L'assassina è una studentessa catanese di 25 anni

L'assassina è una studentessa catanese di 25 anni L'assassina è una studentessa catanese di 25 anni Uccise il vecchio padre che odiava e disse: "Me lo chiese lui, soffriva,, Il delitto nel maggio di due anni or sono ■ Strangolò l'uomo e mise il cadavere nella vasca piena d'acqua per simulare l'incidente - Scoperta, sostenne la tesi dell'eutanasia (Dal nostro corrispondente) Catania, 14 aprile. Una ragazza di venticinque anni, Marina Fabiano, studentessa del quarto anno di medicina, è stata rinviata a giudizio per omicidio volontario aggravato: ha ucciso il padre, Concetto Fabiano, 74 anni, capitano di lungo corso, in pensione. Il delitto, che la ragazza ha tentato invano di far passare per eutanasia, avvenne la sera del 27 maggio di due anni or sono. Marina Fabiano, dopo avere stordito il genitore, colpendolo alla testa con un piatto, gli passò intorno al collo un foulard e lo strangolò; poi, con cinica freddezza, ne trascinò il corpo, ormai privo di vita, nella stanza da bagno, lo svestì e lo fece scivolare nella vasca piena d'acqua, in modo da simulare una disgrazia. Si ritirò infine nella sua camera e si mise a letto come se nulla fosse accaduto. Per meglio accreditare la tesi della morte accidentale, la ragazza diede l'allarme soltanto l'indomani. Uscita per tempo, si recò all'Università, poi in casa di un'amica. Rincasò nella tarda mattinata e finse di scoprire la «disgrazia»: prese ad urlare, chiamò gente. Tre anni prima, sua madre, Rosa Caponnetto, era morta essa pure nel bagno, per collasso cardiocircolatorio. La coincidenza suscitò nei carabinieri parecchie perplessità, e Marina non riuscì a sostenere a lungo la sua messa in scena e all'improvviso confessò: «iVo?z è stata una disgrazia: mio padre l'ho ucciso io. Soffriva molto, era malato, ero certa che avesse un cancro allo stomaco. Non faceva che implorarmi di aiutarlo a morire, perché lui non aveva il coraggio di uccidersi. Alla fine non ho potuto più sopportare i suoi patimenti e ad una ennesima richiesta di finirlo, l'ho stordito. Eravamo in sala da pranzo: egli mi ha ringraziato perché ha capito che, sia pure con l'angoscia nel cuore, stavo per esaudire il suo desiderio. Sfilatami il foulard che avevo indosso glie l'ho passato attorno al collo ed ho stretto. Poi, quando mi son resa conto che ormai era finita, l'ho trascinato nella stanza da bagno». Sulle prime venne creduta: sembrava sincera, veramente affranta. Ma poi alcune circostanze valsero a mettere in dubbio che alla base del delitto ci fosse un sentimento di pietà verso il genitore soffe rente. Concetto Fabiano, si accertò, non era affatto malato di cancro, ma di una banale gastrite e di una forma di arteriosclerosi, tipica di certa età; nulla che potesse provocare nel capitano marittimo un quadro patologico tale da fargli desiderare la morte. Del resto, le indagini accertarono che il Fabiano era attaccatissimo alla vita. La sua unica figlia costituiva tutto il suo mondo, ed egli non tralasciava occasione per ripetere che il suo grande desiderio era di vederla un giorno laureata e felice; discorsi questi che di solito non fa chi guarda alla morte come ad una liberazione. Parve strano agli inquirenti, tra l'altro, che la giovane, studentessa in medicina, per mettere in atto un delitto di eutanasia, non fosse riuscita ad escogitare un mezzo più rapido, o meno crudele, di quello da lei adottato. Le risultanze della perizia necroscopica suscitarono altre perplessità: il medico legale accertò infatti, senza ombra di dubbio, che il Fabiano, prima di soccombere, aveva lottato disperatamente: sul suo corpo furono riscontrate varie contusioni e persino la frattura di tre costole. Tutto questo portò logicamente a pensare che il capitano marittimo non volesse morire, ma vivere, e che sua figlia l'avesse ucciso non per pietà, ma per un mo vente misterioso che nulla aveva a che vedere con l'eutanasia. Le indagini svolte dopo l'ar resto della parricida non han no praticamente messo in luce indizi a favore della tesi della Fabiano, se il pubblico ministero, nella sua requisitoria scritta, ha chiesto il suo rinvio a giudizio per omicidio volontario, aggravato dai rap- ■ porti di parentela con la vittima. Adesso, accogliendo la richiesta della pubblica accusa, il giudice istruttore, dott. Gibilisco, ha rinviato a giudizio la studentessa per avere volontariamente ucciso il padre. Come si legge nella sentenza istruttoria, il movente del delitto è tuttora avvolto nel mistero: un segreto che Marina Fabiano custodisce gelosamente. Non è escluso che esso possa saltar fuori nel corso del processo. Franco Sampognaro

Persone citate: Caponnetto, Concetto Fabiano, Franco Sampognaro, Gibilisco, Marina Fabiano

Luoghi citati: Catania