Regno dei capitali in fuga di Francesco Rosso

Regno dei capitali in fuga VIAGGIO ATTRAVERSO L'EUROPA DEI MINIMI STATI Regno dei capitali in fuga Senza "roulette" né feste mondane, il Liechtenstein sembra un'oasi di pace, sicurezza e pulizia - Ma la manna amara del denaro lo ha trasformato in uno dei mercati finanziari più floridi del mondo, dove si respira l'ansia della ricchezza (Dal nostro inviato speciale) Vaduz, aprile. Le ore più belle di Questa lillipuziana capitale del Liechtenstein incominciano dopo il tramonto, quando il castello del principe Francesco Giuseppe II di Liechtenstein, alto sulla rocca, si incendia alla luce dei riflettori e le Alpi si colorano di viola al sole che tramonta. E' un'emozione forte, ma è anche la sola per chi va in cerca di generiche curiosità. Vaduz non si addice al turismo mondano, è un principato differente da quello di Monaco, come il principe Francesco Giuseppe è diverso dal principe Ranieri. Niente roulette, niente feste mondane, ma una calma vita borghese di provincia rurale. Il principe sovrano è un quieto signore che porta i figlioli due volte la settimana a nuotare nella piscina del Park Hotel, dove anch'io risiedo. Si diverte a collezionare opere d'arte, nel suo castello, mi dicono, sono bene in vista opere di pittori rinascimentali, specie fiamminghi, da Rubens a Van Dyck a Vermeer, e fat¬ torie in Austria. Dev'essere un uomo felice, specie dopo le nozze con la contessa Georgine Wilczek Vchinitz e Tettali, che regna quieto su un popolo disteso su materassi imbottili di miliardi. A Vaduz, oltre all'opulenza, si aspira profumo di quiete, sicurezza, pulizia. Entro 160 chilometri quadrati di territorio nazionale vìvono circa 22 mila abitanti. Non pagano tasse Non pagano tasse, né sanno che siano disoccupazione, scioperi, inflazione; hanno scuole e assistenza sanitaria gratuite, salari minimi che si aggirano sulle 380 mila lire al mese, un reddito medio di quasi due milioni e mezzo l'anno a persona. Vaduz è la città più lustra e silenziosa ch'io abbia mai visitato. Dico città perché si tratta della capitale di un libero Stato, ma dovrei parlare di villaggio, avendo meno di quattromila abitanti. Tutto è lucente, a incominciare dall'asfalto delle strade per finire alle vetrine debordanti di ogni genere di merce, specie la superflua. Negozi di fiori che non sfigurerebbero a Parigi, gioiellerie da far concorrenza a Cartier e Bulgari, radio, televisori, orologi esposti con incredibile dovizia, scarpe ed abiti di gusto svizzero, o austriaco. Bar, ristoranti, alberghi in gran numero, porte a vetri che si spalancano silenziose al comando elettronico di una cellula fotoe- lettrica, moquettes ovattate, profumo di pulito anche nelle cabine telefoniche. Un paese della felicità per malati di nervi, è la prima impressione; ma la realtà è assai diversa, nell'ovattato silenzio si celano angosce ignorate, il benessere non significa felicità. Intanto, c'è l'ansia della ricchezza e la preoccupazione di nasconderla. Su quest'angolo di mondo agreste è piovuta inopinatamente la manna amara del denaro, trasformando il borgo contadino in uno dei mercati finanziari più floridi del mondo. Fu l'avvocato berlinese Heinrich Kuntz, dopo il 1919, a fondare una società a Vaduz per salvare i suoi marchi dalla divorante inflazione; conrsreva le leggi, le esenzioni fiscali che il Liechtenstein, rimasto neutrale, concedeva ai capitali stranieri. Da allora Vaduz divenne il paradiso dei capitali in fuga e delle società sospette. Oggi, nel villaggio-capitale, hanno sede circa sedicimila società i cui nomi tappezzano le porte di molte case di Vaduz, o sono incisi nell'ac- i ciaio inossidabile all'ingres- , a a à n i o a o r e ù , è l ) a i a o e e , e e so di moderni edifici. Sedi cimila società per quattro mila abitanti sono decisamente molte, ma non