I democristiani spiegano l' "espulsione,, da Genova

I democristiani spiegano l' "espulsione,, da Genova Polemiche per la nuova giunta di sinistra I democristiani spiegano l' "espulsione,, da Genova Genova, 12 aprile. « Non farei più il sindaco per un miliardo dì lire », sbotta il democristiano Giancarlo Piombino che ha lasciato la carica al socialista Fulvio Cerofolinl, suo « vice » nella passata giunta di centrosinistra. « Me ne vado in vacanza, voglio occuparmi della mia barchetta a vela ». Ma il segretario provinciale della de, Giovanni Bonelli, blocca subito lo sfogo: « Tu resti a disposizione del partito ». E mi sembra che l'ipotesi di un I ritorno democristiano a palazzo Tursi, sindaco Piombino, non sia stata affatto messa da parte. Forse il « monocolore » appoggiato dall'esterno, di cui si parla in questi giorni a Roma? Certamente non un ritorno all'intesa con i socialisti: il risentimento nei loro confronti è piuttosto aspro, anche se espresso con parole ovattate. Vero e no « Cerofolinl, diventato sindaco in una giunta di sinistra, scopre che il centro-sinistra non aveva più la maggioranza dal dicembre 1974. E' vero e non è vero », esordisce il segretario provinciale della de. L'avvocato Bonelli, a volte sibillino, parla con grandissima cautela. Devo domandare che significhi « vero e non vero ». Risponde: « E' vero che i tre consiglieri repubblicani avevano ritirato il loro appoggio, che la maggioranza di centro-sinistra si era ridotta a 39 su 80. Ma è anche vero che i repubblicani, il 25 gennaio, avevano detto di essere pronti a dare il loro appoggio se la giunta avesse dimostrato di essere capace di affrontare i complessi problemi della città ». Avendo ascoltato poche ore prima il segretario provinciale del pri, Ghiglione, il quale mi aveva fatto un quadro diverso, domando a Bonelli se in pratica l'atteggiamento repubblicano era di sfiducia verso la giunta Piombino con | l'ipotesi di concedere il voto di sostegno di volta in volta, quando fossero state assunte iniziative concrete condivise dal pri. « Ammettiamo che questa sia la giusta interpretazione », risponde il segre tario della de. Ma aggiunge subito: <( Anche in questo caso si doveva mettere la giunta Piombino alla prova, lasciarle il tempo per attuare i programmi concordati con i socialisti e i socialdemocratici ». Repubblicani, socialisti e comunisti concordano, anche se da posizioni diverse, nel giudizio di immobilismo. La giunta Piombino aveva programmi « a quintali » ma li trascinava e li riproponeva da anni « senza un'effettiva volontà politica di attuarli in coerenza con gli impegni di centro-sinistra. Il centro-sinistra era praticato come una lottizzazione del potere e una spartizione di cariche ». Così mi ha detto il segretario repuoblicano Ghiglione. Come ribatte la de alle accuse di immobilismo, di clientelismo, di lottizzazione del potere? L'avvocato Bonelli sorride come se questi mali fossero estranei al suo partito, e le accuse frutto di fantasie malate, di invidie paesane, di rivalità meschine, di intrighi che avrebbero spinto i repubblicani e i socialisti a provocare la crisi soltanto per motivi interni ai rispettivi partiti, su scala locale. Bonelli dice: « I socialisti non avevano mai denunciato il nostro modo di attuare i programmi concordati assieme. La crisi è avvenuta senza una rottura "on i socialisti sul modo di amministrare la città ». Come mai si parla tanto di immobilismo della passata giunta, di situazione disastrosa della città? « Parole, si tratta soltanto di parole », ribatte il segretario della de. Mi accorgo che un'analisi attendibile dello stato in cui si trova Genova (urbanistica, servizi sociali, economia, uso della città e sua organizzazione, per quali fini) non si può fare nel corso di un colloquio a caldo dopo la rottura con i socialisti e la quasi-rottura con i repubblicani (non allineati, però, con la nuova giunta di sinistra). Ritorniamo alla polemica sui programmi. L'ex sindaco Piombino mi dice: « Cerofolinl parla dì nuove priorità, di mettere ai primi posti l'edilizia popolare, le scuole, i trasporti pubblici, le dotazioni dei quartieri trascurati. Ma questi erano esanamente gli impegni che avevamo preso assieme e che stavamo portando avanti. Unico fatto nuovo, la rinuncia a costruire il teatro Carlo Felice, che il sindaco le ha preannunciato. Ma finché 10 sono stato in carica nessuno mi aveva chiesto di rinunciare al teatro e di destinare i 10 o 15 miliardi ad altre opere. Le delibere per 11 Carlo Felice avevano avuto i voti favorevoli dei socialisti, anche quelli dei comunisti ». Case popolari La polemica a distanza tocca alcuni settori precisi, come quello dell'edilizia « popolare » L'ex sindaco Piombino elenca le zone « 167 » che aveva sbloccato dopo attese di molti anni. « Avevamo stanziato più di 10 miliardi per le zone di Prà, Sestrl Borzoli, Granarolo, Quezzi. Avevamo dato l'incarico a un architetto per il progetto della " 167 " nella bellissima zona di Quarto ». Altro punto dolente, il piano regolatore. Dice Piombino: « Era quasi pronto, i tecnici del Comune lo avevano redatto sulle indicazioni dei consulenti chiamati in passato. Volevamo sottoporre all'esame della cittadinanza un documento concreto, non semplici ipotesi. Dopo il dibattito pubblico il piano sarebbe stato modificato, se necessario ». Anche questo è un tema che richiederebbe trattazioni smisurate. Il piano regolatore di Genova ha una storia esemplare a rovescio, dal 1958 (quando si approvò un piano che consentiva costruzioni per oltre due milioni di abitanti in una città che non arrivava a 800 mila, che non aveva immigrazione, che perdeva posti di lavoro smobilitando le industrie) alle vicende del nuovo piano affidato alla commissione Astengo, poi « cacciata » dall'amministrazione Pedullà in modo incredibile. E' probabile che sul piano regolatore i genovesi possano attendersi altre battaglie, ammesso che riescano ad essere informati sufficientemente per prendervi parte. Finora il piano era stato avvolto dal segreto. « Se la nuova giunta portasse in consiglio qualche decisione che voi condividete, ad esempio un mutuo per un'opera pubblica da tutti voluta, dareste il vostro vo¬ to? », domando al segretario della de. Bonelli si guarda attorno, dà un'occhiata a Piombino: « Valuteremo il caso. Però i socialisti tengano conto di un fatto: si sono messi al nostro posto, non potranno chiederci aiuto quando si troveranno nei guaì ». Poi sillaba: « Psi e pei ripetono che la loro è una giunta aperla. Ma chi vuole entrarci? Nessuno, tanto meno i repubblicani ». Il segretario provinciale del pri, il partito che ha aperto la crisi a Genova, non mi parla di appoggi o di opposizioni. La sua critica è dura: « La giunta di centrosinistra non riusciva più ad amministrare la città. Ogni crisi si risolveva con una nuova ridistribuzione di cariche. Avevamo ritirato il nostro assessore proprio per non condividere le responsabilità dell'immobilismo. La giunta aveva passato il segno proponendo la delibera a favore della operazione seminario (l'edificio appartenente al cardinale, venduto per tirare su un grattacielo, ndr). Noi avevamo votato a favore per tenere in piedi il centrosinistra, ma avevamo avvertito che non si poteva andare avanti in quel modo ». E la nuova giunta di sinistra? «La scelta meno felice. Senza maggioranza stabile, esposta a ricatti. La sola proposta valida per sbloccare la situazione di Genova era la nostra: elezioni anticipate, da abbinare a quelle regionali ». Alla proposta del pri i democristiani rispondono con accuse di opportunismo: si tratterebbe di mosse tattiche per modificare i rapporti di forza all'interno. Rischiamo di finire nel pettegolezzo e nel vero e proprio pasticcio partitico. Non resta che attendere, per vedere se la giunta di sinistra saprà fare meglio, realizzando i programmi che la de afferma di aver concordato con i socialisti, e possibilmente migliorandoli. Mario Fazio

Luoghi citati: Genova, Piombino, Quarto, Roma