Loi nega e si atteggia a vittima di una congiura "sanbabilina" di Piero Cerati

Loi nega e si atteggia a vittima di una congiura "sanbabilina" Chi lanciò la bomba che uccise l'agente di polizia Marino? Loi nega e si atteggia a vittima di una congiura "sanbabilina" Non "toccò nemmeno" l'ordigno che gli aveva passato il coimputato Murelli - In istruttoria, dice, confessò perché "suggestionato" dal colonnello Santoro - Sette persone, però, lo hanno accusato durante le indagini (Dal nostro inviato speciale) Milano, 14 aprile. Accusato d'aver gettato la bomba che uccise l'agente Marino durante la «guerriglia» fascista del 12 aprile 1973 a Milano, Vittorio Loi stamane nell'aula di corte d'assise ha negato, ha ritrattato la confessione fatta in istruttoria e ha ripetuto che il colonnello dei carabinieri Santoro lo «suggestionò» per fargli ammettere di essere responsabile della morte di Marino (Loi deve già rispondere di calunnia nei confronti dell'ufficiale). Il presidente della corte, Gennaro Di Miscio, gli ha fatto notare che esistono contro di lui parecchie testimonianze: almeno sette persone lo hanno accusato. Presidente: «Queste persone hanno rancori verso di lei? ». Loi: «No, sono conoscenti; non amici, conoscenti». Giudice a latere: «Afa allora hanno ordito una congiura ai suoi danni. Lei prima disse che aveva lanciato la bomba mortale, poi cambiò versione: aveva gettato quella che non esplose; ora ritratta anche questo. Ma almeno la bomba l'aveva presa in mano?». Loi: «Mai». Il giovane, figlio dell'ex campione di boxe Duilio, ha risposto con calma alle domande e alle contestazioni, anche se l'avvocato difensore Franz Sarno sosteneva d'averlo trovato «in uno stato di confusione, incapace di difendersi». Vittorio Loi invece ha difeso se stesso e chi gli sta alle spalle. Ha raccontato che il giorno degli incidenti venne prelevato a casa da amici, poi si recò in piazza San Babila, in via Mancini, in piazza Oberdan, in via Poerio, in piazza Tricolore e in piazza Fratelli Bandiera. Perse di vista gli amici e ad un tratto si trovò fra la polizia che lanciava gas lacrimogeni e i dimostranti che gettavano sassi. Vide il Murelli (imputato per concorso in omicidio), il quale da sei-sette metri gli buttò con tiro a parabola una bomba a mano, senza dire parola. «La lasciai cadere — ha detto Loi — e me ne andai. Non vidi Murelli lanciare bombe; udii però lo scoppio». Perché allora confessò? Quando fu interrogato dal colonnello Santoro, l'ufficiale gli disse che era stato fatto il suo nome per il lancio della bomba («Con una telefonata — è scritto nell'istruttoria — forse di Nencioni o di Servello»). Loi spiegò d'avere soltanto lanciato sassi. «Allora Santoro mi disse — ha spiegato l'imputato in aula — che non v'era differenza tra un sasso e una bomba non esplosa. Io gli credetti». Presidente: «Afa lei fece persino uno schizzo di come avvenne il lancio della bomba». Loi: «Era per confortare la tesi di Santoro». Sarno (difesa): «Fu interrogato alla presenza di almeno dieci tra colonnelli, maggiori, capitani, gente che non poteva assistere al colloquio». Viola (p.m.): «Furono tutti allontanati». Secondo la difesa, il colonnello Santoro avrebbe convinto Loi a confessare in una pausa dell'interrogatorio mentre il magistrato era assente. Presidente: «Tuttavia Loi un mese dopo continuò a dire che aveva lanciato la bomba». Sarno: «Non l'ha mai detto». Presidente: «Disse almeno che aveva lanciato la bomba inesplosa, ora nega anche questo. Allora leggiamo tutti gli interrogatori». Dai verbali sono emersi i nomi di De Andreis, Crocesi, Servello, Petronio (funzionari e parlamentari del msi). Sa- rebbero stati i primi due a «mobilitare). L >i e altri estremisti per gii ;:icidenti del 12 aprile 1973. Nel verbale del 25 giugno 1973, I i ìire: «Quando rimasi soli, co • Santoro egli mi consigliò di dire che avevo lanciato la bnmba non esplosa». Di riscon. Santoro precisa: «Loi in un impeto d'abbandono disse: "Colonnello, mi aiuti, ho gettato io la bomba che ha ucciso Marino". Ammise forse perché stava per arrivare suo padre». Quanto ai mandanti, Loi confermò l'incontro con De Andreis e Crocesi; l'on. Petronio si sarebbe avvicinato al gruppetto di estremisti, dov'era Loi, in piazza Oberdan per dire: «Parlate piano, c'è la polizia»: dal che si desume che «era al corrente di quanto doveva accadere». Le accuse contro Loi si possono cosi riassumere: 1) dichiarazione del capitano Spinelli dei carabinieri: «Loi confermò il lancio della bomba»; 2) verbale del col. Santoro, in cui Loi dice: «Sono stato io, mi aiuti»; 3) dichiarazione di Santoro sulla confessione resa da Loi; 4) dichiarazione della moglie di Santoro (amica di famiglia dei Loi); Duilio Loi il 14 aprile '73 «mi disse: Questa Vittorio non me la doveva fare»; 5) testimonianze di Cristiano Rosati, Marco Petriccioli, Maurizio Murelli, Ferdinando Caggiano e altri estremisti, che avrebbero visto Loi lanciare la bomba o l'avrebbero sentito vantarsi d'averla fatta scoppiare. Vittorio Loi nega tutto. Il processo che avrebbe dovuto fare scoprire chi furono i mandanti della «guerriglia» culminata con l'uccisione dell'agente Marino, si indirizza su ben altra strada. Loi in pratica sostiene di essere vittima d'una congiura di «sanbabilini», estremisti di destra «lontani da ogni movimento politico». Bisognerà attendere la deposizione di Maurizio Murelli: qualora anch'egli negasse d'aver lanciato le bombe (esplo¬ se o no), il processo diventerebbe un'incognita. D'altro canto, il difensore di Loi, Franz Sarno, ha preannunciato che vorrà interrogare in aula le persone che hanno accusato il suo patrocinato; vuol sentire che cosa hanno da dire, cioè se confermeranno le accuse. Piero Cerati Milano. Vittorio Loi risponde al presidente della corte d'assise durante l'udienza di ieri (Telefoto Ansa)

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