Il nostro Stato di Carlo Casalegno

Il nostro Stato Il nostro Stato di Carlo Casalegno Saragat il Sid e il golpe Non ci si possono fare molte illusioni sulla capacilà, o la volontà, o Iè possibilità della magistratura nel far luce sui tentativi di golpe e sui complotti eversivi degli ultimi sei anni. Troppo spesso le indagini si perdono tra prove inquinale e tracce labili, le buone intenzioni si scontrano con testimonianze reticenti e silenzi calcolati, la paura della verità si allea con lo spirito di casta o con il timore di scoperte scomodc. Troppi personaggi, anche non coinvolti nelle congiure, hanno interesse a tenere gli scheletri chiusi negli armadi. Situazioni uguali si constatano nelle inchieste su Verzotto o Sindona: se i «ricercati» parlassero, mezza Italia ufficiale finirebbe sotto accusa. Ma si deve escludere che i fantacronisti delle trame sovversive contribuiscano alla scoperta della verità costruendo romanzi, distorcendo i documenti, scatenando campagne di sospetti che sono cacce alle streghe. E' un gioco non soltanto dilettantesco e goffo, ma pericoloso e controproducente: nel gran polverone si coprono le piste, si confondono innocenti e colpevoli, si getta fango senza discriminazione su uomini e istituti. A vantaggio esclusivo, se il gioco riuscisse, dei nemici dello Stato. Con un ritardo di cinque anni, Jannuzzi ha ripreso sull'Espresso la tesi libellistica, che indicava in Saragat lo « stratega principale della tensione », il Potente al centro di una manovra contro la sinistra che includeva la scissione socialista come gli attentati dinamitardi, gl'intrighi del Sid come gli appoggi di Atene ai neofascisti; e pretende di documentarla. A carico di Saragat ci sarebbero la testimonianza del gcn. Miceli, che afferma d'aver informato invano il presidente sull'incursione di Borghese contro il Viminale, e quel rapporto dei servizi segreti greci, che nel '70 un giornalista inglese già aveva pubblicato sull'Oèserver « rivelando » le presunte complicità del Quirinale con i terroristi. Sospendiamo il giudizio morale, e teniamoci ai fatti. La testimonianza di Miceli non prova nulla: anche se quei colloqui (smentiti da Saragat) fossero avvenuti, si potrebbe sospettare soltanto un errore di giudizio del presidente nel valutare la gravità del « golpe » di Borghese. Quanto al rapporto dei servizi greci, ammesso che sia autentico, solo un bambino o un abitante della Luna può prenderlo sul serio. Chiunque conosca i sistemi di lavoro dei sicofanti delle dittature, soprattutto d'una dittatura imbecille come quella dei colonnelli di Atene, sa che una storia torbida e fantastica come quella del «rapporto Finer», con Pino Rauti agente di collegamento tra i fascisti greci e gli alti comandi italiani, con l'ammiraglio Henke tramite fra i golpisti e il Quirinale, non soltanto può essere costruita, ma anche giudicata attendibile da un Pattakos o da un Papadopoulos. Chiunque invece conosca Saragat, e abbia un minimo di lucidità politica, sa in quale conto tenere queste favole. Chi può immaginare Saragat mentre copre con la sua autorità un branco di fascisti che prepara ridicoli complotti contro la Repubblica, o mentre intriga con militari, agenti del servizio segreto c bombaroli per creare il pani¬ co e spostare a destra l'equilibrio del Paese? Non avrebbe potuto farlo per il suo passato, « dopo aver donato tutto se stesso alla causa della libertà e al servizio della democrazia », come ricordano Leone e Nonni; e anche la sua intelligenza e il suo orgoglio gli avrebbero impedito di farlo. Giudicare attendibili e ripetere le accuse del «rapporto Finer » non è soltanto un gesto di «malcostume politico»; e una prova d'inettitudine al ragionamento, o una manovra che scredita chi la compie. Vorremmo aggiungere, pur senza illuderci di conoscere a fondo i protagonisti militari di queste favole, che non riusciamo ad immaginare neppure l'ammiraglio Henkc e i capi delle forze armate complici dei Rauti. dei Borghese, dei Fumagalli, degli Spiazzi in tentativi golpisti. Sono gente del mestiere, che può valutare le capacità di questi untorelli c non avrebbe bisogno del loro aiuto, se meditasse un «pronunciamento». Le deviazioni (indubbie) del Sifar e quelle (probabili) del Sid. l'indulgenza verso elementi di estrema destra, le forzature del segreto militare, le lotte a coltello tra clan (con la complicità dei politici) non bastano per autorizzare i sospetti di tradimento. Diciamo di più: nessuno tra i documenti finora pubblicati ha offerto la certezza d'una corresponsabilità diretta del Sid nelle trame nere o nella strategia della tensione. Sono reati, al di là d'ogni dubbio, le pratiche ambigue dell'infiltrazione, la corda molle lasciata ai «sovversivi», la reticenza verso la magistratura? I servizi di spionaggio hanno le loro leggi e le loro servitù. Colpevole o innocente che sia, non ci sentiremmo d'accusare Miceli per aver svolto in segreto certe missioni, al limite della legalità, nel mondo dei terroristi arabi, né il governo per averlo autorizzato e «coperto». Eppure taluni censori vorrebbero anche Moro sul banco degli imputati. In che mondo vivono?

Luoghi citati: Atene, Italia