Uccisero un orefice in casa a sangue freddo? catturati di Giuliano Marchesini

Uccisero un orefice in casa a sangue freddo? catturati Il delitto presso Castelfranco Veneto Uccisero un orefice in casa a sangue freddo? catturati Hanno 18, 20 e 32 anni - Ricercato un complice - L'aggressione 7 giorni fa (Dal nostro inviato speciale) Treviso, 15 aprile. Tre giovani sono entrati nel carcere di Treviso. Secondo l'accusa, hanno partecipato al tragico tentativo di rapina durante il quale fu ucciso con un colpo di pistola l'orefice Antonio Rosso, a Resana di Castelfranco Veneto. Carabinieri e polizia stanno ora ricercando il quarto uomo. Questi i nomi degli arrestati: Ivano Longhin, 20 anni, Sergio Brischigiaro, diciottenne, entrambi di Spinea in provincia di Venezia, e Franco Spolaore, 32 anni, di Dolo. Il giovane che manca all'appello è Gianni Gomiero, trentenne, sparito misteriosamente dalla sua abitazione di Mira. Gli inquirenti ritengono che questi quattro personaggi siano i protagonisti di una scorreria notturna nelle campagne del Veneto, abbiano progettato di dare l'assalto alla cassaforte dell'orefice di Castelfranco: tra di loro vi sarebbe chi ha sparato il colpo di rivoltella, fulminando Antonio Rosso durante una furibonda lotta. Per tutti, il pretore dottor Alù ha emesso un mandato d'arresto provvisorio per omicidio a scopo di rapina. Antonio Rosso stava cenando con la moglie e i figli di 8 e 5 anni, la sera di mercoledì scorso, quando i banditi fecero irruzione nella cucina: erano in tre, i volti nascosti nei passamontagna, le pistole in pugno. L'orefice sarebbe dovuto andare ad aprire la cas saforte, giù nel negozio. Ma nell'istante in cui si alzava da tavola, ebbe un istintivo gesto di difesa: afferrò la tovaglia e cercò di scaraventarla addosso ai rapinatori. Quella reazione scatenò i banditi: una feroce aggressione, poi il colpo di rivoltella sparato a bruciapelo, l'orefice che si accasciava tra le grida di terrore dei figli, della moglie. Lungo una strada secondaria, a pochi passi dalla villa di Antonio Rosso, doveva essere in attesa un complice, al volante di una macchina di grossa cilindrata. La fuga notturna attraverso la campagna non fu difficile, per gli autori del drammatico assalto. Ma i banditi lasciarono sul posto qualcosa che equivaleva ad un indirizzo: una borsa di tela, di quelle che usano i ragazzi per i libri di scuola, trovata dai carabinieri sul terrazzino della casa dell'orefice. Ma l'elemento più prezioso per le indagini era quella borsa. Vi si poteva leggere chiaramente un nome, scritto con un pennarello rosso: Lorella. E poco sotto c'era l'indicazione di una località del Veneziano: Spinea. In breve i carabinieri hanno rintracciato una Lorella. «Sì — ha detto smarrita la ragazza — la cartella era mia, ma da un pezzo non l'avevo più. Chissà dov'era finita: forse l'ho perduta, oppure qualcuno me l'ha presa». Gli investigatori già sospettavano in quali mani fosse finita. Sono risaliti al fratello della giovane, Ivano Longhin, che è stato quindi convocato nella caserma di Castelfranco Veneto per «alcuni chiarimenti». Ivano Longhin, il viso da ragazzino spaesato, ha opposto resitenza agli interrogatori. «Ma cosa vi salta in mente? Io non so proprio nulla della rapina, avete preso una cantonata». Ha anche presentato un alibi, che però è rimasto in piedi soltanto per qualche ora. Infine, il giovanotto si sarebbe lasciato andare a qualche ammissione. «E va bene, c'ero anch'io con quelli là. Ma non ho fatto niente: Ivano Longhin avrebbe completato lo sbrigativo racconto rivelando i nomi dei compagni di scorreria. Giuliano Marchesini