anno incerto — dicono allo " stand " della città di Man¬ tova (dalle camicette alle pelli, scarpe, borse, giacche di vitello scamosciato) —; ce la siamo cavata, nonostante tutto, grazie all'esportazione. Sono molte le richieste dall'estero, America centrale, Spagna, Francia, Sud Africa, Australia. Mercati lontani, nuovi, spesso irraggiungibili per alcuni piccoli artigiani. Ma la diminuzione delle vendite all'interno è sensibile. E' ancora presto per parlare di una ripresa ». Nel settore dell'artigianato italiano, però, c'è vitalità. Sono circa un milione e 300 mila le imprese iscritte negli Albi provinciali delle Camere di commercio; due milioni e 700 mila gli addetti; quasi mezzo milione gli apprendisti. In complesso, cinque milioni circa dì persone operano e vivono in questo mondo artigiano. Una prova di fiducia nelle possibilità che ancor oggi offre il lavoro autonomo e creativo. Alla rassegna fiorentina, la più prestigiosa nel campo dell'artigianato artistico, partecipano, in esposizioni si7igole o collettive, rappresentanti di quasi tutte le regioni d'Italia e 40 nazioni, dall'Austria all'Ecuador, dalla Romania alla Repubblica Popolare Cinese. Qualche artigiano si è accontentato di mettere in una vetrina il frutto del proprio lavoro (non c'è possibilità di richiederne il prezzo o di ricevere spiegazioni); altri invece attendono nello «stand» clienti e operatori economici con una ricca scelta della loro produzione; altri ancora hanno preferito affidare alle Unioni regionali o alle Camere di Commercio il compito di allestire una mostra che raggruppi le caratteristiche di una regione o di una città. In sostanza, dà l'impressione di un «pasticcio», o almeno di una gran confusione che favorisce l'inserimento, in mezzo all'artigianato più autentico, di paccottiglia o contraffazioni. Accanto a tazzine da cognac in rame smaltato e argentato, stilla cui fattura a mano non esistono dubbi, per l'irregolarità della forma che l'artigiano è riuscito a dare al metallo (il servizio per sei con i piattini eguali supera le 50 mila lire), si trovano in quantità piatti, brocche, vasi e portavasi, di ogni foggia e dimensione, in rame stampato a macchina, in serie, che lo stile della lavorazione industriale rende anonimo e senz'anima. Spiccano invece, per la bellezza di una tradizione artigiana, tramandata attraverso le generazioni, arazzi, tappeti, coperte e tovaglie, tesanti a mano su telaio. Piccoli copritavola in pura lana dalla Valgrisanche (Valle d'Aosta) a 4 mila lire; le coperte di Castelsilano (Calabria) con ricami, tessute o lavorate al| l'uncinetto, a mezzo milione luna; gli arazzi sardi su lino con ricami che intercalano i colori a fili d'oro e d'argento, da 200 a 250 mila lire; i tappeti abruzzesi con i caratteristici disegni arabescati, da 20 a 40 mila lire. Pezzi unici, che costano agli artefici tempo e fatica e che rappresentano, nel mondo moderno, l'ultimo aggancio con un'arte popolare che scompare. Anche il vasaio che dà forma agli orci e alle brocche con la sola pressione delle dita, non è una figura perduta. Le ceramiche, grezze o smaltate, si ritrovano in molte regioni d'Italia. Ad Assemini (Sardegna) un artigiano, aiutato dai cinque figli maggiori (in tutto sono nove), modella soprammobili in ceramica, dal vaso-personaggio che raffigura l'avvocato con barbetta ed occhiali al toro possente e minaccioso) e procede alla cottura in un forno a legna all'antica. I prezzi delle sue opere sono modesti. Tra i legni scolpiti dai pastori della Lucania, dai montanari valdostani, che ricavano da un ceppo una scultura, le collane di semi delle Filippine, ormai copiate ed usuali, i pupazzi di pane dell'Ecuador sempre divertenti, i chimoni cinesi di seta pura brillanti di colore e le camicette a ricami folcloristici della Romania, non potevano mancare ricami e merletti fiorentini che impreziosiscono la biancheria femminile. Ogni camìcia da notte è un'opera d'arte, corpini con intarsi di pizzi e applicazioni in raso, ricami di piccoli fiori bianchi o volute a più tinte. Sono capi di lusso, costano circa 60 mila lire l'uno al rivenditore. Mentre i maestri del legno dì Como dimostrano la loro capacità in mobili con intarsi di legni esotici (una ribaltina supera ì due milioni di lire), i pizzi di Burano, punto Venezia, tutto a mano, fanno di una tovaglia corredata da 24 tovaglioli, grandi e piccoli, un oggetto da investimento: quasi quattro miliotii per il rivenditore, almeno sei per il cliente del negozio. Ago e tombolo valgono quanto il pennello di un famoso pittore. Simonetta Conti

Persone citate: Pezzi, Simonetta Conti