La Vienna della belle epoque negli"Uccelli,, di Ronconi

 La Vienna della belle epoque negli"Uccelli,, di Ronconi La commedia di Aristofane in scena al Burgtheater La Vienna della belle epoque negli"Uccelli,, di Ronconi (Dal nostro inviato speciale) Vienna, 21 aprile. Strehlev, Ronconi, Guicciardini, Squarzina... I nomi dei nostri registi compaiono seni pre più spesso sulle locandine | dei teatri viennesi insieme a quelli dei loro collaboratori: scenografi, costumisti, musicisti, coreografi. Si aggiungo¬ no ai nomi dei cantanti lirici i italiani, che a Vienna sono di ' !casa da sempre, e testimonia- i no lo sforzo che una veneran I da istituzione come il Burgtheater, roccaforte della civil- ! tà teatrale non soltanto au-1 striaca, compie per uscire da- j gli schemi troppo rigidi e un po' impolverati di una gloriosa ma sonnacchiosa tradizio-1 ne e per inserirsi in un giro europeo di più ampio respiro. Ma il pubblico come considera questo sforzo? Quando il massiccio sipario del Burgtheater è calato rapidamente s.ur£: H.CCfJE. dj_ ^}~}0l™„ ter n01^ si Presentano mai a ringraziare impedisce, spe ! 1 j 1 cialmente agli stranieri, di va- j lutare esattamente il successo | di uno spettacolo in base a un i messi in scena da Luca Ronconi, sono scrosciati i battimani. Ma la tradizione per la quale gli attori del Burgthea- applauso, che inevitabilmente, si spegne presto, e a poche risatine educate di ima platea abbastanza sulle sue. Ma tra le quinte assicuravano che le accoglienze erano state calorose e che nemmeno il secon- do incontro dei viennesi con Ronconi (il primo si era avuto per Le baccanti di Euripidei si era risolto in uno scontro. Del resto, lo spettacolo sembra pensato apposta per 1 gli spettatori del Burgthea| ter che nell'Atene del V secolo prima di Cristo non possono non ravvisare la Vienna della Belle epoque e nel sogno dei due ateniesi che, fuggendo dalla città per scampare ai processi e alle delazioni, costruiscono tra cielo e terra, nel beato reame degli uccelli, i la loro Nubicuculia, il sogno j della società mitteleuropea I che, per non prestare orecchio ai presagi minacciosi dell'imminente rovina, vagheggia una vita rigorosamente radicata nelle divisioni di casta e di classe e immutabilmente fissata nel costume e nella tradizione. E' questa società che subito Ronconi ci fa sfilare davanti nei suoi abiti di festa e di cerimonia. E non manca il popolino nel corteo che dapprima avviluppa Pistetero ed Evelpide mentre, zaino in spalla come due bravi escursionisti, s'accingono a esplorare il regno dell'utopia, e poi chiude a essi tutte le porte e finestre di un immenso scatolone dove due lettini di ferro sembrano ricordare che si tratta di un sogno dei prota- gomsti. I quali tuttavia rie-scono egualmente ad arrivare alla loro meta che è evidentemente il Wienerwald, cioè la foresta viennese, se dai bauli sparsi per il palcoscenico si alzano come vele immagini di tronchi e di foglie. Si crea così l'atmosfera per la presentazione di Upupa che, nella sua qualità di uomo-uccello, parlerà standosene a mezz'aria su uno dei due materassi come su un trapezio. Il sogno dei borghesi di Vienna, che ora si spogliano I rimanendo gli uomini in mu tandoni, ma sempre con la ; bombetta in testa e le donne in guepiere, ma sempre con ì loro buffi cappellini, ora si trasformano in uccellacci variopinti ma poco rassicuranti con i loro istinti cannibaleschi, si raddoppia nel secondo tempo in quello di Pistetero ed Evelpide che sognano di mettere le ali e di costruire la loro aerea città. Ed entrambi i sogni si sviluppano e si intrecciano in un crescendo di invenzioni: poetiche come la splendida ornitogenesi che Ronconi fa raccontare da una vecchia signora (che è poi l'anziana e popolarissima attrice Alma Seidler) o spiritose come la discesa con ascensore deliziosamente liberty di un'Iride biondissima e provocante che ha i ventagli di piu- me di una diva dell'operetta. Anche questa seconda parte della commedia di Aristofane, che non ha il lirismo e la genialità fantastica della prima e si spezzetta in episodi che si potrebbero paragonare ai «si- panetti» delle attuali riviste, offre a Ronconi eccellenti appigli per divertire il pubblico ma anche per illustrargli l'idea che è alla base della sua regia. Un esempio per tutti: l'ambasceria degli dei dell'Olimpo, seccati che Nubicuculia impedisca al fumo dei sacrifici di salire in cielo, è formata da un Ercole con l'elmo a chiodo, da un Poseidone in feluca da ammiraglio e da un barbaro Triballo che porta il fez dei turchi. C'è poi un sicofante che gli uccelli divorano in un batter d'occhio lasciandone soltanto le scarpe, e c'era anche un prete cattolico ma è scomparso tra la prova generale e la prima per una forma di prudente autocensura (del Burgtheater, non del regista). Se lo spettacolo è, per così dire, passato sopra la testa, o I a lato, di quei pochi spettato- ' ri ancora attaccati a una concezione del teatro, e a una sua abitudine, che hanno fatto il loro tempo, ha però convinto la maggior parte del pubblico e ha confermato che Ronconi sta acquistando in chiarezza (i sogni svaniscono — dice il felicissimo finale — ma non la speranza che venga il regno dell'utopia) tutto ciò che perde in barocchismo. Questi Uccelli, di cui ha scrupolosamente rispettato il testo nella traduzione tedesca di Ludwig Seeger, hanno un equilibrio e una discrezione notevoli e una bellezza formale vorrei dire meno «sporca» (penso al Sigfrido scaligero,' ma soprattutto alle corde penzoloni e agli approssimati-1 vi tendaggi della Walkiria) che in precedenti allestimenti. Questa volta poi ha avuto accanto un Luciano Damiani j massimo della forma, con accensioni alla Magritte e luminose prospettive (la città degli uccelli è, a un certo punto, semplicemente un grande cubo lucente su un'altalena), e ha trovato preziosi collaboratori in Giancarlo Chiaraniello, che con musiche e cori da lontananze misteriose evoca il ricordo dei malinconici e sorridenti Lìeder e valzer di Brahms, e Angelo Corti che ha istruito nella danza e nel mimo i disciplinatissimi e precisissimi attori del Burgtheater da Kurt Beck, ottimo | protagonista, al singolare Wolfgang Gasser, dal bonario Kalus Behrendt a Hilke Ruthner e a tutti gli altri di una I ricchissima distribuzione. Alberto Blandi

Luoghi citati: Atene, Vienna