Da Parigi al mondo di Luciano Curino

Da Parigi al mondo Da Parigi al mondo Settembre 1925: in una banchina del porto di New York una ragazza negra seduta su una valigia aspetta l'imbarco per l'Europa. Incomincia così uno dei miti del secolo. Quante volte è stato raccontato il viaggio della sconosciuta Josephine Baker alla conquista di Parigi? Diciannove anni, pronipote di schiavi, magrissima. Padre contadino, madre lavandaia, un'infanzia miserabile nella campagna del Missouri. Ricorderà nelle sue memorie che quando era bimba « ballava freneticamente, per difendersi dal freddo e anche per divertire i fratellini, affamati e impauriti ». A 15 anni andò a New York, ballò il charleston e il black bottoni nel vecchio Plantation Club, senza che nessuno vedesse molto in lei. Era soltanto una delle tante. Di questo periodo ricorderà rozzi impresari che la scartavano definendola « troppo brutta » e le stanze piene di topi dentro infime pensioni. Questo fino al settembre 1925, all'imbarco per l'Europa. Parigi (ormai Verdun era un nome lontano) viveva i suoi anni folli, era la città più gaia del mondo, la sua frenesia era il modello di vita di un'epoca. Era la Parigi di Paul Morand e di Dekobra, Coco Chanel proponeva le toilettes e Mistinguett trionfava al Moulin Rouge. Ecco una testimonianza («Images du monde ») di quest'epoca: « La meravigliosa avventura di Josephine Baker sta per cominciare. Il Teatro degli Champs - Elysées annuncia uno spettacolo interpretato da una troupe negra. E' la "Revue Negre", che lascerà la sua impronta nelle arti e nei costumi. Nella scenografia che simula i grattacieli, uno sconosciuto di nome Sidney Bechet suona il clarinetto. La musica è lenta, dolce, struggente. Poi entra Josephine Baker, balla. Il suo stile non somiglia a nessun altro. E' l'incarnazione del ritmo. Butta le gambe in aria, ride, piange, travolge. L'arte s'incarna in una sconosciuta e, improvvisamente, Parigi è conquistata per sempre ». L'avevano mandata in scena con soltanto un gonnellino di banane. Ecco un ricordo di Orio Vergani: « Nuda fino alla cintola, danzò frenetica accarezzata dal suono dei sassofoni: i capelli laccati sulla fronte in due grandi virgole nere, le gambe indemoniate, il corpo innocentemente felino ». Sex-appeal e ritmo: Parigi fu conquista¬ ta in poche ore, per entrare alle Folies Bergère bisognava fare a pugni e superare uno sbarramento di poliziotti. Josephine diventò la « Venere nera ». Due anni dopo aveva una casa di quaranta stanze, dormiva in un letto che era stato di Maria Antonietta, aveva ricevuto 40 mila lettere e 1992 proposte di matrimonio, fra le quali una di un marajà. Passeggiava con andatura regale sugli ChampsElysées con due leopardi al guinzaglio, che poi sostituì con due cigni candidi. Nel 1930 al Casino de Paris debuttò come cantante, la sua prima interpretazione fu J'ai deux amours, mon pays et Paris. Una voce sonora e calda, altre sue canzoni diventate famose in tutto il mondo furono La canne à sucre, La piccola tonchinese, Yes we have no bananas, Pretty little baby. Ma la sua sigla trionfante restò sempre J'ai deux amours. Si diceva allora che i parigini conoscessero meglio il corpo di Josephine che quello della loro moglie. Per parecchi anni lo ebbero sotto gli occhi, al teatro, al cinema, sulle fotografie dei giornali. Nei corridoi del metrò i grandi manifesti di Paul Collins celebravano la bellezza dell'« angelo nero » al naturale. Era un corpo nudo e ridente, con un grembiulino di banane che senza nulla nascondere davano all'esibizione un sapore segreto. Nei quaresimali di Notrc Dame la « Venere nera » servì ai predicatori come simbolo vivente del peccato. Dal 1928 al '30 trionfò in venticinque Paesi e tra gli ammiratori furono uomini politici, principi, grandi finanzieri, artisti e scrittori. Ma la