Nell'Indocina di Guido Ceronetti

Nell'Indocina IL VIETNAM TRA DUE ORRORI Nell'Indocina La grande mietitura di mor- te che ha nome Indocina non è toccata dalle parole che prc- tendono di sciogliere il nodo, E' una striscia sotto un arco di morte. Sono trent'anni di dramma straordinario, ininterrotto, di grandi sacrifici umani secondo rituali diversi, di natura e di cose ammalate d'uomo, nauseate certamente di sopportarlo. Guardare dentro a quei fatti è utile, serve a stupire e a dubitare dell'uomo. Tanti nomi famosi ha ingoiato già quella storia... C'è passato anche qualche eroe puro. L'uomo nobile, nel 4547, si chiamava Philippe Ledere, il generale della Seconda Divisione blindata, entrato da liberatore a Parigi nell'agosto 1944. Probabilmente, l'unico uomo di lealtà indiscutibile verso tutti che abbia avuto una parte in quegli avvenimenti. Allora, Ho Ci Min desiderava la presenza francese per sbarazzarsi dei cinesi, che occupavano militarmente il Tonchino. Arrivo di Ledere, sgombero cinese, accordo tra Parigi e Hanoi. Il 22 marzo 1946 le truppe di Ledere e quelle di Giap salano insieme per le strade di Hanoi... Otto anni dopo è Dien-Bien-Fu. Ricordarsi della Bhagavat-Gita: « Quel che al principio è nettare, alla fine è veleno ». Un po' meno leale di Ledere è Madame Nhu, un personaggio da corte bizantina, moglie del fratello del dittatore cattolico di Saigon, Ngo Din Diem, convertita a un cristianesimo giovanilmente persecutorio, famosa vipera. Madame Nhu, faccino ben curato di pettinatrice bigotta, usa il marito e il terrore per moralizzare il vizioso Vietnam: fuori legge il divorzio, i balli, i concorsi di bellezza, il gioco, la prostituzione, i combattimenti di galli. L'Infedeltà Coniugale (anche la semplice uscita in pubblico di uno sposato in compagnia di una donna che non sia la sua), i mezzi anticoncezionali e, naturalmente, l'aborto, mandano con pesantezza in galera. Gli autobruciamenti pubblici di monaci buddisti eccitano l'humour nero di Mad me Nhu. Suo marito si dichiara disposto, dopo il primo suicidio, ad offrire gratis ai buddisti la benzina per i loro spettacoli. All'interno della tremenda guerra nazionale e di religione condotta dai comunisti, l'Indocina conosce contemporaneamente altre guerre religiose, guerre di sette e di bande, di templi e di culti. Quella dei cattolici contro i buddisti nel Sud-Vietnam è tra le più assurde e feroci. Finisce con la fucilazione, da parte dell'esercito in rivolta, dei fratelli Diem e Nhu, ma la piccola Fredegonda si salva perché è in tournée negli Stati Uniti. Diem è abbattuto nel 1963, dopo dieci anni di potere strano e scellerato. La dittatura di Diem, esempio di totalitarismo cattolico puro (come quello di Tiso in Slovacchia, di Pavelic in Croazia, del primo Franco) ha questa originale caratteristica: il potere era esercitato sfrenatamente da una piccola minoranza, senza neppure il pretesto di rappresentare una religione maggioritaria. Gli aiuti americani « Not to be sold or excbanged », dati alle organizzazioni cattoliche per sfamare la popolazione, nutrivano prospere camorre, mentre l'arcivescovo di Hué, grazie al monopolio assoluto sui libri scolastici, li commerciava e censurava sovranamente. Karl Jaspers, dopo il 45, vedeva nei cattolici e nei marxisti attivi le due nuove e supreme minacce totalitarie, ma un totalitarismo cattolico, con la testa di una Nhu inviperita, è ormai senza avvenire; un'ibridazione cattolico-marxista, invece, ha buone prospettive... * ★ Un buddista annamita ortodosso diceva a Jean Pouget, del Figaro, che un buddo-marxismo esiste da quando i maoisti presero il potere in Cina, infiltrato tra i buddisti indocinesi per mezzo del Ven Hoa Dao, Istituto (secondo la traduzione del buddista) per la trasformazione religiosa, che si propone di rinfrescare la metafisica buddista con rugiade marxiste. Il Ven avrebbe lavorato in profondità tra i buddisti per il re di Prussia comunista. — Ogni tanto il Ven fa bruciare qualche monaco imbottito di droga per mantenere il fuoco sacro —. Mentre il Ven è politicamente attivo, il buddismo ortodosso ha orrore di qualsiasi contaminazione politica, condanna i roghi di monaci per protesta. Capo del buddismo attivo era il Venerabile Quang Tri della pagoda Tu Dam di Hué: sarà stato un buddomarxista? Anche Goffredo Parise ha incontrato buddomarxisti, nel Laos: il loro linguaggio è straordina- riamente simile a quello di don Girardi e dei « cristiani per il socialismo ». Buddismo, marxismo, cri- marxismo stianesimo, caodaismo, malocchio... Un americano, prigioniero dei Vietcong, dice di essere stato picchiato parecchie volte senza motivo. Finalmente, tutto è chiaro: la punta del piede rivolta inavvertitamente in direzione di un guardiano, un oggetto preso con la mano sinistra, sono iettatura. La punizione era esoreistica. La sconfitta dell'America