Drogata prima del rilascio, appariva disfatta Una settimana legata e incappucciata al buio

Drogata prima del rilascio, appariva disfatta Una settimana legata e incappucciata al buio Si è conclusa ieri all'alba, presso il suo stabilimento, la prigionia di Emilia Bosco Drogata prima del rilascio, appariva disfatta Una settimana legata e incappucciata al buio Una ragazza di 18 anni andando al lavoro l'ha vista inginocchiata presso l'acquedotto di La Loggia - Inerte, aveva perso la nozione del tempo - "Probabilmente cloroformizzata", dice il medico - Dopo le cure, si è ripresa: le sue condizioni sono buone - "Sentivo odore di stalla, nitriti e i rintocchi di un campanile in distanza. Uno dei carcerieri era sempre con me" Dopo una notte di snervante attesa, quando già si incominciava a dubitare che i banditi avrebbero rispettato gli accordi presi con la famiglia, Emilia Bosco Riansino è stata liberata a pochi passi dal suo stabilimento di La Loggia. Era l'alba, le sei meno dieci. Dopo quasi otto giorni di terribile prigionia, rinchiusa in una camera buia, legata, incappucciata, la signora Bosco ha rivisto la luce. Era ben diversa da quella che gli abitanti del paese, dove la vittima possiede molti terreni, erano abituati a vedere, la donna che i soccorritori hanno trovato ieri mattina. Emilia Bosco era un fagotto abbandonato sul ciglio di via Piave, accanto al cancello dell'acquedotto. Una forma coperta da una stoffa celeste, il capo e una parte del busto nascosti da un sacchetto di plastica per la spazzatura. Accovacciata, immobile, spaurita, non aveva più nulla dell'energia, del dinamismo, della forza che tutti le conoscono. E poi, quando si è alzata, è apparsa barcollante, distrutta, come svuotata. L'ha vista Laura Roli, una ragazza di 18 anni che abita in una cascina di via Piave, mentre passava sul suo « Ciao » per andare al lavoro all'Italpasta, e l'ha scambiata per una zingara, tanto che è tornata indietro spaventata suonando il clacson a distesa per avvertire i suoi: « Ho pensato che stesse mate, ma non ho avuto il coraggio di avvicinarmi » ha poi raccontato la giovane. Quando Laura Roli è arrivata in cortile la madre, Pierina, 48 anni, si è affacciata al balcone: « Hai dimenticato qualcosa, come sempre? ». E la ragazza: « C'è una zingara rannicchiata vicino al cancello dell'acqua, andate a vedere ». La donna ha avvertito il marito, Rolando, 45 anni, che prima di avvicinarsi alla sconosciuta ha chiamato un vicino, l'excarabiniere Gennaro Cacciauoto, 27 anni. Quando sono arrivati, la donna non aveva più il cappuccio, aveva trovato la forza di toglierlo, ma non di alzarsi. Ora, accovacciata, si copriva il capo con la borsa, una bella borsa di coccodrillo. Sentendo i passi, la « zingara » ha alzato gli occhi, stringendo le palpebre, quasi la luce le desse fastidio. « Non l'ho riconosciuta subito — ha raccontato Rolando Roli — e sì che la conosco bene. Invecchiata, dislatta. Un'altra. L'ho aiutata ad alzarsi, non stava in piedi. Quando ho capito che era lei le ho chiesto se si sentiva male, se voleva andare in ospedale. Mi ha risposto dì no, che aveva il medico a casa che l'aspettava ». Come parlando a se stessa, la signora Bosco ha domandato: « Dove sono? ». Le hanno detto che era a La Loggia, a due passi dalla Stalea, la sua industria. Poi: « Che giorno è oggi? ». Una breve pausa, e: « Telefonate a Cino ». Cino è il fratello, Felice Blangino. Pierina Roli le ha offerto un cognac, « qualcosa di forte per tirarla su », ma Emilia Bosco ha rifiutato.: « In questi giorni mi hanno imbottita di pastiglie, ho vomitato spesso. Ho anche avuto delle emorragie. Sono tutta rotta, povera me. Vorrei andare a casa ». Ma l'ex-carabiniere l'ha fatta salire sulla sua A 112, l'ha portata in caserma a Moncalieri. Sorretta da Rolando Roli e Gennaro Cacciauoto la signora Bosco ha percorso incespicando, ancora