Una telefonata: "Preparate 2 miliardi di Renato Rizzo

Una telefonata: "Preparate 2 miliardi Il rapimento dell'amministratrice della ditta Stalea di La Loggia Una telefonata: "Preparate 2 miliardi Il microfono, in casa Bosco, ha portato ieri quattro messaggi, due della stessa voce - Ma sono davvero i "carcerieri"? - Non hanno fornito nessuna prova che la donna sia nelle loro mani - Da tempo i banditi avevano preso di mira la famiglia - Tre giorni fa il fratello era sfuggito per poco a un tentativo di sequestro « Emilia sta bene, riceverete presto nostre istruzioni. Se obbedirete, tutto filerà liscio. La vita della donna per noi vale due miliardi da versare in banconote da 50 c 100 mila lire ». Queste parole, pronunciate con voce fredda e senza inflessioni dialettali, potrebbero essere il primo contattos tabilito con i familiari di Emilia Bosco, la titolare della « Stalea » rapita l'altra sera da tre uomini armati e mascherati nel garage di casa. « Potrebbero ». Infatti il telefono è squillato parecchie volte nell'elegante alloggio di corso Galileo Ferraris 98 nella mattinata di ieri e nel primo pomeriggio. Voci dure o sghignazzanti che si sono dette disposte a barattare per cifre enormi notizie sulla sorte della rapita. Sciacalli che tentano di inserirsi nel dramma della famiglia Bosco aggiungendo dolore al dolore. Le telefonate sono state quattro in tutto: tre il mattino, dalle 10 alle 11,30, l'ultima alle 15,40, quella con la richiesta dei due miliardi. Un particolare: sembra che il misterioso interlocutore avesse la stessa voce di quello che aveva chiamato intorno alle 10,50. Ha risposto alle telefonate un cugino della signora Bosco, don Giacomo, missionario salesiano da poco arrivato in Italia dall'America, che ha passato tutta la giornata in casa Bosco a confortare i parenti. Sono i veri rapitori? L'avvocato Giovanni Ferrerò, incaricato dalla famiglia di seguire, almeno per questi primi giorni, la vicenda, smentisce: « Non sono al corrente di nessuna telefonata con richieste- precise. Per me anche questo, ammesso che sia davvero successo, e il gesto d'uno sciacallo ». Nel corso di una conferenza stampa tenuta nel suo studio di via delle Orfane 5 il legale ha precisato che la famiglia Bosco non aveva mai preso in seria considerazione l'ipotesi d'un sequestro. « Anche il viaggiare su due auto diverse e seguite a breve disfama dalla "132" del fratello della signora Bosco e contitolare della ditta, Felice, era una consuetudine che non derivava da nessun specifico timore ». Abbiamo domandato: « La /amiglia è disposta a trattare con ì rapitori su qualsiasi cifra? ». Risposta: « E' un argomento difficile. La Stalea, come tutte le aziende che si occupano di carni, risente in questo periodo della crisi del settore. 1 clienti di maggior rilievo sono gli enti pubblici, i quali non pagano da tempo le torniture. La ditta vanta molti crediti, ma esistono grossi ed innegabili problemi di liquidità anche per la legge che regola le trattative con i mercati esteri come Bulgaria, Romania, Danimarca, Francia, Argentina ed Alto Volta ». L'avv. Ferrerò non ha voluto dare nessuna conferma su un precedente tentativo di rapimento cui sarebbe sfuggito quattro giorni fa Felice Blangino. Ma sembra che l'episodio sia realmente avvenuto: l'industriale mentre rincasava in auto fu stretto da un'altra vettura nei pressi del dazio in corso Unità d'Italia. Allora non gli diede molto peso, oggi, alla luce del sequestro della sorella, lo vede sotto una nuova prospettiva. « Non ne sapevo nulla — ci ha detto la moglie, Anna, 36 anni —. Però, da qualche mese, preoccupati di questa escalation di rapimenti, abbiamo tentato di proteggere almeno i nostri tre figli. Un autista, che /unge anche da guardia del corpo li accompagna a scuola, ai giardini, nella nostra casa di Vinovo». Vinovo, Carignano, Villastellone, La Loggia, Moncalieri, Carignano. Tornano i nomi dei paesi che si ritrovano in tutti i sequestri avvenuti a Torino negli ultimi tre mesi. Pietro Garis rapito il 23 gennaio. I familiari hanno una fabbrica a Vinovo, il bimbo viene rilasciato a Villastellone, gli attrezzi stradali che dovevano servire per bloccare la strada davanti alla sua casa e permettere un ratto più agevole erano stati rubati a Carmagnola ed