c'è da preoccuparsi, moltissime sono rappresentate da avvocati, da prestanome, da notai locali, altre addirittura hanno soltanto una segreteria telefonica. Sono società fittizie, è chiaro, necessarie per deviare capitali verso le banche svizzere che sono aperte ai cittadini del Liechtenstein come agli svizzeri, e ricevono depositi pagando i relativi interessi. Il Liechtenstein ha i suoi vantaggi, s'intende. Ogni società paga una tassa forfettaria annuale nemmeno troppo pesante; però, messe insieme, quelle tasse danno un discreto gettito fiscale, nel 1973 hanno reso circa sei miliardi di lire all'erario statale. La pioggia di capitali ha sconvolto il sistema sociale del Liechtenstein, ha capovolto il suo ritmo economico. Nel 1919, il 35 per cento della popolazione attiva era impiegata in un'agricoltura a conduzione familiare, l'otto per cento lavorava nelle poche industrie tessili dell'epoca. Oggi, solo il tre per cento della popolazione è impiegata in un'agricoltura altamente industrializzata ed il 40 per cento nell'industria, nel commercio, nelle attività turistiche. Il reddito maggiore per l'erario deriva tuttora dai francobolli, come San Marino anche il Liechtenstein è il paradiso dei filatelici; esiste persino una fabbrica che produce contenitori indistruttibili per i francobolli, che contribuiscono col 20 per cento al bilancio dello Stato; il resto lo forniscono le società straniere e le industrie, che marciano bene perché le fanno girare gli operai stranieri, italiani, circa 1200, spagnoli, jugoslavi, I turchi, i quali conducono vita grama, non diversamente \ dai loro colleghi in Svizzera. \ Ma sono questi operai che hanno dato vita ad un boom industriale di proporzioni, fatti i rapporti, «giapponesi». C'è qui la più grande industria del mondo per produrre tubi di plastica sottilissima, trasparente, per insaccare salami; c'è la più grande industria europea di denti finti; quindicimila denti finti al giorno. E il resto è in queste dimensioni, una concentrazione industriale in un'area tanto limitata da far pensare che la impenetrabilità dei corpi sia stata sconfitta. Ma nell'atmosfera di Vaduz e degli altri piccoli villaggi non c'è inquinamento, tanto meno nei ruscelli e fiumiciattoli che concorrono a fare del Reno un grande fiume; le industrie del Liechtenstein sono fornite dei più moderni sistemi di depurazione. Ricchezza diffusa e ben ripartita, una vita familiare tra le più quiete, un'attività politica orchestrata su due partiti, i « neri », cioè il partito progressista conservatore, e i « rossi », cioè l'unione patriottica, i cui programmi, strenuamente sostenuti dai tre quotidiani che si pubblicano a Vaduz, sono pressoché identici e concordi nel sostenere la monarchia progressista conservatrice del principe Francesco Giuseppe II. Periodicamente, uno scandalo finanziario di proporzioni colossali scuote rudemente l'esistenza di Vaduz, molte delle società con sede in Liechtenstein hanno origini e scopi non confessabili. Quante guerre neocoloniali, quante guerriglie, quante centrali terroristiche sono finanziate coi capitali di società misteriose con sede a Vaduz? Vi passò Sindona? Il segreto bancario è assoluto qui come in Svizzera, ma alla fine qualcosa trapela. Come lo scandalo provocato dal banchiere ginevrino Tibor Rosembaum che deviò su Vaduz, ma per sé, i fondi I raccolti dall'internazionale \ ebraica per finanziare Israele. Poi lo scandalo si sopisce, e la vita riprende normale, o quasi, finché il nome di Vaduz non torna ancora sulle prime pagine dei \ giornali di tutto il mondo. |Sindona è passato anche lui |da Vaduz? E chi erano gli agenti che rastrellavano le azioni della Montedison dagli ovattati uffici di Vaduz? Quanti mila miliardi fuggiti dall'Italia sono qui? Inutile chiedere: nessuno risponderà in modo esauriente. « Ma perché non vi