tremante, i pochi passi che la separavano dall'entrata della caserma, poi ha incominciato a salire le scale fino al pr.'mo piano, dove c'è l'appartamento del capitano. Una scena pietosa. Stravolta, si fermava ogni due o tre gradini, il respiro affannoso, la fronte imperlata di sudore. E, per percorrere 11 breve corridoio, si è dovuta sedere parecchie volte, esausta. Sono stati avvertiti il colonnello Oresta, comandante dal gruppo di Torino, il capitano Formato del nucleo investigativo, il dirigente della Criminalpol, dottor Montesano, il capo della «Mobile» dott. Fersini. Nell'attesa del loro arrivo, la moglie del capitano Ruggeri ha preparato un caffè, ma Emilia Bosco non è parsa rinfrancata. Era come in trance, parlava pochissimo. L'interrogatorio è durato più di tre ore, su di esso si mantiene il massimo riserbo. Ma, dalle notizie che sono trapelate, pare che la vittima non abbia detto molte cose, e che abbia avuto frequen¬ ti collassi. Secondo il medico e amico di famiglia che l'ha visi- tata sia in mattinata che nel po- meriggio la signora Bosco, prima del rilascio, sarebbe stata droga- ta, probabilmente con clorofor- mio. Che cosa ricorda della sua lun- i ga prigionia, del rapimento, della i j liberazione? Poco, almeno sino j i alle 9,30 di ieri, quando è uscita i dalla caserma di Moncalieri per t ! andare a casa. La lotta dei bandi- I : ti con il marito, tramortito da un terribile colpo al viso vibra- ì to con il calcio della rivoltella. I i rapitori che la trascinavano ] sull'Alfa 2000. Durante la prigio- nia, Emilia Bosco ha perduto qua- si completamente la nozione del tempo, e questo impedisce una ricostruzione precisa dei fatti, | contrariamente a quanto era av- venuto, ad esempio, con l'indù- striale Luigi Rossi di Montelera. La vittima ricorda una corsa, non molto lunga, sull'auto del marito. Ma era intontita, forse l'avevano stordita con clorofor mio. Poi c'è stato un cambio di macchina, un altro viaggio che non si sa quanto sia durato. La prigionia vera e propria dev'essere stata allucinante. La signora Bosco ricorda una camera delimitata da tende, una stanza « rimpicciolita », cioè. E' vissuta otto giorni con un cappuccio di stoffa che le impediva di vedere, i banditi le permettevano di alzarlo sino all'altezza del naso soltanto per mangiare o bere. E' sempre stata legata gambe e braccia. Le corde non erano troppo strette, ma le impedivano di stare in una posizione normale. In mezzo alla camera c'era un lettino, sul quale Emilia Bosco è stata quasi sempre rannicchiata, nella posizione alla quale le corde la obbligavano. Solo ogni tanto, quando le portavano da mangiare, poteva sedersi, ma anche qui doveva star curva, raggomitolata su se stessa. Questo, secondo il medico, spiegherebbe le condizioni della vittima ieri mattina. Difficile reggersi in piedi dopo otto giorni in una simile posizione, e poi c'è stato l'improvviso impatto con la luce, dopo una settimana di buio assoluto. Inoltre, ha detto il dottor Sona, certamente le è stato somministrato cloroformio prima del rilascio. Emilia Bosco ha sentito odore di stalla, nitriti, rintocchi di campane, e ha toccato della paglia. Un'analogia impressionante con il racconto fatto dal piccolo Pietro Garis. I banditi — due o tre, secondo la vittima — hanno scambiato pochissime parole con lei, e soprattutto non l'hanno mai abbandonata: uno della banda è sempre stato nella camera con lei giorno e notte. Le portavano cibo caldo, ma la signora Bosco ha mangiato pochissimo per paura di essere drogata. Un particolare che Emilia Bosco aveva già rivelato a Rolando Roli, poi ripetuto durante l'interrogatorio: n Sono stata molto male, ho avuto delle emorragie, mi hanno curata ». Su questo punto gli inquirenti non hanno voluto parlare. Quali emorragie, quali cure? Sembra che questo episodio, però, costituisca un indizio importante: nella