ha un significato morale, perché è la sconfitta del mondo tecnologico e della potenza indù striale, la fine del sogno turpe di un automaled baltlefield. un campo di battaglia automatizzato. L'arma elettronica e chimica, l'astrazione mortale ha fallito, e questo è un punto a favore dell'uomo, che resta la misura unica di qualsiasi forza combattente. Negli scontri campali gli americani sono stati i più forti, ma la disintegrazione della vita all'arma chimica e al fosforo ha messo gli Dei delle risaie e dei fiumi, i Lari indigeni, dalla parte dei comunisti. I defolianti hanno spento la foresta, la formica umana ha resistito e ha continuato a battersi. * * Hanno perso, europei c americani, perché tecnicamente invincibili... Li hanno attirati in una trappola degna di Dedalo, dove smembrando corpi fragili di civili il guerriero perde il suo onore, mentre le innumerevoli e sfuggenti linee nemiche, migliaia di fronti invisibili, lo riducono a poco a poco alla demenza. Il più impressionante trionfo di Giap è la lenta decomposizione morale degli avversari bianchi, cacciati contro il muro della droga e crivellati di cafard. C'è un altro fatto importante: il soldato delle demo crazie occidentali si stanca presto di crudeltà; oltre un certo limite di misfatti crolla. E dietro di lui c'è un'opinione libera e sensibile che glieli rinfaccia freneticamente, inchiodandolo come criminale. L'arte del nemico consiste nel trascinarlo al di là di quel limite, torturandogli la vista con l'eccesso dei disastri della guerra. I comunisti indocinesi, forse perché non hanno studiato la guerra psicologica nelle grandi Università, ci sono riusciti. Credere di poter delegare allo strumento elettronico le carognate, le vigliaccate che spettano all'uomo è un errore che perde. Inoltre noi riflettiamo. Ci domandiamo se vale la pena fare tanto male per raggiungere una vittoria politica o militare. La riflessione persuade il ritiro. Per i comunisti indocinesi il problema del limite non esiste. Possono soffrire e coni mettere qualsiasi crudeltà senza crollare. L'indottrinamento fanatico è vetrificato di questa itranquilla indifferenza per il 1male, in vista della vittoria I totale. Se una strage come quella di Mai Lai può fare scricchiolare la compagine morale americana, qualsiasi azione terroristica e di rappresaglia dei Vietcong resta priva di conseguenze morali e politiche nelle loro retrovie, non ha eco, non ha suono. E la resistenza sudvietnamita alla fortissima pressione esterna, nonostante una serie di governi malfamati, si spiega, in senso morale: la stoffa è identica. Cedimenti sudvietnamiti alla prova del male, di fronte alla morte spruzzata con crudeltà, non ce ne sono stati. Ora il Vietcong e il Nord stanno vincendo. La risposta popolare è una fuga disperata, ma finiranno per sbattere contro il portone della prigione, che corre davanti a loro. Può portare libertà e felicità una setta militare puritana, che si è imposta alla povera gente col ricatto e la rappresaglia, diffondendo dappertutto un'insostenibile paura? Le stragi esemplari eseguite nei villaggi dai Vietcong, gli attacchi ai conventi, le bombe, formano insieme una lunga nera collana di terrori. La tecnica del terrore capillare, profondo, è stata usata con glaciale perfezione. Non portano la distruzione su larga scala, come la macchina da guerra americana, cercano un cuore che batte e lo spengono. Le loro esecuzioni capitali sono pazienti, didascaliche, persuasive, e fatte sempre per servire allo scopo finale. La decapitazione dei maestri di scuola è simbolica: è la cultura tradizionale che è decapitata. John Steinbeck racconta quel che successe nel villaggio di Rac Kien, dove due contadini si rifiutarono di consegnare ai Vietcong il sessanta per cento del raccolto del riso, richiesto come tassa a ciascuno. Furono trascinati sulla piazza e, alla presenza di tutto il villaggio, condannati a morte. Fin qui, è normale terrore. Ma c'è la trovata scenica finale: il coro, ogni abitante, è obbligato a sfilare davanti ai due cadaveri e a dargli un colpo di bastone. Così l'insegnamento scende in profon dita, attraverso la partecipazione. I popoli crudeli hanno il dono della dolcezza. Serge Groussard ricorda di aver visto, ad Hanoi, dipinte su seta, le mani dell'imperatore Già j Long, dolcissime, dorate, « incredibilmente morbide », più parlanti della voce. Un ii.iprenditore francese, dopo DienBien-Fu, diceva che sarebbe rimasto laggiù, a rischio della vita, per amore degli abitanti: « Sono gli esseri più socievoli e tolleranti del mondo... Qui le dottrine più assolute si decompongono e si umanizzano al contatto degli uomini ». Abbiamo qualcosa di analogo alla dolcezza ambigua dei visi annamiti o khmer nelle terrecotte etrusche, lo stesso inde- i £nibi'e ™.ist.ero> la ste,ssa fami' 1 llarlta con la morte. I Guido Ceronetti