interessate della vita vera del Liechtenstein? Tutti i giornalisti che arrivano a Vaduz vanno a caccia di scandali finanziari; eppure abbiamo molte cose degne di essere trattate », dicono. D'accordo, ma non si può parlare solo di turismo, di alberghi lindi e rileccati come giocattoli, di negozi lussuosi; di questo Liechtenstein che sembra abitato da jain europei che, come quelli indiani, rispettano talmente la natura che sarebbero capaci di morire di polmonite piuttosto di uccidere i bacilli con gli antibiotici; ma parliamone. Tutto è bello, perfetto, lìscio, profumato, ma troppo. Bernard Berenson scriveva: « Mi pare che dal troppo curato, dal troppo perfetto, si sprigioni quasi un'omDra di volgarità». Il giudizio vale anche per il Liechtenstein? Noia del perfetto Di volgarità forse non si dovrebbe parlare, di noia si. tanta noia che persino gli abitanti del minuscolo principato si sentono perseguitati dalla monotonia del perfetto, al punto da dare nel matto. Nel Liechtenstein prospera la più perfetta clinica per alienati d'Europa, ed il principato ha ottenuto anche un altro primato, la più alta percentuale di suicidi d'Europa, rapportata alla popolazione. Nel Liechtenstein la gente bada ai propriì affari con puntigliosa diligenza, ma forse per vincere la noia di una esistenza troppo regolata da leggi che prevedono tutto, che offrono tutto. Talvolta scherzano su questa loro condizione, cercano di mascherarla con battute geniali. « A Vaduz, dietro la facciata meticolosa e nitida della Svizzera, dicono, sorride il gaio disordine austriaco ». Dove trovino disordine in Austria non saprei dire, ma evidentemente le baldorie birraiole di Innsbruck sono per loro follie orientali. E' certo che sentirsi chiusi tra Svizzera ed Austria ha generato in loro un com\ plesso di duplicità. Per antico amore si sentono legati all'Austria, da dove sono venuti i loro principi. Erano alleati agli Asburgo, contribuivano all'esercito austroungarico mandando cinque soldati, aumentati poi ad ottanta. Ma nel 1915, allo scoppio della prima guerra mondiale, si dichiararono neutrali; niente più esercito, né servizio militare. Si avvicinarono alla Svizzera, accettarono il franco come moneta, l'amministrazione postale e doganale, la rappresentanza diplomatica all'estero. Conservarono l'indipendenza di Stato sovrano, la loro sola ricchezza. Per fare un po' di quattrini, incominciarono a vendere la cittadinanza del Liechtenstein a prezzi vantaggiosi. La Svizzera fece notare che, di quel passo, mezza Europa sarebbe divenuta cittadina del Liechtenstein, quindi della Svizzera. La vendita della cittadinanza fu sospesa, ma arrivarono le società straniere pingui dì capitali in fuga dinanzi alle inflazioni che affliggono mezzo mondo. Ci sono anche petrodollari? Certo che ci sono, gli emiri non si lasciano sfuggire le buone occasioni. Il pericolo dell'inforestieramento è sentito qui come in Svizzera, ma forse con maggior veemenza. Oggi i forestieri stabiliti nel Liechtenstein rappresentano il 36,8 per cento della popolazione, su 24 mila abitanti, più di settemila sono stranieri. Ce il pericolo che i cittadini del Liechtenstein diventino una minoranza, quindi bisogna sbarrare la via ad altri forestieri. Non hanno concesso il voto alle donne solo perché, sposando un uomo del Liechtenstein, una donna acquista automaticamente la cittadinanza, e sarebbero forestiere in più ad alterare la fisionomia etnica del Paese. Etnicità un po' dubbia, sempre per via di quel dualismo sentimentale di cui parlavo prima. « I cittadini del Liechtenstein, dicono a Vaduz, hanno il cuore in Austria ed il portafogli in Svizzera». Ma nel Liechtenstein, dove le leggi sono così attente ai bisogni dei cittadini, cinque asili infantili per ì quattromila abitanti di Vaduz, il cuore è sempre rappresentato dal portafogli. Francesco Rosso