Si cerca d'individuare tuffi i responsabili per le inondazioni nella Bassa modenese di Remo Lugli

Si cerca d'individuare tuffi i responsabili per le inondazioni nella Bassa modenese Per la prima volta in Italia tremano anche autorità amministrative Si cerca d'individuare tuffi i responsabili per le inondazioni nella Bassa modenese S'allarga l'azione giudiziaria che ha già coinvolto il capo del Genio civile - Quale il ruolo del magistrato del Po? (Dal nostro inviato speciale) Modena, 12 aprile. Per la prima volta in Italia, si sta cercando di rendere penalmente responsabili le competenti autorità amministrative per le numerose alluvioni che in questi ultimi anni hanno devastato le fertili campagne della Bassa modenese. Le acque erano quelle dei fiumi Panaro e Secchia, che percorrono longitudinalmente la provincia di Modena dall'Appennino fino al Po. L'azione giudiziaria, che ha già coinvolto il capo del Genio Civile, ingegner Luciano Moratti, e minaccia di estendersi ai suoi predecessori e addirittura al Magistrato del Po, prende in esame soltanto le alluvioni del Panaro. Fiume, questo, che in dieci anni è stato protagonista di sette grosse inondazioni. L'ultima, nel settembre 1973, allagò con cinquanta milioni di metri cubi (tanta acqua quanta ne usci dal Vajont) circa diecimila ettari di terreno, migliaia di case, duecento fabbriche, tra industrie e laboratori artigianali, alla periferia di Modena. Cinquemila abitanti di Modena est dovettero sgomberare le proprie case, ì danni furono valutati in circa quindici miliardi di lire. Tutto questo, come si è detto, per una sola alluvione. Nella primavera del 1974 lo Stato, riconoscendo le grosse lacune che esistevano nel sistema fluviale modenese, stanziò, con un'apposita legge, la somma dì dieci miliardi di lire. I lavori sotto già cominciati. Ma prima che avvenisse lo stanziamento, cinque agricoltori della zona di Bomporto, danneggiati quattro volte in sette anni, avevano presentato una denuncia alla magistratura e, successivamente, l'avvocato Odoardo Ascari (il patrono di parte civile del comune di Longarone e di numerosi familiari delle vittime della tragedia del Vajont) si era costituito parte civile con¬ tro ignoti, a nome dei cinque agricoltori. E' quello stesso procedimento che avviato ora con istruttoria formale sta assumendo proporzioni all'inizio insospettate. Il giudice istruttore, di fronte a quella denuncia, aveva nominato due idrologi nelle persone del professor Mario Falciai, docente all'Istituto di idronomia montana della facoltà di Agraria e Scienze Forestali di Firenze, e il profes■ sor Giorgio Tonnetti, diretj tore del laboratorio per la protezione idrogeologica dell'Italia Centrale, organo del I Consiglio Nazionale delle Ri! cerche. Ad essi aveva posto I una serie di quesiti per sapere se il tempo di corrivazioj ne del fiume (il tempo che l'acqua impiega a percorrere un determinato spazio tra due punti) si era abbreviato in conseguenza di certi fattori, come le escavazioni eccessive di ghiaia nel letto, la presenza di coltivazioni nei terreni di golena, che sono gli spazi all'interno degli argini per la naturale espansione del fiume, eccetera. La successiva comunicazione giudiziaria che il giudice, dottor Giorgio Orlandini, ha inviato all'ingegner Moratti per il reato di inondazione colposa aggravata, sta a dimostrare che i periti hanno risposto ai quesiti in maniera positiva. Il capo del Genio Civile aveva subito reagito con una memoria difensiva fatta attraverso l'avvocato Bricola, di Bologna, affermando che poteva tutt'al più essere discusso il suo operato relativamente all'inondazione del settembre 1973 e non a tutte le precedenti, dal I960 in poi, periodo considerato dai cinque agricoltori denuncianti, semplicemente perché prima del settembre 1973 non aveva alcun incarico in questa provincia. Nella sostanza, l'ingegner Moratti invitava a rivolgersi, per i fatti precedenti, ai tito¬ lari dell'ufficio modenese che | lo aveva preceduto; rivendi- j cava, in linea di principio, la discrezionalità della pubblica amministrazione e affermava che l'organo competente per tutto ciò che concerne i fiumi, e dal quale aveva preso gli ordini, è il Magistrato per le acque del Po. L'avvocato Ascari, affiancato, per la parte tecnica, dal professor Gianfranco Veronesi, assistente ordinario alla cattedra di Idraulica agraria presso l'Università di Bologna, ha presentato nei giorni scorsi una sua memoria in contrapposizione a quella del capo del Genio Civile, a conclusione della quale si ribadisce che s'intervenga penalmente ovunque è necessario. Lungo il corso dì questo fiume sul quale si discute, sono avvenuti in passato, e particolarmente negli ultimi trenta anni, illeciti a non finire. Molte golene sono state vendute a privati (ma gli appezzamenti non sono stati mai cancellati dall'elenco dei beni demaniali), ì quali privati le hanno coltivate anche con piantagioni, talvolta ad-1 dirittura intensive a frutteto, che costituiscono un ostacolo al deflusso delle acque. Il profilo dell'alveo del fiume è stato profondamente modificato dall'indiscriminato salasso di ghiaia e sabbia. Nel solo anno 1969, ad esempio, tra la zona pedemontana e il ponte di Sant'Ambrogio sulla via Emilia, una ventina di chilometri, si valuta siano stati asportati un milione e duecentomila metri cubi di ghiaia, mentre il Genio Civile aveva concesso permessi per circa duecentomila metri cubi appena. A quei tempi era capo dell'ufficio l'ingegner Manfredi Fava il quale, a chi gli faceva ossevare l'enorme differenza tra il quantitativo concesso e quello asportato, rispondeva: « Ho appena cinque geometri e non possono controllare tutto il fiume, co¬ me sarebbe necessario ». Nella memoria, l'avvocato Ascari cita ampiamente la vicenda del cosiddetto « dirizzagno ». Tra il 1970 e il 1972 si decise di eliminare una serie di curve del fiume immediatamente a valle del ponte di Sant'Ambrogio, ad est della città, e questo per far sì che l'acqua defluisse rapidamente e non premesse troppo contro il ponte. Trecento metri di Panaro sono stati così radicalmente cambiati: al posto del tortuoso letto, ora c'è un canale rettilineo. Un'opera che e costata un miliardo dì lire e che molti tecnici hanno biasimato, fin dalla sua co¬ struzione, per diversi motivi: la velocità che assume l'acqua determina un risucchio che la correre maggiori rischi al ponte; i tempi di corrivazione del fiume si accorciano ulteriormente, con più gravi pericoli per la zona della Bassa. Secondo il patrono di parte civile dei cinque agricoltori che mossero la prima denuncia, dovrebbero essere puniti con l'arresto, in base a leggi precise, coloro che consentirono escavazioni oltre misura e la creazione di piantagioni in zone yolenali, determinando con ciò un pericolo. Remo Lugli