"Sono scappato all'estero, ho paura" scrive II testimone che accusava Coppola di Guido Guidi
"Sono scappato all'estero, ho paura" scrive II testimone che accusava Coppola Il processo a Firenze per l'attentato al questore Mangano "Sono scappato all'estero, ho paura" scrive II testimone che accusava Coppola Salvatore Ferrara ha inviato una lettera al presidente in cui conferma le accuse al "boss" I difensori di Coppola dicono: "E' fuggito perché l'avremmo accusato di essere un teste falso" (Dal nostro inviato speciale) Firenze, 16 aprile. Salvatore Ferrara è fuggito: prima di lasciare Torino e varcare il confine ha scritto una lettera al presidente della corte d'assise che ieri lo aveva atteso inutilmente per interrogarlo come testimone e chiedergli se confermava che Frank Coppola ha organizzato davvero l'attentato al questore Angelo Mangano. Nessuno è in grado di dire dove sia andato: forse in Francia forse in Svizzera, forse in Germania o addirittura negli Stati Uniti come ieri aveva assicurato con assoluta certezza Frank Coppola quando molti si preoccupavano che la mafia potesse averlo eliminato. Gli avvocati Mirabile, Madia e Manfredi erano stati ancora più precisi: «State tranquilli, perché Ferrara domani si farà vivo mandando un telegramma per avvertire che è scappato perché ha paura della mafia». Il motivo per cui ha ritenuto opportuno andarsene dall'Italia, Salvatore Ferrara lo ha spiegato senza mezzi termini rivolgendosi al presidente della corte: «Porto a conoscenza dell'eccellenza vostra di essermi recato fuori del territorio italiano per ignota destinazione per motivi di incolumità personale». Dove? Mistero: anche la signora Al¬ ba Croci, che vive con lui da anni, sostiene di non saperlo. Ferrara ha scritto la lettera giovedì 10 aprile, l'ha impostata sabato e poi è partito. «Non mi ha detto nulla» ha insistito la signora. Salvatore Ferrara, però, ha voluto fare nella sua lettera una precisazione che, nell'eco- nomia del processo, ha una sua importanza: è fuggito, ma ha confermato tutto quello che aveva detto in istruttoria. Ha confermato cioè di avere sentito Coppola dire a Bossi e a Boffi che Mangano lo aveva «infastidito» per cui bisognava organizzare qualcosa e rimproverare al telefono dopo l'attentato qualcuno (Bossi e Boffi?) di avere «colto la frutta troppo verde» come dire cioè di non essersi accertati che Mangano fosse stato realmente ucciso. Prima di congedarsi con il presidente della corte, Salvatore Ferrara gli ha chiesto «scusa» per la mancata sua presenza in sede dibattimentale. Si tratta di una lettera brevissima che sembra essere stata suggerita da chi ha molta dimestichezza con questioni legali. «Grazie: l'ha scritta Mangano», ha commentato duro, Frank Coppola. Il problema che si apre con la fuga di Salvatore Ferrara, è molto delicato: come è possibile, infatti, che a un testimone di tanta importanza sia stata data così ampia libertà di movimenti? Come mai, tenendo conto soprattutto che Don Totò aveva ricevuto alcune minacce, la polizia non l'ha controllato sia pure alla lontana? Come mai, hanno protestato i difensori di Frank Coppola, nessuno ha pensato di ritirargli il passaporto? «In fondo — ha fatto notare l'avvocato Giuseppe Mirabile — Ferrara non è soltanto un testimone importante, ma anche un imputato di calunnia in altri procedimenti». «Ferrara era un cittadino qualsiasi — si è difeso il pubblico ministero dottor Casini, così bruscamente chiamato in causa — i suoi precedenti non giustificavano una sorveglianza. Sabato della scorsa settimana aveva ritirato la convocazione che gli era stata inviata a Torino dalla corte d'assise e nessuno poteva mai immaginare che fuggisse al- j l'ultimo momento. Posso assicurare tutti che il primo ad essere stato colto di sorpresa da questa fuga è stato il dottor Mangano». Si è appreso poi che, ieri mattina, il questore ha telefonato personalmente alla signora Alba Croci per avere notizie quando ha saputo che Ferrara non era ancora arrivato a Firenze. «La realtà è che Ferrara non è fuggito per paura — ha incalzato l'avvocato Giuseppe Madia, altro difensore di Coppola — ma soltanto perché questo rientrava in un programma preciso. Infatti è abbastanza sintomatico che egli sia andato via alta vigilia di presentarsi in udienza dove lo avremmo accusato di essere un testimone falso». L'accusa si è trovata in grande imbarazzo di fronte a questa nuova situazione. Il professor Giansi, che assiste Mangano, ha voluto subito precisare: «Dobbiamo constatare che nei processi di mafia i testimoni più importanti non sono in grado di partecipare al dibattimento per comprensibili stati d'animo, per intimidazione o per paura. In questo caso specifico, sarebbe opportuno disporre indagini per accertare dove sia fuggito Ferrara ed eventualmente decidere di interrogarlo per rogatoria». Avvocato Mirabile (difesa Coppola): Come dire che vuole la sospensione del processo. Professor Giansi: Noi vogliamo soltanto la verità. Don Totò, dunque, non è venuto in aula, ma è venuta invece la signora Alba Croci. Interrogarla è stato pressoché inutile, non sa (o dice di non sapere) nulla. L'istruttoria dibattimentale è finita, praticamente. Oggi l'ex moglie di Sergio Boffi, Angela Airati Airaghi, ha confermato l'alibi milanese dell'ex marito per la sera in cui a Roma fu aggredito Mangano; un testimone, Guido Malmignati (già coinvolto nel processo per droga in cui fu imputato anche Walter Chiari), ha corso il rischio di essere arrestato per calunnia nei confronti del giudice istruttore: gli ha attribuito di avere espresso un giudizio negativo su Bossi e Boffi. Guido Guidi Firenze. Alba Croci ieri durante l'interrogatorio (Tel.)
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