La Repubblica da difendere

La Repubblica da difendere La Repubblica da difendere Ancora la morte di un giovane, la terza nella tragica sequenza apertasi con l'assassinio di Claudio Varalli a Milano, da parte del fascista che andava in giro, con la pistola carica e l'intenzione di provocare: l'Italia non è sull'orlo della guerra civile, ma ogni uccisione, ogni atto di violenza, sono una ferita per questa so.cietà, il segno tormentoso di una malattia inquietante, anche perché non ne comprendiamo bene le cause. Che cosa spiega l'originaria, sovversiva aggressività di parte fascista? Che cosa spinge, in una specie di febbrile esaltazione, gruppi di giovani, di estrazione soprattutto borghese e studentesca, oltre la protesta civile, dentro la «spirale di ritorsioni e di risse» contro la quale i partiti antifascisti ed operai li mettono pure fervidamente in guardia? Forse le cause di questa follia violenta, che vorrebbe travolgere l'ordine democratico e la legalità repubblicana, ci sfuggono proprio perché hanno radice nell'irrazionale, o perché rispondono a una trama manovrata di cui non conosciamo gli autori. Si provveda almeno — se non possiamo capire e spiegare tutto, — a togliere quelle potenziali motivazioni che, in misura difficile a pesarsi con precisione da storici, contribuiscono certo ai comportamenti brutali, che contrastano cori i prevalenti ideali di una società giusta, civile, tollerante. Chi cerchi di sintetizzare le reazioni delle forze politiche o dei grandi organi di stampa, che si rivolgono a vaste masse di cittadini nello sforzo, di esprimerne i sentimenti, è colpito dalla sostanziale convergenza dei giudizi, al di là dei contrasti politici tradizionali. Anzitutto vi è coincidenza nel denunciare nel fascismo che sopravvive, e che ha scoperti legami con le forze politiche «legali» dell'estrema destra, la prima origine della violenza in Italia: per l'organizzata o istintiva applicazione di una «strategia della tensione» che trova esca, in questi giorni, probabilmente, nella simultaneità del trentennale della liberazione dal fascismo con la preparazione di un'importante prova elettorale. La seconda considerazione, in un'analisi largamente maggioritaria di questa difficile crisi, può essere così sintetizzata: è diffusa la convinzione che non si sia messa abbastanza risolutezza nella lotta al fascismo che sopravvive, sia pure in isole sociologiche e geografiche facilmente identificabili e identificate. Si voglia o no giungere alla messa sotto accusa, come anticostituzionale, del movimento sociale italiano (su ciò le opinioni non sono concordi: le principali forze politiche, compreso il pei, non chiedono finora che si collochino i missini fuori legge), è sicuro che si pretende una svolta nell'applicazione severa e intransigente della legge contro i nuovi totalitari. Tra l'altro, la sola (anche se insufficiente) motivazione per le violenze degli estremisti sedicenti di sinistra, è che appare intollerabile alla coscienza democratica il sopravvivere di tanta spudorata minaccia armata di marca fascista. Ci fanno, orrore, tanto più perché non si dichiarano fascisti, i giovani armati di spranghe o bombe molotov che cercano deliberatamente l'urto brutale con gli avversari politici, o che provocano scontri e contrapposizioni con i corpi di polizia impegnati a compiere il loro difficile dovere; ma non dimentichiamo per quanto tempo i picchiatori fascisti, o questi nuovi assassini «neri» armati di pistole e bombe, hanno seminato l'odio e il terrore, senza che vi sia stata, da parte delle forze cui spetta il compito di proteggere l'ordine e la legalità, una repressione sufficientemente dura ed efficace. Anche per togliere pretesti alla distruttiva violenza di gruppi estremisti pseudorivoluzionari, e per poter eseguire il disarmo di quelle frange violente di «ultras» che cercano di trascinare la sicisencncrbddczcmdsg società democratica italiana in un gorgo di brutalità, occorre insomma, e presto, che il governo dia prove della sua precisa e ferma volontà e capacità di disarmare i nuovi fascisti. Il governo può contare, in una simile azione, su larghissimi appoggi. Non si dimentichi ciò che, con una giusta e legale severità, si vuole difendere: il libero giuoco delle opinioni democratiche, il potenziale di crescita civile di una società che aspira alla giustizia e che sa, per la coscienza che ha di tanti passati falli-1 menti storici, che fuori della democrazia pluralista c'è soltanto un'illusione di prò- j gresso. Questa repubblica è nostra, l'abbiamo pagata, i nostri padri e noi, con lotte e sofferenze, che in questo trentennale anniversario dell'Aprile della Resistenza ci sembrano ancora più che mai vicine e vive. Non tolleriamo che l'ignominia di un fascismo sopravvissuto, l'ignavia di una politica dell'ordine pubblico timida o miope, e la brutale stupidità di chi vuol giuocare alla rivoluzione (ma si rivela in realtà contagiato da ideologie della violenza) travolgano la società libera nella quale vogliamo vivere.

Persone citate: Claudio Varalli

Luoghi citati: Italia, Milano