Dopo il Kippur

Dopo il Kippur Dopo il Kippur La pace può diventare una abitudine, ed è un'abitudine pericolosa perché purtroppo viene sempre il momento in cui va in frantumi. Ma che diventi un'abitudine la guerra è cosa alla quale nemmeno il combattente più indurito sa rassegnarsi, anche se non gli resta altra scelta; e non sa rassegnarvisi nemmeno il testimone professionale, il corrispondente di guerra, eppure la subisce. Strappato da una Milano caotica e sonnolenta insieme e catapultato in Israele subito dopo lo scoppio della guerra del Kippur, Guido Gerosa ha dovuto piegarsi in pochi giorni alla dura, sconvolgente abitudine della guerra. Ora racconta le sue esperienze in un libro / cannoni del Sinai (Sei, L. 4000), che è testimonianza visiva e diario interiore, cronaca e confessione. I fatti sono quelli che ricordiamo: battaglie di carri armati, arretramenti, avanzate, distruzioni, liti e gelosie fra i generali israeliani e poi lo sfondamento al di là del Canale di Suez, la faticata cessazione del fuoco, l'arrivo di Kissinger. Ma al racconto dei fatti fa da sottofondo un sordo, quasi rabbioso scandaglio interiore: simpatizzante per la causa araba, Gerosa scopre giorno per giorno più chiaramente che ragione e torto sono inestricabili nell'una e nell'altra parte. Persa l'aureola di conquistatori invincibili e implacabili, gli israeliani gli appaiono come sono in realtà: uomini che lottano per sopravvivere. E quando cessa il rombo dei cannoni, l'addio alle armi è amaro: « Dopo », conclude l'autore riassumendo le sensazioni e le convinzioni di tanti suoi colleghi, « nessuno di noi è mai più stato lo stesso ». , m. b.

Persone citate: Guido Gerosa, Kissinger

Luoghi citati: Gerosa, Israele, Milano, Suez