l duri scontri di Cisterna sulle colline dell'Astigiano di Edoardo Ballone

l duri scontri di Cisterna sulle colline dell'Astigiano Un pugno di ragazzi decisi costrinse i fascisti alla resa l duri scontri di Cisterna sulle colline dell'Astigiano Il 6 marzo 1945 le brigate nere attaccarono in forze con carri armati e autoblindo una delle più importanti posizioni strategiche, ma dopo 2 giorni di scontri furono costrette a ripiegare Aveva venti anni e faceva il contadino. 1 fascisti lo fucilarono e gli sputarono addosso perché non aveva voluto tradire i compagni che stavano combattento sulle colline dell'Astigiano. Si chiamava Rino Rossino ed era stato staffetta nelle prime fasi della battaglia di Cisterna d'Asti, combattuta il 6, 7 e 8 marzo 19i5 ira partigiani e brigate nere. Rossino e Domenico Bergamasco, anch'egli fucilato, furono le uniche due vittime partigiane di una battaglia che è passata alla storia come il più importante scontro a fuoco nell'Astigiano durante la guerra di Liberazione. I protagonisti della battaglia, come in un tragico copione, erano quelli che già da due inverni si disputavano colline, cascinali e paesi in posizione strategica. Gli uni, i fascisti, odiati dalle popolazioni e aiutati da un esercito cinico e nemico; gli altri, intellettuali, figli di contadini ed operai, appoggiati dalla gente che vedeva in loro i messaggeri di un futuro migliore. Forse, proprio per questi motivi, aldilà dei singoli eroismi, i quattrocento partigiani di Cisterna tennero testa e quindi annientarono i 1400 fascisti imbottiti di fucili, mitraglie, autoblindo e persino carri armati. Gli osservatori della guerra partigiana sono oggi concordi nel definire la battaglia di Cisterna come una tappa basilare nella lotta di liberazione. In quell'angolo di Piemonte, i nazifascisti furono umiliati e sconfitti: così compresero che la disfatta era ormai vicina e concentrarono le loro forze nella difesa di Torino. Dopo l'S marzo, giorno della vittoria, le brigate nere di¬ menticarono Monferrato e Astigiano: i loro fucili non uccisero più gli inermi, le loro braccia non appiccarono più il fuoco alle case dei contadini, le loro divise non terroriz¬ zarono più donne e bambini. Ma perché proprio Cisterna? Nella zona, da mesi operava la VI divisione autonoma al- pina «Asti», comandata dal te-nente colonnello Giovanni To-selli «Otello». Era un gruppo mnti npr i di uomini bene armati per i continui aviolanci degli Alleati. La divisione era composta da tre brigate: la «Alba» (comandante Gino Carbone), la «Asti» (capitano Bellero, detto Gris) e la «Canale» (comandante Francesco Corderò «Ceca»). Quasi tutti erano reduci dalla guerriglia partigiana in montagna; erano poi scesi sulle colline nel precedente inverno per meglio organizzare gli attacchi ai nazifascisti. Ai «montanari» s'erano subito uniti i giovani contadini delle colline astigiane: ventenni dal viso arso dal sole e con la rabbia in corpo contro i fascisti che seminavano morti e terrore. Questo manìpolo di uomini e centinaia di altri (garibaldini, giellisti, matteottini) avevano dato del filo da torcere ai nazifascisti negli ultimi mesi. Erano saltati ponti sulla ferrovia GenovaTorino; appostamenti fascisti erano stati annientati; soldati tedeschi erano stati uccisi. «Quelli di Cisterna», come li definivano i comandi nazifascisti, erano veramente dei nemici scomodi. Fu dunque deciso di distruggerli o, come si era soliti dire, in termine militare, rastrellarli. Sul fronte italiano, l'offensiva alleata era rallentata dopo lo sfondamento della «linea gotica» ed americani e inglesi sembravano in difficoltà. I tedeschi di Asti (ma erano pochi), i reparti neri del «Rap» di Alba e la fanatica brigata «Ather Capelli» di Torino decisero di dare una definitiva lezione «a quelli di Cisterna». In un'alba piovosa del 6 marzo di trent'anni fa, i nazifascisti arrivarono con autoblindo, carri armati e mortai ai piedi della sonnolenta Cisterna. Ma gli informatori avevano già avvisato, il giorno prima, i comandanti partigiani. Il fronte partigiano era schierato sulle colline di Santo Stefano Roero e nei valloncelli dì Ronchese, alla sinistra di Cisterna. C'erano gli uomini della VI divisione autonoma di Toselli, gruppi della «Matteotti» di Gino Cattaneo, una brigata GL comandata da Piero Scagliola e i garibaldini «Stella Rossa» agli ordini di Rolandino. Per tutto il 6 marzo, i nazifascisti aggredirono le colline con mortai e bazooka, ma le loro perdite durano gravi e Cisterna non fu conquistata. Soltanto il giorno dopo, un gruppetto di brigatisti neri riuscì a raggiungere alcune case del paese: furono subito date alle fiamme ma i partigiani riuscirono ben presto a respingere l'avamposto fascista. La difesa dei partigiani era quella del popolo che, anche se in minoranza, sembravano un enorme, accanito esercito. Autoblindo, carri armati e mortai erano invece manovrati da gente che si sentiva isolata e che riceveva ordini in tedesco, una lingua che non 1 f» 9"?»° del s.uo Paesf- Cosi \K}asclsl*c"plrono chte an' c4he Quell'ultimo appuntarne^ io con la vittoria era svanito e decisero di abbandonare il campo. Ma non era finita. La loro colonna in ritirata fu accerchiata dai partigiani che a colpi di «bamboline» (rudimentali bombe a mano «fatte in casa») e con qualche bazooka riuscirono a bloccare la fuga. Parecchi i morti di parte fascista ed i brigatisti neri furono costretti ad alzare bandiera bianca. Cisterna aveva vinto. I caduti fascisti furono restituiti dietro rilascio di un centinaio di detenuti politici imprigionati alle «Nuove» di Torino. Nonostante le cifre ufficiali che parlavano di 26 morti fascisti, in realtà le perdite dei neri furono maggiori: 122 vittime. I loro funerali a Torino si svolsero imponenti; due ali di folla accompagnarono il corteo funebre; radio e giornali addomesticati parlarono di estremo saluto «dei veri italiani ai giovani militari uccisi dai ribelli partigiani». In realtà, come poi fu confermato dopo la Liberazione, quelle centinaia di torinesi presenti ai funerali erano stati costretti ad essere commossi dalle decine di mitra nazifascisti collocati a qualche metro dalle loro schiene, sotto i portici o lungo le strade del centro cittadino. Qualche giorno prima, a Cisterna, migliaia di persone avevano seguito i funerali di Rino Rossino, fucilato dai fascisti. Molti piangevano, ma senza le armi puntate alla schiena. Edoardo Ballone Partigiani tra i vigneti dell'Astigiano durante la guerra di Liberazione

Luoghi citati: Alba, Astigiano, Monferrato, Piemonte, Santo Stefano Roero, Torino