Vietnam: Van Thieu se ne va di Ennio Caretto

Vietnam: Van Thieu se ne va Vietnam: Van Thieu se ne va [Segue dalla 1a pagina) mento delle forze armate, il crescere dell'opposizione politica interna, compresa quella dei cattolici, storicamente sempre dalla parte del governo. Il discorso di Van Thieu, durato quasi un'ora, è stato sarcastico e polemico nei confronti degli Usa: egli ha accusato di tradimento Kissinger, colpevole, secondo lui, di «aver venduto il Paese due anni fa alle trattative di Parigi». Ha detto che neppure mezzo milione di truppe e 200 miliardi di dollari «dei "campioni della libertà" sono riu- sciti a sconfiggere i comunisti ». Egli ha fatto capire di rinunciare al potere soltanto per costringere l'America, i vietcong e Hanoi a far fronte alle proprie responsabilità. Nessuno è riuscito ad appurare dove si trovi stasera il presidente dimissionario. Nella comunità americana si registra molto nervosismo, e si teme una rappresaglia popolare per quella che sembra una defezione. Sul fronte, intanto, la situazione è in pieno movimento. Sotto l'incalzare delle truppe 1 motocorazzate nordvietnami- j te, è cominciata oggi la ritira- [ ta dei governativi verso Saigon e Vung Tau, il porto che assicura alla capitale lo sbocco sull'oceano. Xuan Loc a 60 chilometri da Saigon, e Ham Tarn, sulla costa, le due città dove i sudvietnamiti hanno opposto negli ultimi giorni una forte resistenza, sembrano essere cadute o in procinto di cadere. Appare sempre più imminente uno sbarco dei marines americani per lo sgombero dei cittadini statunitensi e di altri occidentali. Nel Mar cinese meridionale incrociano questa sera cinque portaerei, tra cui l'Enterprise, a propulsione atomica, e numerosi incrociatori e mezzi da sbarco, tutti della potente settima flotta. Non si sa, al momento in cui scrivo, se i governativi stabiliranno una nuova linea di difesa a Bien Hoà, la grande base aerea a soli 25 chilometri da Saigon, o se retrocederanno sin quasi alle porte della capitale. Bien Hoà è stata oggi cannoneggiata per la prima volta in pieno giorno, e il consolato americano ha deciso di chiudere i battenti. S'ignora inoltre se Vung Tau possa essere difesa senza che gli Stati Uniti vi creino una «testa di ponte». La caduta di Bien Hoà e di Vung Tau, dopo quella di Xuan Loc e di Ham Tan, produrrebbe un tragico effetto psicologico sull'esercito e la popolazione in Sudvietnam. Le forze comuniste controllano ormai 20 province su 44. E Saigon verrebbe a trovarsi circondata da ogni lato, senza altri sbarramenti che quelli fluviali. Prima che Van Thieu annunciasse le dimissioni avevo discusso degli ultimi sviluppi con uno dei più forti oppositori del regime, Tran Ngoc Lieng, il fondatore delle «Forze nazionaliste progressiste» e dell'«Organizzazione popolare per la pace». Il 7 aprile, oltre alla rimozione di Van Thieu, Lieng aveva anche proposto l'allontanamento di tutti gli americani da Saigon. Lieng, che fu ministro degli Affari sociali nel '65, sotto il maresciallo Cao Ky, e che abbandonò poi la vita politica «per disgusto verso Washington», attribuiva a Van Thieu la totale responsabilità della crisi. «Il Vietcong conduce una vera guerra di liberazione », ha dichiarato. « Per necessità è ricorso all'aiuto di Hanoi. Ma è pronto a cessare il fuoco, purché si applichi il trattato di Parigi». Come molti altri leaders saigonesi, e contrariamente ai diplomatici stranieri, Tran Ngoc Lieng crede ancora in una soluzione negoziata del conflitto. «E' da escludere un "golpe" dell'esercito — ha proseguito — i nostri generali sono troppo corrotti e incapaci. Dopo Van Thieu sì costituirà un governo in grado di trattare col Vietcong. A tempo debito, si formerà un " Consiglio di riconciliazione nazionale" come previsto per la pace, con tre gruppi eguali, uno di destra, uno di centro, uno di sinistra». A Saigon, l'atmosfera è sempre più tesa, misure di emergenza sono state adottate dagli americani e dagli altri stranieri: i francesi girano con la bandiera sulle macchine o al braccio, i tedeschi e i giapponesi stanno compiendo un esodo in massa. Alla periferia la popolazione è atterrita, nonostante l'apparente normalità della vita cittadina. Le suore italiane, che hanno deciso di restare nel Sud Vietnam qualsiasi cosa accada, sono invece calme e fiduciose. Mi hanno detto di aspettare con serenità l'arrivo dei nordvietnamiti e del vietcong: «l'indispensabile è che la guerra cessi, e non ci siano più bombardamenti». Ennio Caretto