polizia dovette proteggerla, oltre che dai frenetici ammiratori, anche dai moralisti. A Vienna, durante il suo spettacolo, le campane delle chiese suonarono a martello per ammonimento ed espiazione. Andò in Cile e vide grandi manifesti: « I cattolici stiano all'erta: arriva la Baker ». A Roma le autorità fasciste censurarono il suo spettacolo « per rispetto al Vaticano ». Ma qualche anno dopo Pio XII concesse a lei e al marito una lunga udienza. Scrisse Vergani: « Questa "venere", che sembra un simbolo di lussuria, ha invece una fede semplice, quasi infantile ». Ogni volta prima di andare sul palcoscenico Josephine piegava davanti al crocifisso. Poi venne la guerra a spegnere le luci delle Folies-Berg'ere e tante altre. La « tenere nera » diventò sottotenente Baker, ausiliaria dell'aviazione, e durante la Resistenza venne arruolata in un servizio di collegamento e di informazione gollista, meritandosi una medaglia e la Legion d'onore. Nel 1947 (il primo matrimonio, nel 1938, con l'avia- tore Jean Lyon era presto finito nel divorzio) sposò il compositore d'orchestra Jo Bouillon, discendente del Buglione che gtiidò i Crociati. A quarantun anni l'« angelo nero » era ingrassato e aveva subito diverse operazioni. Il corpo più ammirato del mondo aveva ora i segni di molte cicatrici e imponeva l'uso di abiti lunghi e accollati. Ma Josephine era ancora una mito dei parigini, e due vagoni di fiori furono spediti da Parigi al castello di Les Milandes, nella Bordogna. ove vennero celebrate le nozze. Per le operazioni chirurgiche, la maternità le era impossibile. Pensò di adottare un figlio. Anzi, molti e di razze diverse perché crescendo assieme in armonia e fratellanza dimostrassero al mondo che i pregiudizi razziali sono una invenzione e un peccato della civiltà. Il primo figlio, Akio, lo trovò abbandonato in Zina strada di Tokyo, rannicchiato dentro un ombrello. Poi vennero il colombiano Murgata e il finlandese Jarry. A Les Milandes la famiglia aumentava. Nell'ingresso del castello una statua di Santa Josephine , con i tratti della « Venere nera ») stava in atto di materna protezione per i pargoli che continuavano ad aumentare undici figli di tutte le razze. La famiglia era ormai il solo scopo della Baker. Per i molti figli vendette la sua casa dì Parigi, i gioielli e le pellicce, divorò il patrimonio, si indebitò fino al collo. Ritornò alla scena, accettò di cantare in show televisivi, contro il parere dei medici perché il cuore era affaticato, compromesso da tre infarti. Il matrimonio naufragò, travolto dalle difficoltà econo miche, ma l'« angelo nero » continuò imperturbabile la sua lotta, perché ì figli crescendo sereni dimostrassero che i pregiudizi razziali erano un errore e un delitto. « Oggi il problema centrale è di aiutare gli uomini a conoscersi fra di loro, perché pos- I sano superare tutte le difficoltà », diceva nei suoi viaggi I attraverso l'Europa e l'Ame- \ rica alla ricerca di fondi. Dieci anni fa, all'ospedale dove era stata ricoverata per un'altra crisi cardiaca, chiamò un notaio e fece testamento. Disse: « Nel mio testamento ho fatto inserire una clausola per i miei vestiti di scena, le medaglie della Resistenza, i ricordi delle mie tournées. Questi ricordi voglio che siano esposti nel Museo Josephine Baker a Les Milandes. Mi rendo conto che non lascio ai miei ragazzi una situazione molto | solida. Avrei voluto aver di più per dare loro di più. Però ho lasciato qualcosa più importante del denaro: l'insegnamento che tutti gli uomini devono amarsi reciprocamente. Essi hanno vissuto insieme per tutta la loro infanzia, senza distinzione di razza, di religione, di colore, e sono un'unica famiglia, dove regna l'armonia e l'amore ». Luciano Curino Joséphine Baker durante la sua esibizione in un teatro parigino, tre settimane fa (Ap)