appartenevano ad una impresa di Moncalieri. Il prezzo per la vita di Pietro fu pagato nei pressi di Santena. Uno dei due uomini arrestati per il rapimento, Marcello Giganti, viveva a Moncalieri in borgo S. Pietro. Renato Lavagna, sequestrato nel tardo pomeriggio del 6 marzo sotto i propri uffici di corso Turati 19 bis: possiede cave e terreni a Carignano, gli inquirenti non hanno dubbi: « La sua prigione, come quella del piccolo Garis, doveva trovarsi in quella zona ». La strada di tutti i sequestri passa sempre per questo triangolo della cintura sud. Anche Emilia Bosco è stata rapita dalla stessa organizzazione criminale? Anche lei sta vivendo in qualche cascinale di questa zona l'angoscia della sua prigionia? Molte analogie con i precedenti casi fanno pensare di sì. Alcune considerazioni. I banditi hanno seguito, come nel rapimento Garis, una tecnica perfetta ma molto arzigogolata: per portar via il piccolo Pietro avevano pensato di deviare la circolazione in corso Giovanni Lanza con transenne e segnali stradali. Addirittura sbarrando la carreggiata con una pesante pala mecca¬ n nica. Poi hanno preferito ripiegare su un metodo più semplice ma ugualmente « scientifico »: due uomini in tuta da ginnastica che hanno strappato il bambino dalle braccia della madre sulla porta di casa per poi fuggire con il loro fardello lungo una scalinata ai piedi della quale li l'auto di un complice attendeva ] Il che significa, al li là di ogni | tecnica raffinata e calcolata al se-| condo, rimanere per molto, troppo, tempo esposti al rischio di incontrare un ostacolo imprevisto. Sistema analogo per Emilia Bosco. L'attesa nei sotterranei del palazzo nascosti in un box, l'incredibile quanto inutile messin scena della rapina al marito, che ha « mangiato » ai banditi secondi preziosi. E ancora: per fuggire si sono serviti della stessa auto della vittima dimostrando una sicurezza che rasenta l'incoscienza. Inoltre, per uscire dal setterraneo hanno dovuto attendere ai piedi della rampa che porta nel controviale di corso Galineo Ferraris, l'apertura automatica del cancello elettrico. Quaranta secondi nella trappola di un cunicolo con a bordo una donna che gridava e si dibattteva. Nessuna possibilità, in caso d'un imprevi- sssqgtadqvr sto, di poter evitare la cattura. Risulta evidente anche da questo la fredda determinazione e sicurezza del commando: come quando i rapitori di Garis consegnarono il loro piccolo ostaggio tra le mani di un operaio che andava al lavoro a dieci metri dalla stazione del carabinieri. O quando i carcerieri di Renato Lavagna abbandonarono l'impresario alle 21 di un sabato a pochi passi da un commissariato e da un cinema affollato di persone, dopo averlo « portato a spasso » per almeno un'ora su una « 500 » rubata. Come è trascorso il primo giorno d'incubo in casa Bosco? Dopo una notte insonne passata accanto ali'apparecchio telefonico il marito della vittima ed il cognato si sono recati come ogni mattina allo stabilimento di La Loggia. Una breve sosta e la solidarietà dei collaboratori più che da vent'anni lavorano nell'azienda. Poi il ritorno a casa, il calvario delle telefonate anonime. Il figlio Isidoro, 23 anni, laurendo in Economia e Commercio, dopo alcune ore di tensione è uscito in auto ed è andato a trovare alcuni parenti. Ogni ora telefonava al padre per sapere se c'era qualche novità. La famiglia Bosco non ha chiesto il silenzio stampa né il blocco delle indagini da parte di polizìa e carabinieri. Il vicequestore Montesano, il capo della Mobile Fersini ed il capitano Formato del nucleo investigativo continuano a lavorare su scarsi elementi: i cerotti annodati e le stringhe arancione usate dai rapitori per legare Pietro Bosco dopo averlo picchiato a sangue sono stati sottoposti ad una serie di esami da parte dela scientifica. L'Alfa 2000 usata per il sequestro di Emilia Bosco non è ancora stata trovata. Il commando ha avuto solo 5-6 minuti per allontanarsi prima che scattasse l'allarme, dove può aver abbandonato la vettura? Renato Rizzo Claudio Giacchino Marito e figlio della sequestrata, Pietro e Isidoro Bosco, si avvicendano al telefono in attesa di notizie. L'avvocato della famiglia, Giovanni Ferrerò - Prime indagini di polizia e carabinieri in corso Galileo Ferraris 98