banda vi sarebbe un infermiere, qualcuno con nozioni di medicina. La liberazione. Alle 5 i banditi hanno detto alla vittima: « Ti liberiamo, preparati ». L'hanno fatta salire su un'auto, ad Emilia Bosco è sembrato un viaggio di circa un'ora. Ecco perché è quasi sicura che la comunicazione le sia stata fatta verso le 5. Poi l'incontro con i Roli, l'interrogatorio, l'arrivo a casa, verso le 111i11 11111111111111(1111)11 1111iI11 111 10. Nessuno è potuto entrare nell'alloggio di corso Galileo Ferraris 98, assistere all'incontro con il marito, Pietro, il figlio Isidoro, il fratello, il cugino don Giacomo Chiosso che ha consegnato il denaro del riscatto. « Dopo due ore — ha detto nel pomeriggio il legale della famiglia, avvocato Ferrerò — la signora Bosco si è ripresa, è tornata quella di sempre :>. Il dottor Sona, che l'ha visitata due volte, l'ha trovata stanchissima, ma in buone condizioni generali. Verso le 20, però, Emilia Bosco ha avuto un nuovo collasso. Preoccupazioni ci sono anche per la salute del figlio, che in tutta questa settiI mana non ha praticamente mai . dormito. Che cosa è accaduto l'altra se, ra? Perché i banditi hanno tarI dato tanto a liberare l'ostaggio, visto che l'accordo prevedeva il rilascio entro un'ora dal pagamento? La liberazione era attesa per mezzanotte. L'avvocato Ferrerò attendeva in casa dei Bosco dalle 23. C'erano tutte le luci accese, ombre si stagliavano dietro le finestre, scrutavano l'arrivo di un'auto. C'era euforia nella tragedia, in corso Galileo Ferraris. Poi l'angoscia, il legale era uscito scuotendo la testa: « E' tutto un pasticcio ». Un primo ritardo si è avuto nella consegna della somma. Don Giacomo Chiosso, il cujino di Emilia Bosco incaricato dell'opeI razione, è uscito di casa alle 24. In casa credevano di vederlo rientrare dopo un'ora al massimo, invece il salesiano si è trovato di fronte ad una complicatissima « caccia al tesoro » come egli stesso l'ha definita, che è durata un'ora e mezzo. Dodici biglietti in dodici punti diversi gli indicavano la strada da seguire, spesso facendolo tornare sui suoi passi. L'undicesimo diceva: « Autostrada per Aosta, al cartello: " km 35 a Ivrea " ». Qui c'era un altro foglio: « Esci al casello di Volpiano, torna verso Torino. A 10 chilometri dalla città rallenta, qui troverai l'indicazione di un parcheggio. Fermati al segnale sotto il cavalcavia, butta la borsa con il denaro oltre la recinzione ». Don Giacomo, arrivato al segnale del parcheggio, ha atteso qualche minuto, il cuore palpitante. Ha visto quattro ombre scendere la scarpata, restando nel buio, poi un ordine secco: « Getta subito i soldi, subito ». Era l'una e mezzo. Emilia Bosco doveva essere liberata quindi alle 2,30. Qualche cosa, nel complesso meccanismo costruito dal banditi, si è inceppato. A che punto sono gli inquirenti? C'è una traccia che porti ai rapitori? In questura c'è una certa soddisfazione. Il sequestro di Emilia Bosco ha impressionanti analogie con quello di Pietro Garis, come già si è detto. Il bimbo ricorda una stanza analoga a quella che ha fatto da prigione alla signora Bosco, la paglia per terra, il nitrito dei cavalli, l'odore di stalla. Anche la consegna del riscatto per Pietro era stata una piccola caccia al tesoro, imene se meno complessa; il luogo, un'autostrada, ad un viadotto. I nuovi particolari che la « manager » ha fornito agli inquirenti avrebbero cioè arricchito un mosaico nel quale i contorni delle figure, dei luoghi e dei sospetti erano già abbastanza ben delineati. Servizi di: Ezio Mascarino, Marco Marello, Emanuele Monta, Guido J. Paglia, Arturo Rampini, Sergio Ronchetti, Mario Varca I . , I I Emilia Bosco, affranta, è sorretta dal fratello Felice, dal figlio Isidoro e dal marito Pietro - Laura Roli l'ha ritrovata presso lo stabilimento di La Loggia Qui, in questa posizione, hanno ritrovato la sequestrata