A Beirut oltre 150 morti nelle 4 giornate di stonivi di Mario Ciriello
A Beirut oltre 150 morti nelle 4 giornate di stonivi La "guerra,, tra i fedayn e la Falange A Beirut oltre 150 morti nelle 4 giornate di stonivi Il conflitto tra i palestinesi e gli uomini della destra rischia di esasperare la tensione già esistente tra musulmani e cristiani (Dal nostro inviato speciale) Beirut, 17 aprile. Il peggio è passato, ma Beirut e l'intéro Libano barcollano ancora nella sanguinosa scia delle «quattro giornate». Altre quindici persone sono cadute oggi nelle vie della capitale e nuove violenze sono esplose nei centri minori. Beirut resta una città fantasma, con quasi tutti i negozi e gli uffici chiusi. Anche se lento, un ritorno alla normalità è però visibile. Quasi tutti gli esausti combattenti hanno accettato l'armistizio proclamato iersera. Sono state «quattro giornate» tremende. Oltre 150 persone sono morte in questa guerra di fazioni, la maggioranza a Beirut, nei suoi rioni periferici, ma anche nelle eleganti vie residenziali e del centro. Di molte vittime non si conosce neppure il nome. L'opera di identificazione è difficilissima: i due tedeschi periti domenica sarebbero due palestinesi residenti in Germania e ancora non si sa se il «danese» Jensen, colpito alla testa da un proiettile e ora agonizzante, sia veramente un cittadino di Copenhagen. Soltanto ieri, nelle ultime ore prima del cessate il fuoco, morivano non meno di 24 persone, tra le quali un bambino di tredici anni. Se ai 150 e più morti dei giorni passati si aggiungono le quindici vittime di oggi e le «molte decine» di feriti del-l'intero dramma, si ha un bilancio che riduce a poco più di una rissa la violenza nordirlandese. E tutto questo in una nazione che non arriva ai tre milioni di anime. La spiegazione va cercata non tanto nella vastità degli scontri quanto nell'impiego di un poderoso arsenale militare. Mitragliere pesanti, razzi, mor- tai, e naturalmente bombe. I danni materiali sono enormi. Gli esplosivi hanno dilaniato negozi, scuole, officine, alloggi. L'armistizio — frutto di una mediazione alla quale hanno partecipato la Lega araba, Arafat, vari sacerdoti e naturalmente il governo libanese del premier Rashid Solh — ha arrestato l'escalation proprio quando minacciava di divenire incontrollabile. Ai protagonisti originali del conflitto, i palestinesi e la Falange, cominciavano ad affiancarsi nuovi e battaglieri gruppi. In vari rioni, altresì, soprattutto quelli musulmani, la « legge e l'ordine » stavano passando nelle mani di armatissimi volontari. Sono queste piccole milizie che riluttano dall'abbattere le barricate. I quindici morti di oggi, ad esempio, sono caduti in scontri tra piccole fazioni di sinistra. Purtroppo — come dice il quotidiano locale di lingua inglese Daily Star — « l'accordo per por fine alla crisi tra i Fedayn e i falangisti è più un sedativo che una medicina ». Le cause del male restano. Commandos, sostenuti da una comunità palestinese, che secondo molti arriva alle 300.000 persone, continueranno ad essere uno « Stato nello Stato »: e il fatto stesso che i loro uomini non siano stati piegati né dal ' governo né dalla Falange che abbiano liberamente ac consentito a una tregua, ne rafforza anzi la posizione. E la Falange, partito di estrema destra, con due ministri al governo, attrae sempre più le simpatie di coloro che avversano la pericolosa indipendenza d'azione dei partigiani palestinesi. E' un urto che potrebbe approfondire drammaticamente le divisioni nel Paese. Con una generalizzazione forse rischiosa ma inevitabile, si può dire che il conflitto tra i palestinesi musulmani e i falangisti cristiani esaspera le tensioni fra l'intera comunità musulmana e l'intera comunità cristiana, la prima economicamente più depressa, l'altra più privilegiata. Il Libano ha sempre mostrato eccezionali capacità di so- I pravvivenza, e forse riuscirà ! a sunerare i a superare anche queste crisi. Ma l'evoluzione non sarà facile, le sole soluzioni puramente politiche potrebbero rivelarsi insufficienti. A queste preoccupazioni a lungo termine si aggiungono quelle più immediate. Quante settimane dovranno passare prima che i potenziali visitatori del Libano dimentichino queste giornate di sangue? Fra domenica ed oggi, gli alberghi si sono svuotati. Ancora impossibili le comunicazioni telefoniche con molti Paesi stranieri, fra cui l'Italia. L'immondizia si accumula nelle strade, anche nei quartieri più belli, ed è una benedizione che il tempo si mantenga fresco, con qualche temporale. Scarseggiano i viveri, in particolare la carne. Si vedrà domani se la gen- te, finalmente rassicurata, lascerà le case e sciamerà nelle vie. Prima o poi, Beirut sfoggerà il suo cordiale volto di sempre, ma le ferite inflitte da questa tragedia lasceranno cicatrici. E purtroppo non sembrano destinate ad essere le ultime. Mario Ciriello
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